(Roma, 7 agosto 2023) – Finalmente, ieri sera è successo: Travis Scott, nel suggestivo panorama offerto dal Circo Massimo – luogo mitico (si dice che il Ratto delle Sabine sia avvenuto qui) e tradizionalmente adibito alle attività di mercato e di socializzazione- , bissa il successo di Milano e arriva a Roma, causando addirittura il terremoto.
Gli oltre sessantamila presenti sono impazziti davanti a un artista amato, che li ha ripagati a suo modo. Bassi assassini, una scaletta micidiale – con Kanye che sbuca ‘playbackato’ dal fumo e fa esplodere la platea -, uno show incredibile: passione, follia, panico. Come la città che lo ha ospitato, l’evento-Travis a Roma, è stato questo.
Travis chiama, Roma risponde!
Non è mai semplice organizzare qualcosa che funzioni nella Capitale. Troppo grande, troppo caotica, troppo menefreghista. E per questo, alla massa che ha invaso il Circo Massimo ieri sera, va tutto il nostro rispetto. Gente pronta a farsi ore di viaggi, di code in autostrade, di file interminabile, per assistere a un momento, nello specifico un’ora e mezzo, più o meno, senza nemmeno un dj set finale.
Rispetto per il pubblico, dunque, che ha risposto presente e ha fatto sentire tutto il suo calore, nonostante l’organizzazione abbia lasciato parecchio a desiderare; e non me ne vogliano gli addetti al service o i baristi. Non è certo colpa loro se mezza Roma si blocca per ogni evento o se la birra costa sette euro. In fondo è il pubblico che rende ogni concerto un’esperienza incredibile.
Il pubblico fa l’evento, a prescindere da chi c’è sul palco (tanto spesso, è in playback). Sono situazioni nelle quali emerge il nostro fondo più arcaico – e più vero -, che getta la maschera, e nudo, libero e festoso, balla, in un estasi collettiva. Libero nella libertà degli altri.
Ma ogni esperienza collettiva è vissuta sempre individualmente: si sa, ognuno si vive i concerti a modo suo. Chi deve assolutamente stare sotto cassa per sentirlo; chi preferisce viverlo come un’occasione per conoscere persone, parlare, rimorchiare; chi, bloccato dall’ansia, non riesce a smettere di andare in bagno; chi fuma, chi beve…e poi c’è il timido, quello che guarda tutto e tutti, ma resta nel suo angolino, in silenzio, ipnotizzato dall’energia trasmessa dal palco.
Il racconto che segue raccoglie le impressioni di un timido, in mezzo a una folla in festa.
Il Circo Massimo trema davanti a Travis Scott: storia del pre-live e dei bassi troppo pompati
Personalmente, quello che amo dei live è l’attesa: quel misto di brividi d’ansia e d’eccitazione, l’effetto sorpresa, quei fiumi di parole urlate e di birre ghiacciate che scorrono… e il sottofondo, il tappeto musicale che fa da prequel, da succoso antipasto alla portata principale.
E ieri sera, praticamente non c’è stato. Non perché non sia stato fisicamente eseguito, ma perché era impossibile sentirlo se non eri proprio davanti alle transenne sotto il palco. Solo sentori di tracce selezionate per l’occasione, per noi che non le abbiamo sentite. Solo echi, e bassi troppo pompati.
Credo di aver sentito Hip Hop dei Dead Prez, ma non potrei giurarlo. La delusione è stata forte, ma nel frattempo aumentava l’attesa per Travis Scott. E la notte avanzava, e lui ritardava. Si faceva attendere. Ma l’attesa era dolce. Occhi dappertutto, che si cercano, si sfiorano, si incontrano. Come vivere dentro un’utopia…
Ora x 21 e 30: il live, quel dolce delirio collettivo
Hello, and welcome to Utopia…
Travis si annuncia così al pubblico di Roma. Ed è subito il delirio. E io intanto penso che i bassi aspettavano solo Travis, e che il dj set era stata una cosa totalmente trascurata e accroccata, e la cosa mi fa arrabbiare ancora di più…ma vengo rapito del concerto, e tutto il resto va in pausa.
Non avendolo mai sentito dal vivo – e in generale conoscendolo poco – ero curioso. E Travis non canta. Il suo è più che altro un show: scenografia pirotecniche, immagini suggestive (ad esempio quando si arrampica sul muro di casse, e sullo sfondo un’immagine di una luna stralunata compare alle sue spalle…), ma poco rap. Poco flusso. Molto playback.
Ma forse ero l’unico a cui importava veramente. Gli altri intorno a me non ci facevano caso. Erano rapiti dalla perfomance – comunque eccellente – e non pensavano a niente all’in fuori di quel momento: viverselo, goderselo, e basta. Senza troppe pippe mentali da specialista o da snob. Semplicemente essere felici in un momento felici. E allora mi sono adeguato.
Mi sono goduto il live, gli urlacci disperati sopra la sua voce nei ritornelli, i bassoni cattivi che trapanano i timpani, le vibrazioni che salgono dal terreno e sconquassano, confondono, esplodono ed escono fuori… è stato magico. E allora nonostante il traffico, le strade chiuse, le birre troppo care, il playback, non posso che dire grazie, Travis.
Da questo live possiamo imparare questo: che le persone possono ascoltare tutto, ma è la situazione che fa l’evento. Basta trasmettere passione, follia, e un pizzico di panico.