Abbiamo realizzato un’intervista a Zampa, fresco di ristampa del suo classico Lupo Solitario.
Vi sono alcuni anni di storia del rap italiano di cui tutt’ora tanti ascoltatori ignorano le uscite discografiche. Mi riferisco al periodo iniziale degli anni duemila, considerato un momento buio per molti, nel quale tuttavia vennero alla luce alcuni lavori di innegabile qualità. Paradossalmente l’aver pubblicato qualcosa in quegli anni potrebbe aver costituito un’arma a doppio taglio per gli artisti in questione, non degnati forse della giusta considerazione, ma la verità è che fare un disco di spessore in alcuni anni era davvero difficile, per tanti motivi, e il solo sforzo di chiudere un lavoro di livello dovrebbe conferire rispetto, attenzione e riconoscenza a questi rapper anche nell’attualità.
Purtroppo tanti media di settore evitano sistematicamente di parlare di certe uscite – a differenza di quanto fanno parallelamente portali di riferimento di altri generi o branche artistiche – per la dura legge del like, ma chi ama il rap non può non conoscere alcuni classici della doppia H italiana. Uno di questi è sicuramente Lupo Solitario di Zampa, pubblicato nel 2004 dall’artista veronese per Vibrarecords. In verità all’epoca l’album ebbe una discreta considerazione e anche negli anni vi è stata una costante spinta dal basso nei confronti dell’LP – che ha spinto alla ristampa dello stesso – ma comunque a nostro avviso minore dell’effettivo valore della produzione.
Per il quindicesimo anniversario di Lupo Solitario abbiamo deciso di realizzare un’intervista a Zampa, nella quale abbiamo toccato diversi tasti, dagli anni dell’uscita arrivando sino ai progetti futuri dell’artista. Ecco cosa ci siamo detti:
Ciao Zampa, è da poco uscita la ristampa del tuo primo disco Lupo Solitario per Tannen Records, in occasione del quindicesimo anniversario dell’LP: come è nata l’idea e come sono andati i primi giorni dopo l’uscita?
«Sarò onesto: tutto è nato dai messaggi e dalla fotta di chi mi segue. In questi anni ho ricevuto talmente tante richieste di stampare Lupo Solitario in vinile che, a un certo punto, ho detto “ok, facciamolo”. Poi, come sempre, le cose accadono quando devono accadere. Il 15mo anniversario, la collaborazione con Tannen Records e Mother Tongue, tutte le pedine si sono disposte sulla scacchiera al momento giusto. Per quanto riguarda l’accoglienza iniziale, mi sembra ottima. Le due edizioni colorate (gialla e trasparente) sono andate sold out in poche ore e le copie “regolari” viaggiano alla grande.»
Negli anni il disco è diventato un piccolo classico del rap italiano, perlomeno tra gli appassionati di un certo tipo. All’epoca della pubblicazione, avresti mai immaginato di dare vita ad un disco che, a suo modo, ha segnato – assieme ad altri – un periodo del rap nostrano?
«Quando è uscito “Lupo solitario” sentivo che era un album potente. Carico, personale, con un bel suono. Ma molto diverso dalle altre cose che c’erano in giro in quel momento, sia come immaginario sia come tematiche. Quindi non pensavo né che girasse così tanto né che potesse arrivare a così tante persone. Poi, senza internet, senza radio, senza tv, la roba per ascoltartela dovevi proprio andartela a cercare, non è come oggi che ti arriva addosso. C’è stato un momento, però, in cui ho avuto la consapevolezza che l’album stesse piacendo: quando un amico da Napoli mi chiamò per dirmi che vendevano il cd taroccato di “Lupo solitario” al mercato dei Quartieri Spagnoli!»
Dopo tutti questi anni sei ancora soddisfatto dell’album o c’è qualcosa che cambieresti?
«Come potrei non essere soddisfatto di un album che, a distanza di 15 anni, è ancora così vivo? Oggi scrivo e canto in maniera diversa, ma “Lupo solitario” è stato un disco seminale per tutto quello che ho fatto e scritto dopo.»
Personalmente credo che dischi come Lupo Solitario potrebbero piacere anche ai più giovani ascoltatori del rap italiano (perlomeno una parte) ma che talvolta fanno difficoltà ad arrivare alle orecchie di queste nuove leve, in parte anche per colpa del sistema mediatico che gira attorno al genere. Sei d’accordo o reputi un certo tipo di rap troppo distante dai gusti dei ragazzi di oggi?
