Il talento di Chopin, l’attitudine di JAY-Z – Intervista a Sofiane Pamart

Intervista a Sofiane
Artwork di Mr. Peppe Occhipinti

Il primo articolo che ho scritto per Rapologia è stato un approfondimento su Sofiane Pamart, un pianista molto conosciuto in Francia perché, oltre ad essere uno dei più noti compositori del Paese, è anche un assiduo collaboratore dei grandi rapper francesi. Quando scrissi quell’articolo mai mi sarei aspettata di avere l’opportunità di intervistarlo.   

Ci troviamo nel primo pomeriggio, ognuno dietro lo schermo del proprio computer perché la distanza Italia Canada è più semplice da colmare via zoom. Davanti a me si presenta un ragazzo sorridente, che chiacchiera disponibile e trova sempre il modo più gentile per rispondere.

Quasi mezz’ora d’intervista è volata tra domande e scambi di opinioni sull’ambiente musicale: nonostante gli accenti diversi non ci sono state incomprensioni, tutt’altro, ci siamo spesso trovati concordi su come dovrebbe comportarsi un artista al giorno d’oggi, soprattutto se ricopre un ruolo di rilievo nel panorama rap.

La nostra intervista a Sofiane Pamart

Ciao Sofiane per me è un onore incontrarti perchè il primo articolo che ho scritto era dedicato proprio alla tua musica, grazie per la tua disponibilità!

«Grazie a voi, per me è un piacere avere l’opportunità di parlare con il pubblico italiano! E grazie per avermi dedicato uno spazio sul vostro magazine, per me è importante trovare punti di contatto con persone che non sono solite ad ascoltare la mia musica».

Partiamo con la domanda per rompere il ghiaccio. Tu hai studiato composizione classica e pianoforte al conservatorio, a tutti gli effetti sei un pianista, ma è anche vero che io ti ho conosciuto perché collabori con tanti rapper. Come ti sei avvicinato al rap e chi è stato il primo artista che ti ha fatto appassionare alla musica hip hop?

«Ti direi sicuramente JoeyStarr perché è un’icona per noi francesi. È stato il primo a portare il modo di comportarsi tipico del rap al centro dell’attenzione pubblica, è un ottimo musicista e quando performa è magnetico. Anche se da piccolo sapevo già che sarei diventato un musicista e non un rapper, perché amavo il pianoforte e ascoltavo principalmente artisti come Michael Jackson e David Bowie, il modo di essere di Joey Starr ha sicuramente influenzato la mia attitudine. Ho preso ispirazione da ogni loro performance per poi trovare la mia strada perché volevo essere unico nel mio genere».

Dal rap ho imparato a sognare in grande, senza dimenticare da dove vengo

L’ho scritto anche nell’articolo perché una delle frasi che mi sembra definire meglio il tuo personaggio è: suoni come Chopin ma hai l’attitudine di Jay-Z.  Nella tua opinione, qual è la giusta attitudine che un musicista (che nel tuo caso arriva da un mondo agli antipodi) deve avere quando si approccia al mondo del rap?
Soprattutto tenendo in considerazione che chi gravita attorno al mondo del rap francese deve mantenere una personalità forte, delle sonorità ben precise e talvolta è difficile scostare la persona dal personaggio.

«Credo che la cosa più importante sia imparare a non giudicare nessuno. Se hai un’opinione già prestabilita di qualcuno, del suo modo di vivere o di vestire ad esempio, se ti metti nelle condizioni di giudicarlo questo atteggiamento non ti porta da nessuna parte. Nella musica classica purtroppo c’è molto la tendenza di giudicare gli altri musicisti: per essere un musicista classico devi lavorare duramente e purtroppo questo ti porta a sentirti superiore agli altri. Se incontri qualcuno di un altro ambiente musicale è importante che ti approcci senza giudizio ma con curiosità, questo infatti mi ha permesso di crescere in tanti ambiti».

E sempre a proposito dell’ambiente del rap, qual è la cosa che ami di più di questo mondo e qual è invece la cosa che ami di meno?

«Quello che amo di più della cultura rap è la capacità di sognare in grande e di raggiungere grandi risultati anche partendo da situazioni svantaggiate. Io sono partito che non avevo nulla, la mia famiglia era molto umile, e ora la mia carriera non ha nulla da invidiare a quella dei rapper più importanti. Ho dischi d’oro appesi alle pareti, ho uno dei migliori pianoforti in salotto e indosso gioielli, ma tutto questo è distante dal modo in cui sono cresciuto. Ho preso dai rapper l’attitudine a sognare in grande e lavorare duramente per raggiungere i miei sogni e ci sto riuscendo.
Di conseguenza, la cosa che mi piace meno di questo mondo è proprio la mancanza di umiltà. È giusto mantenere una personalità forte soprattutto in questo ambiente così competitivo, ma non devi mai dimenticarti da dove vieni e spesso gli artisti sembrano mettersi al di sopra di tutti».

Come già anticipato tu hai collaborato con i più importanti rapper della scena francese e non solo. Mi viene subito in mente Josman, Chilla, Damso, Scylla ma anche tanti altri. Come nascono le vostre collaborazioni?

«Vedi, per ora non c’è nessuna figura nel panorama musicale che sia simile a me in termini di collaborazioni e background. Vivo una vita da rapper ma provengo da studi classici, quindi sono ambivalente e questa mia particolarità mi ha permesso di conoscere bene l’ambiente hip hop. Per questo le collaborazioni con molti rapper nascono in maniera naturale, non c’è nulla di precostruito dietro e di solito sono gli altri che mi chiamano per collaborare».

