Nesliving IV, l’odio per la scena, l’essere un produttore e un autore per altri – Intervista a Nesli

Come vi abbiamo raccontato qualche giorno fa, è uscito l’album Nesliving IV – Il Seme Cattivo: per l’occasione Francesco Tarducci, in arte Nesli, ci ha rilasciato un’intervista.

Ci siamo trovati al telefono con un artista che per un’ultima volta ha voluto mettersi in gioco, mettendo tutto sé stesso nelle ventidue tracce del disco. Qui sono presenti tutte le influenze musicali di Nesli, al primo posto il rap, che lui non rinnega assolutamente, per quanto prenda le distanze dalla scena.

Nesli ha le idee molto chiare e ci ha raccontato il suo punto di vista, sottolineando contraddizioni che fanno parte dell’hip-hop dagli albori che vi invitiamo a leggere.

Di seguito trovate la nostra chiacchierata!

La nostra intervista a Nesli in occasione della pubblicazione di Nesliving IV – Il Seme Cattivo

Ciao! Grazie mille della disponibilità e del tempo che ci dedichi! Come va?

«Bene bene, tu sei l’ultimo di una giornata bella intensa, sono contento! Cioè, non che tu sia l’ultimo sono contento. Della giornata intensa, sono contento! (ride, ndr)»

Immagino sia impegnativo…

«Si, ma è stata una bella giornata e poi il disco a voi “addetti ai lavori” sta piacendo e non me lo aspettavo. Sono contento!»

A me personalmente il disco è piaciuto molto!

«Mi fa molto piacere!»

Io non sono proprio un giornalista, quindi sono “addetto ai lavori” fino a un certo punto. Prima di tutto sono un ascoltatore, soprattutto di rap, quindi ti conosco e ti seguo da un bel po’ di anni, almeno quindici diciamo…

«Mi fa molto piacere, allora dà ancora più valore al tuo giudizio, alla tua opinione»

Infatti la prima cosa che ho pensato ascoltando il disco e i singoli che lo hanno preceduto è stata: bene, Nesli finalmente è tornato a rappare! Tu avevi detto di aver chiuso con il rap perché non ti trovavi a tuo agio con quel metodo di scrittura e l’utilizzo di tante parole.

«Esatto!»

Invece stavolta sei tornato a rappare proprio come ai vecchi tempi. Qual è stato l’input che ti ha spinto a fare un disco di questo tipo?

«Sicuramente il fatto che sono tornato a produrre, cosa che non era avvenuta negli ultimi album perché la produzione e il team di lavoro erano altri e facevano anche altra musica. Quello è stato un percorso lavorativo per me e nient’altro. La cosa che mi ha stimolato è stata sicuramente la produzione. Mi sono comprato un Akai MPC One, che è l’ultima versione di quel mondo lì, che mi apparteneva tanto, me la sono studiata, sono impazzito e mi sono messo a far quello. Di conseguenza avevo quella roba sotto le mani e sono tornato a rappare ma canto, parlo intorno… cioè, è il mondo Nesli a 360 gradi. È anche un po’ il mondo di quel crossover che poi ha portato l’urban, ha portato alcune forme della indie. Quindi diciamo che mi sono riappropriato di una libertà espressiva che mi è sempre appartenuta che, però, in quel momento mi sentivo stretta perché volevo esplorare altre terre e misurarmi anche io in altri modi. Però nel momento in cui ho avuto l’Akai, le produzioni, le basi… mi è venuto abbastanza naturale»

Ti è venuto bene!

«Bene non lo so, perché adesso, con tutti questi ragazzini che ci sono, che rappano prima di iniziare a parlare è dura. Però sicuramente lo so fare. Ecco, quello sì! Poi se bene o male lo deciderà il pubblico. Però si, è il mio mondo quello»

Per quanto riguarda la produzione tu hai mai pensato o hai in programma di produrre per altri?

«La domanda è interessante perché questo è il mio ultimo album in carriera da cantante. Perché poi io mi dedicherò a fare l’autore per altri cantanti e nessuno mi ha fatto la domanda del produttore. Perché io lo sono, ma non ho mai pensato di farlo per altri. Non mi è stato mai neanche chiesto, ma perché non mi sono mai messo in quella competizione lì. È una bella domanda: non mi dispiacerebbe. Perché sicuramente è un mondo che mastico. Ma come ti dicevo prima, rispetto al momento, ci sono davvero tanti giovani e giovanissimi che lo fanno. E la prerogativa dei giovani è essere (perché anche io lo sono stato, tanto) un po’ teste di cazzo. Cioè, “so tutto io, faccio tutto io”… e io in quella roba lì non mi ci saprei trovare. È per quello che ho detto ok, allora la produzione non ve la vendo nemmeno. Però rispondendo alla domanda ti direi di sì e sarebbe una roba figa»

E riguardo alla scena hip-hop tu che cosa ne pensi? Perché ok, ti sei distaccato completamente da tanti anni, ma in questo disco vediamo che sono dentro una serie di featuring di artisti facenti parte della scena attuale. Tu la continui a seguire, ascolti qualcuno?

