Make Metrica Great Again è la mission de La Bella Musica, il nuovo disco di Vegas Jones.
Ricordo con gran piacere che quando uscì Chic Nisello, nel 2016, fu considerato quasi all’unanimità uno dei progetti migliori dell’anno e Vegas Jones uno degli emergenti più forti. La scena non si era ancora formata come è accaduto oggi e il rap italiano stava uscendo con decisione dalla sua fase embrionale. Quel disco rappresentò un’ispirazione forte per tanti ragazzi che, lontani dai centri nevralgici, ce la mettevano tutta per provare a svoltare, sognando una vita migliore. Tre anni dopo quel disco Vegas torna con un secondo album ufficiale, forte della consapevolezza acquisita, senza mai dimenticare le radici da cui è partito il viaggio di Bellaria.
“La Bella Musica è l’album che più si avvicina alla mia idea di perfezione”: un disco nel quale Vegas vuol far parlare esclusivamente le rime ed ovviamente la musica, che ha curato ancora una volta insieme al team di sempre formato da Boston George, Joe Vain e Andry The Hitmaker.
Lo abbiamo contattato ed abbiamo conversato su un po’ di cose, dalla lavorazione del disco ai viaggi, sino ad arrivare al Bando che oggi è diventato una Penthouse.
Ciao Veggie! Volevo iniziare chiedendoti come stai, l’uscita di un nuovo progetto è sempre un po’ un nuovo inizio.
«Beh, sono eccitato di brutto. Questo nuovo disco per me è la vita.»
Nel disco ho trovato delle tematiche principali tra le quali: la rinascita, la famiglia e il rapporto con la fama.
«Esattamente, sono tra i temi principali del disco e mi fa molto piacere che tu li abbia individuati.»
Cosa è cambiato dall’uscita di Bellaria? É un po’ che non ti si vede in giro.
«Guarda, prima di tutto ho viaggiato ed ho visto molte cose. Quest’anno è stato l’anno in cui ho preso più aerei per andare fuori dall’Italia, per visitare posti nuovi e scoprire nuove lande desolate: tutto grazie alla musica. Ho scoperto la Grecia e il mood di Santorini quando ho girato il video con Giaime (Ricco, ndr), poi sono andato a girare quello di Puertosol in Cappadocia, in mezzo alla Turchia, un posto mistico con le mongolfiere ed ho preso molto ispirazione da lì. Infine sono andato a New York a marzo ed è stato il viaggio decisivo, visto che quando sono tornato mi sono detto: “ok, devo fare un disco che spacca perché lì il livello è troppo alto”. Io seguo tantissimo l’America e il mio obiettivo è quello di arrivare a quelle vette lì, in questo momento sono soddisfatto della mia tabella di marcia. Voglio fare cose magiche in modo del tutto spontaneo.»
Quindi l’Italia non è presente nell’ispirazione della Bella Musica?
«Questa volta l’ispirazione è stata più simile a Chic Nisello piuttosto che a Bellaria, dove mi ero dedicato esclusivamente a me stesso. Mi ha ispirato molto Fly (rapper di Pescara, ndr), anche se non sta passando un bel periodo adesso. Lui è stato fondamentale per me così come lo è stato La Menace, so tutti i suoi pezzi a memoria. Per me loro, così come Mboss sono un esempio. A me piace quando si parla di strada, che poi è anche quello che faccio io, anche se provo a rendere tutto molto più unico e personale. Quindi sì, direi che gli ultimi loro progetti e pezzi come Triste di Mboss mi hanno ispirato parecchio. Mi dispiace che non abbiano la giusta popolarità, ma sono felice di rimanere in contatto con queste realtà che fanno musica per svoltare piuttosto che per i soldi.
Nel mio disco si sente molto questa cosa: è il soul che conta, l’anima di ciò che dici e come lo dici, aldilà delle metriche, del flow e delle rime. La cosa che mi fa venire la pelle d’oca nei miei pezzi è il modo in cui riesco a rendere vivide le immagini che ho dentro. Una frase importante può anche non significare niente se detta nel modo sbagliato, per questo sono fondamentali le parole, le pause. La loro voglia di svoltare mi ha condizionato parecchio durante la lavorazione del disco, dalla metà del 2018 sono stato tirato in mezzo da questa fame da parte di queste persone che rispetto artisticamente aldilà del nostro legame umano. Spero che il duro lavoro ripaghi anche loro col tempo. »
Quindi si ripropone l’importanza della famiglia.
