Ape (aka Morgy Morgante, per i fan più fedeli), nella sua carriera – ormai più che ventennale – di rapper underground italiano, ha sempre saputo prendersi delle pause. A dimostrazione del fatto che, in un genere fondato sulle parole, restano fondamentali i silenzi.
Seppur non si possa parlare propriamente di silenzio ‘discografico’ – perché, da The Leftovers in poi, Morgy Mo’ ha ri-cominciato a sfornare rime e progetti in maniera costante -, con Ultimo miglio segnaliamo l’uscita di un singolo – che anticiperà l’album, Lettere mai scritte – profondo e sincero, come chi lo ha scritto.
Ultimo miglio: Ape e Ill Papi, fedeli a sé stessi nella trasformazione in atto
L’Underground è un’estetica, un sentimento, e un suono. È la capacità di trasformarsi entro certi ‘binari’, seguendo e perseguendo una convinzione che, per chi non la comprende, è ai limiti del dogmatico. Per chi sposa la causa dell’Underground, invece, la scrittura è un’esigenza naturale da esprimere, all’interno di una tecnica da coltivare.
Ape, in tutti questi anni, è rimasto fedele a sé stesso: fiero fautore di un gusto che sa coniugare autobiografismo e introspezione, sguardi sul sé e sguardi sul mondo, non ha mai dimenticato le radici, dove nasce il suo rap, finestra dalla quale osservare la realtà circostante.
Le qualità da fino osservatore lo hanno consacrato come uno dei migliori storyteller italiani; questa sua skillz è emersa nei vari dischi, raggiungendo lo zenit in Morgy Mo’ e la gente perbene (2007), definito dallo stesso Ape ‘Audio-Novel’ (sul modello, ci viene da pensare, di De Andrè in Storia di un impiegato), nel quale spiccano pezzi come Lei, Brutto vizio, L’incontro.
Raccontando gli altri – “chi nasconde la paura, trova sé stesso in qualcun altro…” – ha saputo parlarci di sé stesso, dei problemi del ‘rapper medio’, con le sue aspirazioni (in parte frustrate) e i suoi traguardi, mostrandoci una realtà cruda e a tratti brutale, che il ‘filtro’ particolare dei suoi occhi, rende speciale.
L’universalità del messaggio – la capacità di parlare oltre il rap, ma tramite esso, per arrivare a tutti – ha da sempre contraddistinto il suo stile. Formatosi nei Trilamda (Con Tuno e Tino) ed affermatosi nella scena come solista, ha saputo mantenersi sul fragile equilibrio di un cambiamento costante, senza tuttavia snaturarsi.
Il parallelismo con Venticinque
Ed è proprio a Venticinque, Title track della sua prima fatica discografica – e capolavoro indiscusso e forse un po’ dimenticato dell’Underground italiano – che Ultimo miglio di Ape sembra riportarci, in un gioco di rime e rimandi. Nel 2004, insieme a Tuno, cantavano:
Son prigioniero dei miei guai, mi chiedo che ne sai/Se non vivi mai come noi/Resta a guardare quanto vuoi fintanto che puoi/Goditi il meglio della vita che hai
C’era speranza, in quei versi, la speranza di chi sta per affrontare un viaggio che si promette lungo, faticoso, imprevedibile. Un viaggio da compiere che, nei versi di Ultimo miglio, ci mostra proprio la necessità di abbandonare ogni scrupolo malinconico. Camminare, andare avanti, nonostante i ‘guai’:
la notte non porta consiglio porta solo guai/corri fino all’ultimo miglio non fermarti mai/trova lo spazio, uno spiraglio per riuscirci/dimentica il passato, c’è ancora molto da dirsi
Quel ‘molto da dirsi’, nonostante il vuoto che incombe e la necessità di sparire, in silenzio, è il motore del rap di Ape, che nonostante gli anni che passano, le mode che cambiano, e le parole che perdono progressivamente peso, si conferma come la splendida eccezione, che conferma la regola.
“o che penso troppo, l’equilibrio s’è rotto, fisso il vuoto, vado in fissa/non riesco più a chiudere gli occhi, la luce che ho dentro si eclissa/senso di vuoto, senso di colpa, senza mai più dover chiedere/la testa cosparsa di cenere…ora che non posso più cedere.
Ora basta. Troppe parole sprecate, forse, per descrivere un’esperienza musicale. Che, in qualunque modo la si guardi, si fonda sulle parole. Basta confondere. Ora, è il momento di compiere quell’Ultimo miglio. Con la giusta colonna sonora.