«Io ascolto sempre tutto e tutti. Sono uno ultra-informato della musica, di tutte le uscite. Avevo scoperto Rkomi e Tedua prima che svoltassero. Perché mi piace ascoltare, scoprire i talenti e soprattutto riconoscerli. Diciamo che io sono uscito dal discorso di “genere”. Per me il rap è una musica, come tante altre. Non mi sono mai più posto il fatto di un ambiente di cui ne fai parte o non ne fai parte. E io non l’ho mai rappresentato quell’ambiente, né quel genere musicale. Io ho rappresentato sempre me stesso, nel bene e nel male. Però ascolto, assolutamente!»

Ascoltando il disco, un’altra cosa che mi ha colpito abbastanza, sono proprio i contenuti. Rispetto almeno agli ultimi 3-4 album precedenti dove tutto girava intorno al concetto dell’amore, stavolta ho notato molto di più la rabbia.

«Assolutamente sì»

Senza entrare troppo nel personale volevamo chiederti com’è cambiata la tua vita dopo l’ultimo album, dopo Vengo in Pace.

«Guarda, quelli fanno parte di una trilogia, come ti dicevo, in cui io mi sono affidato ad un team di produzione molto diverso da me, che veniva da una musica molto diversa dalla mia, un metodo di lavoro molto diverso dal mio. In realtà l’ho fatto perché io lì volevo migliorare, imparare qualcosa di diverso e di nuovo. Quindi nel momento in cui ti misuri con altre realtà non puoi essere sempre te stesso. Quello è un percorso che ho voluto (e in qualche modo dovuto) fare. Poi è vero: lì parlavo tanto d’amore. Ma ti confesso una cosa (perché io sono avanti anni luce, nel bene e nel male): mo’ parlano tutti d’amore, o sbaglio? Marracash ha svoltato quando? Quando sapevano i cazzi suoi, chi si portava a letto e il disco parla di quello. A me, mi criticavano: “Nesli, minchia, Nesli ha il disco che parla d’amore…” in realtà lo facevo quando non era di moda. Cioè, io lo facevo perché lo volevo fare io, non perché la gente intorno lo faceva e doveva essere fatto. Poi la gente diceva: “minchia, questo rappava adesso fa le canzoni d’amore”. Adesso io faccio quella roba lì e la gente le canzoni d’amore. Capito, a me piace viaggiare nel tempo, non stare lì ad aspettare che le cose arrivino suggerite, dettate. E con quello io mi riconosco pioniere. La scena hip-hop/rap: perché io sono uscito da quell’ambiente? Perché è stupido, è un ambiente stupido!»

È forse un po’ chiuso…

«No, no, non è chiuso, è proprio stupido! Il fatto di censurare epoche, di censurare artisti, censurare dischi, solamente perché non rientri nel circoletto ti fa capire che a loro, all’ambiente stesso, della cultura e dell’ambiente non gliene frega un cazzo. A loro gliene frega solo autocelebrarsi e basta. Perché se così non fosse Raige continuava a fare dischi. Se così non fosse, uno Shorty sarebbe il numero uno. Se così non fosse Jack The Smoker farebbe i palazzetti. Io sono molto più avanti dell’hip-hop e di tanti che sono stati dentro quell’ambiente. Quando ho capito che era un gioco, come puoi accettare di farne parte? Per questo io me ne sono tirato fuori. Non perché io non fossi amante di quella cultura e di quel mondo. Io da lì vengo e non l’ho mai rinnegato. È che quella cultura si è rinnegata. Cioè, Bassi Maestro ha investito una vita, affinché la gente, il popolo, non prendesse i rapper come degli imbecilli che fanno dei gesti come le scimmie e si vestono come dei quindicenni ritardati. Ci abbiamo messo una vita! Oh, gli hanno dato l’opportunità di farlo, che hanno fatto questi? Sembrano tutti una copia di Vanilla Ice! È lercissimo! All’ambiente, dell’ambiente non interessa. Non gliene è mai fregato un cazzo. Come non gliene è mai interessato di valorizzare i veri artisti. A loro interessa essere “l’amico dell’amico”. Funzionano i dischi dove dentro ci sono gli “amici degli amici”. Che poi a un certo punto per fare i dischi devi fare i Festival. Per fare i concerti sold-out devi chiamarli tutti. Capisci?»

