Scrivo Ancora 3: Drimer e “la rivincita dei freestyle players”

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Drimer (rapper e freestyle, membro del collettivo FEA), con Scrivo Ancora – arrivato al capitolo 3 della saga – compie un’operazione alquanto significativa: l’idea del mixtape (anche se non si tratta propriamente di un mixtape, in quanto le basi sono originali) lo connota in maniera precisa, inappuntabile.

Scrivo Ancora 3 è un calderone di strofe (un mixtape, appunto), di sensazioni, di atmosfere. Un insieme di spunti che convergono tutti verso un unico concetto: l’Hip Hop. Ci sono featuring di spessore, rime da battaglia, una maturità raggiunta; e c’è Drimer, il direttore d’orchestra, e il suo mantra. Per continuare a continuare.

Drimer: “Scrivo ancora 3”, nonostante il resto

Fare, o non fare. Non c’è provare”. Filosofeggiava Yoda… e facevano eco i Neo Ex. Giunti a un certo punto di un percorso, spingersi fino al limite estremo diventa l’esigenza, la condicio sine qua non. Drimer, scrivendo ancora, ci conferma che un passaggio di testimone epocale, è già avvenuto.

Una nuova scuola si è affermata – senza il beneplacito televisivo dei reality – nelle strade, nei cypher, nei piccoli locali asfissiante del Sottosuolo. Ad annunciare l’avvenuta consegna c’è, a inizio disco, Hall of Fame. Drimer insieme a Inoki (con i cuts di Dj MS), generazioni a confronto, con un unico fine.

Mettiti nei panni, di un’istituzione/che spinge da trent’anni, e che non va in pensione/alla competizione, io sono andato oltre/non me ne fotte un cazzo, io sto a livello Goldrake… (Inoki, Hall of Fame)

L’Hip Hop e il senso d’appartenenza a questa complessa Comunità segnano Scrivo Ancora 3, e in questo contesto si spiega il suo definirlo un mixtape: tributo a un mezzo di diffusione ‘veloce’ e ‘accessibile’. Il mixtape era – lo è ancora – un prodotto di auto-sostentamento della comunità Hip Hop, che rispondeva ( e risponde) all’esigenza di rap fresco, senza filtri, istintivo.

se non siamo nati per questo ci moriremo

Scrivo Ancora si inscrive nella Storia del genere, un genere che ha una sua tradizione (con un suo ‘punto zero’ nei mixtape degli ATPC) e i suoi capolavori (collettivi, come lo potrebbe essere La Banda del Trucido; e individuali – Qualcosa Cambierà di Ghemon, La serie Quello che vi consiglio di Gemitaiz, l’emblematico/unico In the Panchine, vero culto underground).

Scrivo Ancora ci vuole riportare a un rap pre-social, ad una condizione di condivisione orizzontale (nei numerosi featuring del progetto) e di sana competizione – con lo scopo di alzare il livello – che, è evidente in Drimer – è un prezioso lascito del mondo del Freestyle, del quale è – attualmente – un valente rappresentante.

Il lascito delle Battle

Con gli anni, ogni parola ha un peso specifico diverso: sempre più pesante, sempre più urgente, sempre meno istintiva. Il discorso del freestyle – la ‘Tana delle Tigri’ della comunità, la palestra d’apprendimento metrico – illumina ulteriormente l’analisi su Scrivo Ancora.

L’autocelebrazione come scudo, le rime d’impatto, come tag sui muri, per imprimere il proprio nome in maniera inconfondibile e unica. Il freestyle è, da sempre, un mezzo per restare ‘al passo con i tempi’, per tenersi in costante e proficua tensione, per restare in allenamento.

E, certo, il discorso sul freestyle ‘puro’ andrebbe integrato con una parentesi sulle gare di freestyle, su quanto locali ed artisti lucrino sull’organizzare battle di freestyle frenetiche e senza spessore, e di quanto questo incida sulla diffusione di nuovi artisti. Ma questa è un’altra Storia, per fortuna.

Comunque, Drimer mostra senza problemi il suo bagaglio culturale, strapieno fino all’orlo di battle e rime fino allo sfinimento. Certo, con pregi e difetti che ciò comporta. L’istinto e le rapide illuminazioni si accompagnano a dispersione lirica – spesso -, e rime efficaci, sì, ma un po’ troppo fine e a sé stesse.

Sembra certo difficile restare un buon freestyle e un artista ‘discografico’. Da Supernatural in poi, ogni grande freestyle ha, nella capacità d’improvvisare, la sua delizia, e la sua croce. Certo, Drimer ha, davanti a sé, almeno due fulgidi esempi, per quanta riguarda almeno la scena italiana (Ensi e Clementino, su tutti).

Scrivo Ancora 3 è un tentativo, per certi versi, riuscito a metà. Molti pezzi, non tutti brillanti. Rime su rime, tanto impegno, alcuni momenti poco lucidi. Spicca però una genuinità e un istinto innato a ‘spaccare tutto’, che sono il lascito più proficuo della scuola del freestyle. A far sì che, nell’andamento altalenante del disco, emergano gemme di assoluto valore.

Scrivo Ancora 3: i ‘momenti topici’

Pregi e difetti del freestyle, dunque, connotano il mixtape Scrivo Ancora 3. Gli inevitabili Up e Down che – nel loro essere naturali – rendono i pezzi più riusciti dei piccoli capolavori. Se dal punto di vista dei beat ci sia (non ce ne vogliano i produttori, parere strettamente personale) in qualche occasione poca personalità, nella costruzione dei testi c’è una maturità raggiunta e un livello definitivamente attestato.

Si ascolti Lezione, che su un tappeto musicale oscuro, e con l’arricchimento di Brenno Itani e dei cuts – con frammenti tutti italiani – di Dj MS, ci rimane dentro, come un anticorpo emozionale, raccontandoci di una vita che conosciamo bene, e che il rap da sempre mette in scena, sublimandola senza mai esaltarla.

Non restare in strada è la prima lezione di chi lo fa

Oppure Moriremo tutti, un brano pesantemente leggero, che ci sfiora come una coltellata, pungente e già classico, perché ‘ballabile’, ma non pensato per esserlo. Dal beat al testo, c’è una profondità tale, che resta in superficie. Per essere comprensibile a tutti.

Quante cose non facciamo per paura degli altri/seguirci, provarci, scoprirci, scoparci/averci, lasciarsi…/alle volte penso sarebbe davvero meglio non pensarci…

C’è, quindi, tanta carne al fuoco, in questo disco calderone. Ci sono ingredienti che, spiccando sugli altri, ne definiscono il sapore. C’è un pezzo come Certo, ma – con Bruno Bug, autore di una strofa incredibile -, con una costruzione lirica complessa.

C’è l’attualità di Cose Concrete, insieme a Ticky B, con strofa Boom Bap e ritornello Trap, e un alternarsi al microfono veramente magnetico, e riuscito. E c’è tutta la frustrazione politica di una generazione in Noi non vi vogliamo 3, un pezzo che è politico in senso greco, in quanto tenta di dare un senso e di stringere ulteriormente il legame tra freestyle e cantautorato (e il nodo gordiano del ‘fare politica con la musica’).

Il pezzo a nostro avviso più riuscito è la risposta di un rapper al Premierato in atto, impossibile da contrastare attivamente per uno scollamento tra politica e cittadinanza, che la musica (l’arte) non può cambiare. Anche se può contribuire ad illuminare.

Ascolta di seguito Scrivo Ancora 3 di Drimer: