Ci ricordiamo Loyle Carner dal suo stupendo sophomore record del 2019, Not Waving, but Drowning, e dal nostro ritratto del 2020, che incasellava il suo rap confessionale nello sparuto gruppo dei “buoni” del rap: ora, quasi a sbeffeggiarci, l’MC torna con Hate.
Loyle Carner con Hate dà un duro schiaffo in risposta alla paura
La parabola di Hate nasce nel 2020, con tutto quello che l’anno si è portato con sé. Sembra comprensibile perciò che il sempre calmo e compassato Loyle si sia sentito sopraffatto da sentimenti di terrore e che la sua risposta si sia condensata in arroganza in forma di barre.
La base di Nick Mills, Earl Saga e Kwes rimanda agli standard jazzati del rapper, sebbene ogni volta che la batteria accenni ad entrare ormai giungano immagini di United in Grief.
Proprio come Kendrick, il rapper inglese propone un flusso di coscienza sparso a metà tra l’esperienza black e quella personale.
L’elenco di ciò che odia, comincia con un:
Let me tell you what I hate, everything I ain’t
Everything I’ve done, everything I break
Un disprezzo per tutto ciò che non è (si può immaginare una critica razziale) e al contempo per tutto ciò che ha fatto, ciò che ha rotto nella sua vita, con le sue parole. Deve essere stato complicato scrivere questa canzone, pure per uno che d’abitudine genera testi intensi, perché Loyle qua si lascia andare alla vendetta, alla negatività.
Cosa dire poi del video? Scene surreali di oppressione personale, mani che si avvinghiano ovunque e auto che si riempiono di corpi, come la testa di pensieri cupi.
Non perdetevi il ritorno di Loyle.