«Assolutamente. »
Tornando al disco, le prime due tracce sembrano essere due lati della stessa medaglia: il primo più intimo e confidenziale, il secondo più disinvolto, pur pesando sempre le parole. Un approccio più profondo che si avvicina ai tuoi colleghi più grandi come Marra e Fibra piuttosto che a quelli più giovani. E’ un atteggiamento che riguarda solo il rap o anche la persona che ci sta dietro?
«Io sono sempre stato così, forse questa volta rispetto agli altri dischi ho sentito il bisogno di farmi conoscere più a fondo dalla gente. Secondo me, se oggi fai un album e non parli di te stesso non dai il 100%. Va bene gli esercizi di stile ma serve altro a volte. Io stesso ho scartato due/tre tracce che erano delle bombe vere, pronte e finite, ma troppo fuori dal mood del disco. Ho preferito tenerle per un’altra occasione perché l’idea di base era quella di parlare di me stesso.
Per quel che riguarda le tracce di cui mi parlavi, le considero praticamente la stessa cosa e mi fa piacere che tu ci abbia trovato una chiave: è come se ti presentassi tutto quello che c’è nel disco. Come se schioccassi le dita da un momento all’altro e cadessi nella trappola. Già nelle prime note di Boston George, senti che c’è del dolore in quei pezzi, ha un’anima vera e propria quel suono, ti porta da qualche altra parte. Poi con La Creme de la Creme ti dico: “Sì, mi sto facendo il culo ma voglio continuare a spaccare”. È la storia di un ragazzo che ha successo, metabolizza le cose e cerca di spiegarle a qualcuno con la stessa fame di sempre.»
Il fatto che sia un disco intimo si conferma dalla presenza di un solo featuring, quello di Fibra in Presidenziale. Volevo quindi chiederti come è nato il feat, e soprattutto di approfondire il concetto che riguarda il Make Metrica Great Again, che credo non sia un caso tu abbia voluto rimarcare proprio qui.
«Esattamente, anzi credo l’opposto, che tutti dovremmo dimenticare il discorso della metrica per quanto dovrebbe essere naturale: come dire, azzeccare il congiuntivo. Ma neanche, che è troppo complicato. Facciamo proprio di ciò una cosa semplice, parlare con cognizione di causa anche solo per dire: “ciao mamma”. Io sono consapevole che questo è un lavoro e così come in altri ci sono doveri e responsabilità da prendere: quelli bravi sanno come fare bene il loro lavoro. Se vuoi fare il rapper devi assolutamente saper fare il rap, quindi gente come Fibra e molti altri rientrano in questo concetto che ti dicevo. Fortunatamente, secondo me, quest’anno anche le nuove uscite sono state di qualità, c’è stato un cambio di passo da parte delle nuove leve e non solo, si vede che si ha voglia e fame di fare musica. La stessa che ci distingueva nel 2016, quando molti di noi sono venuti fuori.»
Diciamo che la scena rap è in salute e fa finalmente piacere guardare in casa nostra.
«Sì, diciamo che diventa anche interessante immaginare cosa uscirà nel futuro, ogni cosa è diversa e la maggior parte dei prodotti di oggi sono tutti molto personali. Diciamo che è in salute dai (ride, ndr).»
Tornando a Presidenziale. Sembra proprio che il pezzo rispecchi la tua strategia per l’uscita del disco: poche parole e più fatti. Anche le barre al suo interno lo confermano.
«Esatto, sono molto legato alle mie barre in quel pezzo. Tieni conto che, per la prima volta, le provocazioni sono più dirette alle persone piuttosto che ai rapper, a parte in un paio di casi dove stilisticamente ci stava. Sai che nel rap c’è sempre il nemico immaginario? Bene, qui sono io il nemico immaginario e la mia necessità di far aprire gli occhi agli altri. Anche io ho fatto i miei errori e nella mia musica ho bisogno di parlare prima di tutto a me stesso. Se poi ti sembra che stia parlando a te non può che farmi piacere, così come è accaduto con pezzi come Trankilo. Che poi è il mood di questo disco, anche solo pensare di poter ispirare qualcuno, essermi accorto di essere un ispirazione, per me è un orgoglio. Io ti do la mia musica, te la metto a disposizione, se vuoi prenderci qualcosa bene altrimenti non ti sto lì ad obbligare. Mi piace condividere i miei punti di vista, sono fatto così.»
