The Pinkprint segna il punto più alto della carriera di Nicki Minaj.
The Pinkprint rappresenta il ritorno alle radici hip-hop di Nicki Minaj. Reduce dal successo planetario di Roman Reloaded, la rapper decide di lasciare da parte le tinte pop del disco precedente per dare ai fan un progetto sincero e immediato.
Critica e vendite lo hanno promosso, ma l’attenzione del grande pubblico si è concentrata su Anaconda, la hit che ha permesso all’album di rimanere costante in classifica per diverso tempo. Focalizzarsi su questo singolo significa perdere di vista il quadro generale, molto più interessante di una semplice traccia…
Con The Pinkprint, crolla il personaggio che la rapper aveva creato per l’era discografica precedente: lo spogliarsi di parrucche ed orpelli vari diviene, infatti, un modo per mettere a nudo la propria anima e, in particolar modo, i propri sentimenti.
L’album mostra un lato di Nicki inedito ai più, abituati ad un’immagine colorata e sfacciata. A tal proposito emblematica è All Things Go, dove la rapper racconta le terribili esperienze vissute in passato: le sue rime danno voce al rimorso e all’impotenza provate di fronte all’assassinio del giovane cugino, ad un aborto e ai meccanismi di un’industria musicale che sembra voler distruggere gli artisti:
“Let me make this clear, I’m not difficult, I’m just ‘bout my business/I’m not into fake industry parties, and fake agendas/Rock with people for how they make me feel, not what they give me/Even the ones that hurt me the most, I still show forgiveness”
Altra protagonista è la delusione amorosa. Nicki dialoga con la persona amata per lungo tempo, la stessa che l’ha tradita, umiliata ed illusa. In Bed of Lies, la rapper urla la propria frustrazione e il proprio dolore di fronte alla fine di una storia pluridecennale:
“I just figured if you saw me, if you looked in my eyes/You’d remember our connection and be freed from the lies/I just figured I was something that you couldn’t replace/But there was just a blank stare and I couldn’t relate/I just couldn’t understand and I couldn’t defend/What we had, what we shared, and I couldn’t pretend”
Nel mirino della rapper finisce anche la falsità delle persone che la circondano. Nella raffinata Pills N Potions, Nicki sembra distribuire consigli mettendo in guardia l’ascoltatore da una società malata ed egoista:
“I told ‘em it’s no friends in the game, you ain’t learned that yet/All the bridges you came over, don’t burn that yet/N-s want respect, but n-s ain’t earned that yet/Self-righteous and entitled but they swearin’ on the Bible/That they love you, when really they no different from all your rivals/But I still don’t wish death on ‘em, I just reflect on ‘em”
La Nicki Minaj che emerge da queste ed altre canzoni è una donna arrabbiata e delusa. Al contempo, la rapper dimostra di avere ancora l’entusiasmo di un tempo, quando era una giovane ragazza del Queens pronta a mangiarsi chiunque con le proprie rime.
Ne è un esempio la monumentale Feeling Myself, in collaborazione con Beyoncé. Questo brano autocelebrativo permette alla regina del gioco di districarsi tra quattro flow differenti per ricordarci ancora una volta chi comanda:
“Why these b-s don’t never be learnin’?/You b-s will never get what I be earnin’ (Uh)/I’m still gettin’ plaques, from my records that’s urban/Ain’t gotta rely on top 40, I am a rap legend/Just go ask the Kings of Rap, who is the Queen and things of that/Nature? Look at my finger, that is a glacier, hits like a laser”
Anche la folle Want Some More vede brillare le sue abilità di MC, mentre si ripercorrono alcuni momenti salienti della sua carriera:
“Who-who-who had Eminem on the first album?/Who had Kanye saying, “She a problem?”/Who the f-k came in the game, made her own column?/Who-who made Lil Wayne give ‘em five million?/Why the f-k I gotta say it, though? You n-s don’t know it yet?”
The Pinkprint rappresenta il punto più alto della carriera di Nicki Minaj: una prova di maturità artistica e di consapevolezza umana. Il nostro invito è di riscoprire l’intero album, che mostra la vulnerabilità di Onika Tanya Maraj, l’essere umano dietro le quinte, e l’autenticità di Nicki Minaj, il mostro da palcoscenico.
Grafica di Mr. Peppe Occhipinti.