Qual è l’artista a cui proprio non riesci a dire di no quando ti chiede di fare musica insieme?

«Sicuramente Josman. è una persona molto gentile e umile, mi può chiedere qualsiasi cosa che io sono sempre pronto ad accettare».

Sofiane Pamart: uso la musica per esprimere delle emozioni

Lo hai detto prima anche tu, per ora non ci sono delle figure come te che arrivano da una scuola di studi di composizione classica e che sono entrati in modo così preponderante dentro al mondo del rap. Ma se posso permettermi  un paragone noi in Italia abbiamo Lazza che è diplomato al conservatorio ed è uno dei rapper più importanti della scena e spesso nei suoi dischi cerca di creare un connubio tra il la musica classica del pianoforte con le rime e le sonorità rap.  

«Grande! Avere alle spalle certi studi ti permette di avere tanta concentrazione e allenamento, ho studiato molto per arrivare dove sono ora. E questo “allenamento” in un ambiente eccessivamente competitivo mi ha dato la forza per fare grandi cose anche in altri ambienti. Mi piace sperimentare e non limitarmi mai a solo una tipologia di genere. La mia musica è il riflesso della mia vita: Planet è stato un album importante perché è nato dall’esigenza di raccogliere tutti gli stimoli che ho ricevuto viaggiando per il mondo». 

E proprio in merito ad altre sperimentazioni ti chiedo del tuo ultimo album Forever Friends in collaborazione con NTO, producer e dj di musica elettronica francese. Come è nata la vostra collaborazione e cosa ti ha spinto a spostarti di più verso il mondo della musica elettronica?

«Una delle sfide che mi sono prefissato è quella di essere in grado di comporre musica adatta ad ogni momento della giornata. Sono in grado di fare musica classica, la musica che ascolti quando hai bisogno di rilassarti. Mi sono adattato al rap e alla musica hip hop che era uno dei miei principali ascolti durante il giorno. Però poi ho sentito l’esigenza di esplorare il mondo dell’elettronica, perchè quando sono in palestra o vado a ballare nei club di notte è il genere che ascolto. Così mi sono lanciato in questa collaborazione con NTO che ho amato molto e dietro a cui c’è tanto lavoro».

Mi piace l’idea che la mia musica possa essere l’espressione adatta di ogni momento della vita umana e che possa rappresentare più persone possibili. 

Parlando di album in collaborazione è inevitabile citare un Ep che ti ha portato all’attenzione del grande pubblico in tutto il mondo, proprio in virtù del fatto che era in feat con Charles Leclerc. Come e quando è nata l’idea di fare un album strumentale al piano in quattro mani?

«Charles ha iniziato a suonare il piano qualche anno fa ed ha conosciuto la mia musica, così ci siamo incontrati, è nata una grande amicizia e abbiamo pensato di suonare insieme. Gli ho proposto di venire in studio da me per fargli scoprire il mio universo e imparare un po’ del suo. Con lui mi sono trovato bene e ora siamo grandi amici perché vedo tante affinità tra il mondo dello sport e la musica classica. Per entrambi la parte fondamentale della nostra giornata è dedicata all’allenamento e alla concentrazione. Devi allenarti a lungo e duramente per diventare il migliore. Ci siamo capiti subito e siamo entrati in connessione proprio grazie al fatto di queste similarità. Abbiamo quindi deciso di creare musica insieme per celebrare la stima reciproca che ci unisce, ci siamo chiusi in studio (se non per fare qualche pausa al ristorante, ride) e in pochi giorni l’ep DREAMERS era pronto».

A Milano porterò uno spettacolo intimo ed elegante

Fra qualche giorno partirà il tuo tour europeo e mi sono chiesta, per un artista eclettico e variegato come sei tu, come avete deciso di impostare i live show? Ci saranno degli ospiti? 

«Avendo una discografia molto ampia e variegata non posso portarmi tanti ospiti in giro per tutto il tour. Ho deciso di creare uno spettacolo dove il mio piano è il protagonista e sarò accompagnato da una band di strumenti che servono a conferire ritmo e colore alle mie canzoni. Solo in alcune città avrò un ospite fisso, ma perlopiù sono solo strumenti. Anche se ho deciso che a Milano sarò da solo con il mio piano perchè ho bisogno che il pubblico italiano, essendo la prima volta che ci incontriamo, comprenda a fondo la mia musica. Per questo ho organizzato per l’occasione uno spettacolo intimo ed elegante».

E proprio in merito a questo il 2 luglio sarai tra gli ospiti principali del WORM UP! Festival a Milano al Teatro Dal Verme, e come hai accennato sarà il tuo primo live in Italia. Come pensi sarà l’atteggiamento del pubblico italiano nei tuoi confronti?

«Le prime volte sono sempre le cose più difficili. Il mio legame con il pubblico italiano sta crescendo ma è comunque ancora una cosa nuova. La mia audience in Francia sa cosa aspettarsi perchè è abituata ai miei show, viene apposta a vedermi e posso dire di avere tanti fan. In Italia è diverso perchè sono meno conosciuto ma allo stesso tempo sento che c’è della curiosità nei miei confronti. Credo che il pubblico italiano abbia una grande cultura in fatto di musica classica, nel vostro modo di vivere siete persone sensibili ed eleganti. Ed è proprio quello che voglio trasmettere nei miei show, per questo mi aspetto che questa data sarà l’inizio di una relazione duratura con l’Italia, o almeno spero».

Questa intervista aiuterà ad aprire la strada.

Artwork in copertina di Mr. Peppe Occhipinti