Che poi sono le barre che rappi in DM: “Sono la voce del mio quartiere, forse pure del tuo ma non posso saperlo”
«Queste mie barre del disco le definirei gangsta se fossi un rap americano. Non c’è nulla da aggiungere, è proprio quella la mia intenzione: “ok, non posso controllare ciò che dicono o pensano di me in giro quindi non mi faccio alcun problema a dirtelo io stesso”.
Tornando a Fibra, c’è una sua barra che fa: “Io penso al mio, musica del diavolo, funziona da Dio/Leggi la bio, se penso a come stavo, ora tra le collabo faccio slalom”. Lui è sempre stato uno che ha fatto tutto da solo, che ha sempre guardato nel suo giardino, proprio come ora sto facendo io. Per me uno come Fibra è un esempio. Ed io dico la stessa cosa nella mia strofa: “Nemico pubblico numero uno, quando capirete che questo è un tutti contro tutti cercherete aiuto dal primo che ha capito il trucco”. Non so come abbia fatto ma mi ha proprio completato il pezzo, non so spiegarlo, come se l’avessi scritta io quella strofa. Dopo tre ascolti la sapevo già a memoria ed è stata una sensazione incredibile.»
Possiamo dire che a livello di scrittura è il disco a cui hai fatto più attenzione?
«Assolutamente sì. Quando lo sento penso: “è perfetto”, sento ogni singola sfumatura e penso: “ci siamo”. E’ un’idea che avevo da tanto ma questa volta ho avuto più tempo per lavorarci, quindi mi sono avvicinato al mio concetto di perfezione. Anche se quando sento le cose che fanno in USA poi dico sempre: “dai torniamo a lavoro”.»
Penso che Solido sia la traccia che meglio descrive Vegas Jones in questo momento, quello che è e quello che è stato. Sei d’accordo?
«Come potrei non esserlo! E’ stato il primo pezzo che ho scritto e quando l’ho ascoltato ho pensato subito: “questo è il nuovo mood del disco”. Eravamo nel mio studio, nel penthouse, un loft pieno di vetri all’ultimo piano di un palazzo, tutti gasatissimi quando è venuto fuori. Abbiamo progettato la traccia e quando è finita avevamo tutti le stesse sensazioni. Io l’ho scritta per motivare me in primis, ma ha avuto lo stesso effetto anche su chi ci ha lavorato insieme a me.»
Quando è uscito Bellaria dicevi di non voler assolutamente fare il piacione giusto per avere più successo. Vegas lavora sempre con il suo team, si fa vedere con la sua famiglia, con gli amici di sempre, eppure si è costruito uno spazio importante nella scena. È contento Matteo di cosa è Vegas oggi?
«Teo è moltissimo soddisfatto di Vegas. Ti dico, sono riuscito a mantenere la calma e questo lo devo soprattutto alla mia ragazza, che sta con me da prima che esistesse Veggie. Non avevo neanche fatto il contest per Honiro, proprio from the beginning. Mi ha tenuto con la testa concentrata, è stata sempre la mia ispirazione principale. Poi mi piace questo mood che sta spopolando, sai adesso spacca far vedere che stai insieme ad una e fai il serio. Io sta roba da fan del rap americano l’ho sempre apprezzata.
Poi ti giuro, che ho avuto momenti nella mia vita.. Ti assicuro che se mettevi un altro al posto di Vegas falliva sicuro. Per quello ti dico che sono fiero della mia mentalità, ho capito che prima sbagliavo determinate cose, invece oggi me la vivo molto più serenamente. Più riesci a stare sereno e più ti godi la vita, ho trovato la quadratura del cerchio e il disco è simbolico in questo senso.»
Concludendo, la title track l’ho trovata come la sintesi di tutto il concept di cui abbiamo parlato. Un po’ come Numeri e Zeri in Bellaria.
«Beh l’hai nominata, quindi ti dico che per me e Boston George Numeri e Zeri è la traccia della vita, uno dei miei pezzi preferiti. Tu lo sai, ma io cerco sempre di portare avanti sta roba del rap motivazionale. Oggi io sono contento che la gente mi riconosca per Trankilo o per Malibu, sai quel film mistici nei quali però ti dico di non arrenderti mai, in qualsiasi modo. Sta roba ti anticipo che sarà un trend sicuro nel futuro, se guardi gli USA già è così ma anche qui arriverà presto. Ti sto parlando serenamente proprio perché è la naturalezza a farla da padrone, soprattutto in questo tipo di canzoni.»
Speriamo allora che il disco vada bene. Grazie per il tempo Veggie
«Lo spero tanto anche io, perché ci tengo parecchio. Ma sarà la gente poi a dirlo. Grazie a voi!»