L’altro lato di una Rap Star: parola ad Ape e Ill Papi

Ape

Sogni infranti di un venerdì di fine estate. Rap Star, il nuovo singolo di Ape prodotto da Ill Papi, è un pezzo che reca in sé disillusione, rabbia, amarezza. Sentimenti complessi (e, ahi noi, condivisi da molti) di chi sognava una vita, e si è trovato coinvolto/travolto da qualcos’altro.

Ape ci racconta com’è vivere un sogno a metà, raggiungere una meta e trovarla diversa da come la si aspettava. Il dramma dell’artista e della sua lotta per non essere solo un’icona: un’immagine fissa, ferma, che invecchia senza evolversi, fino a spegnersi nel nulla.

Ape, Ill Papi e un mondo di Rap Star a metà

C’è un concetto strano, che aleggia nella mente dello scrivente, tormentandolo da mesi. Quello dell’ecologia culturale è un tema interessante, e poco sfruttato. La logica dell’algoritmo – che domina l’industria musicale – spinge gli artisti a produrre, continuamente.

La quantità, in una società (e in un ambiente) di questo tipo, prevale sempre sulla qualità. Non conta il ‘cosa’, conta il ‘quanto’. Resistere a questa logica è sempre più difficile. È un esercizio di pazienza, è logorante, un’impresa donchisciottesca; ma è pur sempre una sfida stimolante.

Ape è un esempio concreto di resistenza a un dominio che, dall’ambito economico, si sposta, invadendo quello culturale. Ape è un rapper che non spreca. I suoi pezzi non si disperdono, non si consumano rapidamente. Ha trovato la sua chiave per essere coerente con un’idea (un ideale) che è sempre più difficile sostenere.

Col suo stile semplice – che è sempre il contrario di banale, perché dietro la semplicità c’è una ricerca, un’osservazione continua – e la sua cifra di Realismo (un realismo crudo, sporco e poetico come la vita) si è sempre preso il suo tempo.

Certo, è nato artisticamente in un’altra epoca, ed è rimasto chiaramente legato a un mondo che, per chi comincia oggi ad approcciarsi a questo genere, è tanto affascinante quanto lontano. Ma non ha mai sentito il bisogno di cambiare solo per restare al passo.

Rap Star è il manifesto della resistenza: dei rapper che ‘non ce l’hanno fatta’, e che, nonostante questo, continuano a fare. Con la disillusione di chi è consapevole, e la passione giusta per non cedere. È un pezzo di cui, forse, avevamo bisogno.

Lo storyteller

Ciò che colpisce, nel rap di Ape, sono le storie che racconta, e il modo in cui ciò che racconta prende forma. Vita quotidiana in rima, con uno stile preciso, sempre ironico. Frammenti d’esistenza catturati e trasmessi per quello che sono, con una metrica dritta che riesce a non suonare ripetitiva.

Alcuni suoi pezzi hanno una capacità letteraria di trascinarti in una storia che ti coinvolge, perché ti sembra di conoscerla. Ti rispecchi nelle storie che racconta perché parlano di te, segreto ultimo dell’autobiografismo e del suo fascino.

Con Rap Star si ripete un po’ il meccanismo dei pezzi più storytelling del suo repertorio, con uno scatto ulteriore: racconto di una storia e racconto di sé coincidono. La storia, qui, è la sua:

“Sveglia presto, il mondo è questo, un’altra mattina/barre da registrare in studio, agenda sempre piena/il tour da far partire, chiuse nuove date…”

Oppure:

“io che pensavo fosse solo non essere scarsi/ma il cash è fonte di potere da cui dissetarsi/tocca decidere se vivere o auto-annientarsi/se alimentare la tua fama oppure accontentarsi”.

Con Rap Star, Ape ci racconta la zona grigia che sta tra un obbiettivo e la sua realizzazione. Lasciandoci addosso una sensazione che difficilmente andrà via. E cioè che, nonostante gli obbiettivi raggiunti, sarà sempre troppo poco.