Rancore, uno degli artisti più interessanti del rap italiano e il brano “I Complimenti” lo testimonia.
Rancore è la definizione di ciò che vorremmo sempre chiamare Hip-Hop. Il suo approccio al rap ha da sempre avuto un fascino non misurabile su di me, sarà perché lo lego a momenti difficili da dimenticare o sarà perché fa parte di quella ristretta cerchia di artisti coi quali sono cresciuto e nei quali, spesso, mi rispecchio. Tarek è uno di quegli artisti che ha sempre vissuto nell’ombra, dentro e fuori la musica, nonostante qualche apparizione eccezionale come avvenuto ai tempi di Spit. Ogni sua traccia, da “Tufello” sino a “S.U.N.S.H.I.N.E” rappresenta in qualche modo la costante ricerca della perfetta armonia tra i termini che compongono la stessa parola del rap, ritmo e poesia. Rancore è uno di quegli artisti a cui non è mai fregato più di tanto vendersi alla platea o di prostituire la propria musica al fine di renderla più accessibile. Col tempo, piuttosto, secondo un principio ideale di inconvenienza per i tempi che corrono, è divenuto via via sempre più criptico, complesso e profondo. Difficilmente sentirete pronunciare il nome di Rancore da bocche di persone superficiali che nella musica cercano l’intrattenimento così come non è neanche scontato che gli acclamati estimatori del genere gli attribuiscano la dovuta importanza.
Rancore in fin dei conti è un artista per pochi, non in senso elitario quanto piuttosto in una semantica strettamente legata al sentire ed all’ascoltare, il cui confine separa allo stesso modo ascoltatori distratti da coloro che attingono alla musica per dare forma al proprio mondo interiore. In ogni caso questa non è né una monografia né un monito che vi spinga ad ascoltare o a conoscere la musica di Rancore, ognuno tira l’acqua al proprio mulino ed è ovvio che un discorso simile difficilmente possa essere oggettivo.
Uno dei suoi lavori che preferisco è senza dubbio ”Acustico”, EP rilasciato nel 2010 dall’etichetta MeninSkratch, The reverse Musiq. Il lato più intimo e riflessivo di “Elettrico”, uscito l’anno successivo. Il pezzo in questione è “I Complimenti”, prodotto come sempre dalla sua nemesi/controfigura Dj Myke, che lo ha accompagnato in questo viaggio di ricerca espressiva. Aspetto che non deve essere sottovalutato.
Oggi la stretta collaborazione tra producer e artista sta diventando sempre più comune nonostante di entrambe le figure ne esistano in quantità. Ciò che però è relativo e non appartiene alla fenomenologia del sicuro è la fortuna di conoscere un musicista e condividere con lui il tuo mondo interiore in modo che lo sappia trasformare in musica. Non a caso, ho scelto questa traccia perché secondo me è una di quelle creazioni destinate a rimanere nel tempo, fonte di ispirazione continua non solo nella musica ma anche nella vita di tutti i giorni.
Di seguito analizzeremo il brano per versi dimostrando come si possa fare del rap che comunichi delle sensazioni senza per forza passare per intellettuali, abbinando tecnica e contenuto per eleganza. Un complesso esempio di scrittura per immagini.
“.. basterà una barra, uno scratch e una chitarra.”
L’intro del pezzo ripete come un mantra, quasi come fosse a sé stante, le prerogative che bastano per trovare sé stessi, per dar vita all’arte, per trovare la luce nell’oscurità. Smisurata preghiera alla musica.
“Ho cercato le parole per spiegarti,
come faccio ad amare così tanto quelle quattro arti,
io so soltanto che per farlo usiamo i quattro arti,
da lì non vado avanti e penserete in tanti”
A volte spiegare la musica è difficile. È difficile per chi la produce così come per chi la riceve. Molti si chiedono se l’arte sia lo strumento che traccia il confine tra le persone comuni e quelle speciali. Spesso ci perdiamo tra le parole per descriverne altre quando la risposta sta semplicemente in ciò che ascoltiamo. In questo caso il soggetto è l’Hip-Hop e i quattro elementi che lo compongono quali: il rap, il dj, il writing e la breakdance. Tutte e quattro per essere partorite hanno l’esclusiva necessità dei quattro arti di cui disponiamo e questo è un dato di fatto.
