All Eyes On Beast: il viaggio musicale di Jangy Leeon tra Milano e New York

Jangy Leeon
Foto di Mattia Guolo

All Eyes On Beast, il nuovo album di Jangy Leeon, è disponibile su tutte le piattaforme digitali e in CD grazie a Gold Leaves Academy con distribuzione Believe.

Vediamo un po’ come si presenta.

Tantissimi ospiti in All Eyes On Beast di Jangy Leeon

Anticipato dai singoli Sour Cream, Zaffiro con En?gma e Metronomo con Jack The Smoker e Dani Faiv (una vera bomba quest’ultimo), l’album si presenta con un titolo che richiama a modo suo il leggendario All Eyez On Me di Tupac.

Ma Jangy è una Bestia, così ecco che ora che gli occhi sono su di lui perché è fuori con un disco bello denso, interamente prodotto da Jack The Smoker, fresco di super strofe per featuring e soprattutto per il suo ultimo album, SEDICINONI.

La collaborazione tra Jangy e Jack ha radici profonde: i due hanno fondato insieme nel 2015 il Caveau Studios, un luogo dove ogni giorno lavorano alla loro musica e a quella di altri artisti. Questa lunga amicizia e la quotidiana condivisione di idee e progetti hanno portato alla nascita di All Eyes On Beast, un album che riflette perfettamente la loro intesa artistica.

Durante la fase di creazione del disco, Jangy Leeon ha trascorso un periodo a New York, dove ha interagito con la scena rap underground locale. Questo viaggio ha avuto un grande impatto sulla realizzazione dell’album, portando alla collaborazione con rapper a stelle e strisce  come Steelyone di New Rochelle e Chubs di Long Island. Non è la prima volta che l’artista milanese si confronta con il rap del Nord America: già nel 2016 aveva coinvolto in un suo pezzo il fortissimo Merkules, mentre l’anno scorso aveva collaborato con gli storici Onyx nel loro progetto World Take Over.

Un’altra caratteristica distintiva del disco è la presenza di numerosi ospiti, in perfetto stile mixtape. Nelle diciassette del disco abbiamo così Nerone, Dj MS, Warez, JSN, Chubs, Steelyone, Vacca, Lanz Khan, Lexotan, Dani Faiv, Sick Boy Simon, Francikario, Big Tino, Asher Kuno, Loge, Drimer, En?gma e Shade. Questa ricchezza di collaborazioni rende l’album ancora più vario e interessante, offrendo un’ampia gamma di stili e sonorità.

Per saperne di più, gli abbiamo fatto anche qualche domanda:

La nostra intervista a Jangy Leeon

All Eyes On Beast è un titolo che richiama l’iconico album di Tupac. Cosa rappresenta per te questo titolo e in che modo, magari, Tupac ha influenzato la tua musica?

«Tupac ha sicuramente influenzato il mio percorso artistico: è stato uno dei primi artisti Hip Hop d’oltreoceano che ho ascoltato insieme a Wu-Tang, Fugees e altra roba in alta rotazione quando ero piccolo. Nel caso specifico, di Tupac ho ascoltato molta roba perché Truman Simbio era bello fan e, abitando entrambi a Noverasco da ragazzini, ci contaminavamo un sacco con musica e artisti. Se guardi la cover del disco, la direzione è un po’ DMX, anche grazie al cane, e un pò The Documentary di The Game. All Eyes On Beast vuole essere un titolo un po’ evocativo di tutto quel filone di roba fine ’90 e primi 2000, anche il sound proposto da Jack va molto in quella direzione, e avevamo bisogno di un titolo potente ma rappresentativo che desse un quadro dell’immaginario».

Durante la realizzazione dell’album hai trascorso del tempo a New York. Come ha influito questa esperienza sulla tua musica e sulle collaborazioni presenti nel disco?

«Il viaggio a New York ha prepotentemente influenzato il processo creativo di questo disco. Per noi rapper “classici” New York e, in parte, anche LA sono un po’ la mecca di ‘sta roba a cui siamo legati dal principio. Sappiamo che è stata creata lì e rappresenta il gradino massimo della disciplina. Perciò ero e sono tuttora entusiasta di potermi interfacciare e confrontare con artisti che hanno questa cultura addosso da quando sono nati. Il mio viaggio è stato incentrato su questo ed è stato stimolante fare tutte quelle sessioni in studio con artisti fortissimi creando nuove connessioni. Ho in progetto di tornare a breve. Cugino, la settima traccia del disco, l’ho registrata a Long Island nello studio di Chubs, e sono stato anche da Steelyone (anche lui presente in Cugino) nel suo studio a New Rochelle, dove abbiamo registrato Money With An Accent, uscita l’anno scorso».

Quali sono le principali differenze che hai notato tra l’underground italiano e quello americano? 

«Mi sembra ovvio dire che le differenze tra l’underground americano e quello italiano siano enormi. Essendo un Paese molto più grosso anche il mercato, di conseguenza, è molto più esteso, e la principale differenza tra noi e loro è che, appunto, lì un artista underground può tranquillamente lavorare e anche bene con la sua musica. Anche qui lo puoi fare ma è molto più difficile e lento. Un’altra grande differenza, secondo me, è la preparazione generale del pubblico rispetto alla proposta: ovvio, anche lì è pieno di fenomeni trash, ma sono altrettanto numerosi gli artisti eccelsi che si fanno valere con la propria musica e hanno un pubblico che li riconosce consapevolmente».

jangy leeon

La tua collaborazione con Jack The Smoker è stata fondamentale per questo album. Come descriveresti il vostro rapporto lavorativo? Sia per questo album che per il vostro studio.