«È difficile rispondere alla tua domanda perché oggi è tutto così liquido e veloce che faccio fatica a capire cosa piace e a chi. Non penso sia una questione di età o di sistema, ma di cosa emoziona e cosa interessa. Io, per esempio, quando ho iniziato le cose “old school” non riuscivo a sentirle, proprio non mi piacevano. Quindi penso sia giusto che il nuovo illumini più del passato e la musica sia in costante evoluzione. E non credo neanche si faccia più fatica ad arrivare alle nuove leve, anzi. Per dirti, al live di presentazione del vinile c’erano un sacco di ragazzi giovani che sapevano tutto l’album a memoria. Persone che, quando è uscito “Lupo solitario”, avranno avuto 5/6 anni. È una cosa che mi ha stupito e mi ha fatto dannatamente piacere. Anche la maggior parte di chi ha comprato il vinile è under30.»
C’è qualche aneddoto che ricordi ancora relativo alla lavorazione o alla pubblicazione del disco?
«Qualche? Potrei scrivere un libro a riguardo! Senza dubbio il ricordo più indelebile è legato al video di “Nuts”. Credo ci sia gente che non si è ancora ripresa da quella serata…»
Negli anni, con una certa regolarità, hai sempre continuato a fare musica, a differenza di alcuni tuoi colleghi di quegli anni: cosa ti ha spinto a non smettere?
«Mi piace scrivere, tanto. E amo far musica perché è una delle poche cose che riesce a farmi stare davvero bene. Poi, io sono dalla scuola del buio vero, quella del periodo in cui non c’era un cazzo di nulla; e in più vengo dalla provincia e dalla nebbia quindi, successo o non successo, per me in realtà non è mai cambiato niente.»
Otto mesi fa hai pubblicato Una famiglia universale, un brano pubblicato in concomitanza del Family Day a Verona, la tua città, per criticare in rima alcuni dei concetti oggetto del convegno, volto, tra gli altri motivi, a screditare ogni tipo di famiglia “non tradizionale”. Come è nato il brano? Eventi e situazioni come questa, nel corso degli anni, ti hanno mai fatto riflettere sull’idea che avevi della tua città, da sempre protagonista di alcuni dei tuoi brani?
«Verona è una città piccola, bigotta, chiusa e provinciale. Ma è anche la città più bella del mondo. Un po’ come i veronesi. Nella mia vita sono scappato da Verona millemila volte, ma poi sono sempre tornato. Da qui il rapporto di amore e odio che puoi trovare nei miei pezzi. Negli ultimi anni, però, Verona è cambiata molto, in meglio: è più viva, più aperta, più interessante, più multiculturale. E anche i veronesi sono cambiati molto. Per colpa di qualche frustrato che pensa di essere nel Medioevo, però, la città viene spesso dipinta in un modo diverso da quella che è. “Una famiglia universale” è nata il pomeriggio prima del Family Day, quando io e Capstan ci siamo trovati a casa mia e abbiamo deciso di esporci in prima persona per mostrare la vera anima della nostra città. E per tracciare una linea netta tra noi e i frustrati di cui sopra. Ovviamente l’abbiamo fatto nell’unico modo in cui siamo capaci: col rap.»
La tua carriera è vicina a compiere i venti anni di età: qual è il pezzo a cui sei più legato di tutta la tua discografia?
«Il pezzo a cui sono più legato è sempre l’ultimo pezzo che ho registrato, e non potrebbe essere altrimenti. Di “Lupo solitario” sono emotivamente incatenato a “L’ultimo sogno” e “La vita va avanti”.»
Ti piacerebbe collaborare con qualche rapper della nuova scuola? E al di là dei più giovani qual è il featuring italiano che più ti piacerebbe chiudere?
«Certo, di nuovi c’è un sacco di gente fortissima. Massimo Pericolo, Lazza, Vegas Jones, William Pascal, Silla Felix sono quelli che quest’anno mi hanno colpito di più. Tra gli italiani con cui non ho ancora collaborato invece ti dico Johnny Marsiglia e Lil Pin.»
Dopo la ristampa di Lupo Solitario cosa dobbiamo aspettarci da Zampa?
«Tanta musica nuova. Anche se al momento sono un po’ fuori dai riflettori, non ho certo l’intenzione di smettere di scrivere e registrare. Nel 2019 ho chiuso tanti featuring per altri artisti, ma nel 2020 uscirà sicuramente qualcosa di mio. Sarà diverso da tutto quello che ho già fatto in passato, ma 100% Mr. Zampini.»