“Non fate i complimenti a questo cantante,
è un universo chiuso, un mondo a sé, non fatelo,
non fatelo sentire interessanti o più grande,
parlateci ma come se parlaste assieme a me”
L’Hip-Hop nasce dalla necessità di raccontare ciò che sei e non ciò che appari. Sembrerà pure un luogo comune ma in realtà è un vizio di tanti e non solo all’interno della musica. Spesso all’Hip-Hop viene associato un ego che spesso porta a creare un divario enorme tra la persona e l’artista. Rancore ridimensiona questo concetto invitando gli ascoltatori ad approcciarsi nei suoi confronti come se stessero parlando con Tarek, il suo vero ed unico Io.
“Io non faccio i complimenti a questo lattante,
che tanto se li faccio o no la vive pesante,
è complice di un vortice egocentrico di sogni impiccati,
tra lamenti, ritornelli e rompicapi”
A suo modo anche Rancore è incastrato nella sua musica e nel suo personaggio. I complimenti sono un’abitudine cui l’artista non è scontato che comprenda. Se la musica serve a curare un malessere e quindi a scriverlo in versi, è difficile per una persona imprigionata tra le proprie fisime mentali riuscire a concepire come possa essere fonte di bene. In fondo, esser in preda ai propri problemi ed avere la necessità di condividerli è anch’essa una forma di egocentrismo che piuttosto che nell’ostentamento trova sfogo tra “lamenti, ritornelli e rompicapi”.
“Complimenti interessanti ai testi belli e complicati,
Scritte su cinture, su magliette e copricapi,
Lì tutti capelloni, qui tutti rapati,
Vivo dentro un muro e scrivo sulla carta da parati”
La profondità che la sua musica contiene spesso può esser confusa per un gusto puramente estetico. Un po’ come guardare una natura morta e dire che è soltanto frutta, citando Marracash. Ciò che la gente non vede è che per scrivere perle bisogna soffrire, bisogna incidere le memorie prima sulla pelle e poi sulla carta, fosse anche quella dei muri. L’immagine di cui molti artisti o presunti tali si nutrono, fatta di capi griffati e firme varie, c’entra ben poco con la musica e con la vita reale.
“ E se la musica puntasse solamente alle emozioni,
Che di certo non le conti con la visualizzazioni,
La vita è bella, ha molte distrazioni,
Milioni a navigarla aspettano mari migliori”
Qui Tarek si discosta dall’aspetto critico riavvicinandosi molto a sé stesso. Se le visualizzazioni sono il motore assoluto che, erroneamente, indicano le vie del business e della qualità, relegando quindi la musica da arte a prodotto, ben altre sono però le fantasie di conquista di cui l’uomo può nutrirsi. Non importa se tutto non va come vorremmo, difficilmente è così, il trucco risiede nel resistere aspettando giorni migliori. Aspettando il Sole, come Neffa ci ha insegnato.
“Però anche quella ha i poli e può sbagliare il comandante
Chi sta sopra il ponte in fondo non fa nulla di importante
E resta fuori, ignorante
Il rap te lo faccio da ignorante e non mi frega un cazzo di un cazzo, commenti?”
Nonostante gli alti e i bassi bisogna saperlo guidare il timone della propria vita. Saper calibrare, esser in grado di cadere e di sapersi rialzare, sempre. C’è invece chi decide di non prendere mai dei rischi e di attraccare a lungo presso porti sicuri, collocandosi esattamente in mezzo tra ciò che c’è di bello e ciò che c’è di male. Questa è proprio la tipologia di individuo che non pretende niente da sé, la cui fiamma si è spenta ormai da tanto. Rancore sa che versi simili possano risultare quasi pretenziosi ma non teme le critiche né tantomeno ha intenzione di elevarsi rispetto agli altri.
“Ho troppi presentimenti, con un tot di risentimenti
Nascondo i miei pentimenti con sciocchi travestimenti
Agli occhi di impertinenti ci sono fraintendimenti
Ci sono un sacco di allocchi nel parco divertimenti”
Rancore ci tiene, ancora una volta, a ribadire come la sua vita sia fatta di più sfumature, di come sia diffidente per natura e di quanto tutto questo lo condizioni. Nonostante ciò però, fare della musica significa esporsi al giudizio degli altri che spesso scambiano la sua versatilità artistica per fraintendimento e/o mancanza di coerenza. Forse non sono a conoscenza del fatto che la vita sia come un parco divertimenti nel quale fortunatamente hai la possibilità di scegliere, metafora di come ogni pezzo, da quello più criptico a quello più leggero (che poi realmente leggero non lo è mai) fa parte del lastricato percorso artistico che ha intrapreso alla ricerca di sé stesso e della sua identità musicale.