«Il nostro rapporto lavorativo oramai va avanti da circa otto anni, da quando abbiamo aperto lo studio. Siamo persone intelligenti, per cui riusciamo ad avere un buon rapporto e a far crescere lo studio sotto molteplici aspetti. Lui produce un sacco, ovviamente è noto soprattutto per le barre ma penso che anche il suo lato da produttore sia particolarmente degno di nota: questo album che ha prodotto interamente ne è la prova. Il disco, ad ogni modo, va a coronare questa collaborazione di lunga data: andava fatto e sono davvero contento».

Quanto è importante avere un proprio spazio dedicato alla creatività e alla produzione musicale?

«Fondamentale, perché quando fai musica è spesso necessario sapersi un po’ isolare a livello karmico-emotivo da tutto il resto. Quando vieni bombardato dai mille contenuti del giorno e ti impegoli nel guardare cosa fanno gli altri e magari ti metti a confronto, devi essere in grado di creare il tuo ecosistema di pace dove creare, che sia ricreativo e stimolante. Fondamentalmente non c’è niente di più sbagliato di mettersi a confronto con gli altri perché anche la tua musica ne risentirebbe: avere un proprio spazio dove poter elaborare la propria arte è essenziale».

Nonostante tu sia vicino ai 40, continui a spingere con forza nel mondo del rap. Cosa ti motiva a rimanere così attivo e rilevante nella scena?

«Sono, per così dire, motivato da una voglia continua di fare musica e aggiungere tasselli alla mia discografia. Essere attivo creativamente con il rap fa parte di me, è prima di tutto una valvola di sfogo che spesso riesce a essere anche terapeutica per me stesso. Poi c’è tutto il resto, e se sono rilevante lo devono dire gli altri, io cerco di fare del mio meglio».

Guardando indietro alla tua carriera, c’è un momento particolare di cui sei particolarmente orgoglioso?

«Sì, se guardo indietro al mio percorso sono particolarmente orgoglioso del 2017 / 2018, anni in cui sono usciti prima L’Era Della Bestia e poi Eldorado. Quei dischi mi hanno fatto steppare di livello e so che la gente li ascolta ancora oggi dopo diversi anni. Sono anche contento di essere riuscito a realizzare un album con Truman Simbio nel 2015: non è stato per niente facile ma siamo riusciti a concludere un gran disco anche in quell’occasione. Io ho iniziato a rappare con lui, prima dipingevo solo, e quel progetto significa tanto».

Sei stato coinvolto nel progetto World Take Over degli Onyx nel 2023. Puoi raccontarci di più su questa esperienza e su cosa hai imparato lavorando con un gruppo così leggendario?

«Ormai sono diversi anni che abbiamo rapporti con gli Onyx e Manu (DJ Illegal): sono stati in studio da me due volte nelle ultime occasioni in cui sono tornati in Italia, per l’appunto. Loro sono uno dei miei gruppi preferiti e chi conosce la mia musica penso che lo possa confermare perché sicuramente mi hanno influenzato enormemente. Ricordo un aneddoto di quando uscì “Save The Last Dance” al cinema: ero ragazzino, andai a guardarlo e riconobbi Fredro Starr… be’, mai avrei detto che, anni dopo, avrei partecipato a un loro disco. Questa per me, ovviamente, è una delle soddisfazioni più grandi di sempre. Da loro posso dire di aver imparato cos’è l’Hip Hop e intendo nel senso più stretto, culturalmente, il rap… portare questa musica in giro per il mondo e vivere di questo: loro sono sempre in tour e in produzione, e così ne hanno fatto un lavoro, ma non è solo quello, appunto».



Il rap è cambiato molto negli ultimi decenni. Come vedi l’evoluzione del genere e quale pensi sia il tuo ruolo in questo panorama in continua trasformazione?

«Il rap è cambiato tanto, sia in bene sia in male nello stesso tempo. Oggi mi sembra che ci sia molta più attenzione anche a quello che succede altrove, appunto, e questo è un bene. Da un altro punto di vista il pubblico italiano è generalista e i veri amanti del genere sono ancora pochi. Questo fa sì che se ne risenta ai livelli “bassi” ma anche a quelli alti: per questo è tutto molto più social-centrico di quanto dovrebbe essere. Ormai gli artisti si misurano in popolarità e non più in talento, soprattutto in Italia. Il mio ruolo è quello di essere coerente con me stesso e con il mio percorso personale, non ho particolari pretese se non di fare musica sempre più di qualità, perché fondamentalmente è quello che mi piace fare e sono grato che ci siano persone che lo apprezzano. Ho intenzione di fare nuovi progetti Mad Soul e sostanzialmente lavorare sul nostro giro, che ormai è rodato negli anni».

Infine, cosa speri che i tuoi fan traggano dall’ascolto di All Eyes On Beast e quale messaggio vuoi trasmettere con questo album?

«Spero che i miei fan traggano l’essenza di questo album, ovvero un disco hip hop a 360°, potente e al contempo fresco e autentico, quindi rappresentativo di tutto quello che è un po’ il nostro movimento. Sia a livello di sound che di contenuti volevamo fare un album che suonasse un po’ duemila e secondo me ci siamo riusciti. Speriamo che gasi la gente».