“ E se sul mare quando inverti i venti e li reinventi,
chissà se quando torni dentro al parco ti diverti,
blocchi di scarabocchi che canto ai venti presenti,
senza sapere più niente degli eventi presenti”
Un gioco di incastri che a primo ascolto potrebbe risultare fine a sé stesso quello che Rancore fa in questi versi. Ma è proprio da questa possibilità infinita di scegliere che la vita di ognuno può trovare la propria direzione. Libertà significa scegliere sé stessi, invertire le rotte, rendere le certezze incertezze e viceversa. E solo allora, quando davvero cogli il senso ultimo delle cose che puoi guardare al tuo parco divertimenti con occhi diversi, senza pensare alle conseguenze.
“Assenza totale di presenza in modo tale da guardarvi i lineamenti,
E da capire i vostri avvertimenti,
Odiate ciò che dico, prendete provvedimenti,
Ma solo se vi fa schifo a tal punto, altrimenti…”
Acquisire tale consapevolezza significa per forza di cose perdere il contatto con gli altri. Vedere da una certa prospettiva le cose ti fa diffidare dalle prospettive altrui. Rancore mette in conto questa possibilità di “emarginazione intellettuale” e non esita a fare da monito ai suoi ascoltatori. Se non siete in grado di capire cosa sto provando o cosa voglio dirvi, non cercate risposte nella mia musica. Al contrario, se doveste avere un po’ di pazienza, potreste trovare ciò che state cercando.
“Ultimamente neanche mi vedo, sono sparito,
Mi graffio con cinque dita, ora sanguina il mio spartito,
Ci scrivo le note, le parole a volte è meglio che le schivo,
Tolte dalla mente mentono da schifo”
Una delle quartine più emozionanti del brano e non solo. È come se ora Rancore stesse pagando sulla sua stessa pelle il prezzo per aver avuto il coraggio di esporre argomenti simili. La ricerca espressiva può a volte far perdere di vista sé stessi. Concetto che viene esposto in modo quasi romantico, con una dedica implicita ma intensa alla musica. È stato difficile esser così sinceri con sé stessi, farlo in un testo tramite scrittura lo è stato ancora di più. Il vero rischio di chi scrive è quello di tirar fuori verità nascoste che difficilmente emergono e Tarek ci è riuscito anche se le parole, e questo lo sappiamo bene, a volte non corrispondono mai pienamente a ciò che pensiamo dentro.
“Chissà se me la sono presa comoda alla grande,
O se era per soppesare ciò che al mondo è più importante,
Nella punta della penna c’ho una punta di diamante,
Però adesso mi si spunta e resto zitto, mascherato da viandante,
Sulla linea che c’è tra il mio significato ed il mio significante”
Il climax espressivo iniziato nei primi versi trova adesso il suo culmine con questi versi taglienti e profondi. Il brano si conclude con una riflessione di spessore. Rancore si chiede se questo percorso valga veramente la pena, se le sue scelte sono frutto di una scorciatoia o di una necessità. La certezza ultima che rimane allo scrittore è ancora una volta quella della sua penna, molto più del suo talento, dettaglio che grazie ad una struttura circolare ci riconduce ai primi versi nei quali si affermava l’importanza dei quattro arti per produrre l’arte. Consapevolezza che non basterà all’artista così come non basterà aver riversato i suoi pensieri sul foglio. Le luci si spengono, la scrittura termina e la musica si interrompe ed allo scrittore non rimane altro che il dilaniante dilemma posto al confine di ciò che avrebbe voluto dire e ciò che in realtà ha detto.
È importante capire come, alla fine dell’analisi di questo testo, Rancore sia stato in grado di apportare un tale livello di scrittura alla musiche di Dj Myke da non aver travisato mai la parte tecnica. Ci saremmo pure soffermati all’analisi logica e tecnica dei versi se solo questi ne avessero avuto bisogno. La realtà è che questo è un esempio di come il rap deve esser fatto. Sintesi che troviamo al principio ed alla fine del brano. Le scuse le inventa chi non sa fare, chi sa fare fa ma soprattutto insegna.
“Basterà una barra, uno scratch ed una chitarra..”
Immagine di copertina di Matteo Da Fermo.