Quest’ultimo meccanismo è esattamente così, come lo descrivi…

«Io sono fan di Egreen. Lui spacca, ho sentito il disco, il progetto, una figata! E guarda Egreen che cazzo di culo si deve fare. Quindi qual è l’ambiente? Quello che celebra i successi di quelli che fingono di farlo poi fanno canzoncine pop stupide o chi se lo meritava davvero? Io sono stato uno dei primi censurati: si parla di Mr. Simpatia, mica si parla di chi lo ha prodotto! Ovviamente, perchè il fratello di Fibra, va censurato… Un ambiente che omette la storia non ha motivo e non merita di esistere. Non riconosce sé stesso»

l lavoro che avevi fatto tu Mr. Simpatia è qualcosa di incredibile che purtroppo è passato troppo in secondo piano…

«No, non è passato in secondo piano, è stato censurato! Vacca è stato censurato. L’hai sentito il disco di Vacca?»

Sì!

«Piscia in testa a tre quarti della scena. Dov’è Vacca? Vacca ha pestato i piedi sbagliati ed è sparito. Questo è l’ambiente di cui parliamo… è la malavita»

Purtroppo non far parte delle etichette o di certi gruppi ti limita abbastanza, in termini di visibilità.

«Sì, però questa roba qui è vecchia. Questa roba qui la faceva Suge Knight e a me sta storia non me la insegna nessuno, la so meglio di tutti! Suge Knight è all’ergastolo. Hai visto quanti artisti ha distrutto quel cazzo di malavitoso? Tupac è morto per quelle dinamiche. Notorious B.I.G. è morto per quelle dinamiche. Big L è morto per quelle dinamiche. Io la schifo quella roba! Io rispetto la musica, il potere che ha, le canzoni, l’arte, il flow, le rime, le basi, tutto quello per me, ben venga! Ho fatto un disco nel 2023 con un Akai. Sono 22 tracce per 80 minuti: sono più hip-hop io di tutti i cappellini storti che mi puoi presentare davanti.»

Tornando al disco: tu il nome Nesliving lo hai dato già ad altri album prima di questo che sono album un po’ particolari rispetto al resto della tua discografia. Cos’è che li accomuna?

«Li accomuna il fatto di essere dei mixtape, quelli che noi chiamavamo mixtape. Quindi liberi da tutte quelle dinamiche discografiche che comporta un’uscita ufficiale. Se ci fai caso, i miei Nesliving sono usciti tutti per etichette indipendenti o altri portali. Quindi Nesliving è proprio sinonimo di mixtape che mi fa essere libero di esprimermi e di non stare a dire se rappo, canto… Vado: faccio la mia musica. Nesliving ha questo potere»

E tornando su quello che dicevi prima: questo sarà il tuo ultimo disco?

«Questo sì, è il mio ultimo disco da cantante. Perché poi mi dedicherò completamente alla carriera da autore, scrivere per altri, che mi diverte tantissimo (vedi alla voce: Lazza, La Fine a Sanremo). Mi lascia più libero e soprattutto mi fa uscire fuori da tutte quelle dinamiche di cui parlavamo prima, no? Quelle sono dinamiche che riguardano i cantanti e gli sportivi. Io davvero sono molto più real di quello che quell’ambiente rap ha voluto far credere. Sono molto più fedele a determinate dinamiche con le quali sono nato, che non rinnego! Ma non è la musica. Non è se parlo di amore chi fa spostare l’asticella. È indicare la luna e guardare sempre il dito: è lo stesso esempio. Ho deciso di fare questo perché è una gara che non mi piace più. È una gara che per altro, quando vinci ti dicono che non hai vinto un cazzo! Però invece le canzoni mi piace farle. Mi piace vedere quello che creano. Ti ripeto, Lazza a Sanremo 2023 con La Fine mi ha fatto effetto. Quindi sono contento che le canzoni possano vivere in quel modo anche in bocca ad artisti lontani di epoche, generazioni e musicalmente diversi. Però a me piace far pezzi, ecco, e la discografia di oggi ti limita. Tutto questo escludendo me, che pubblico un album di ventidue canzoni»

Infatti ti volevo chiedere proprio anche questo. Com’è che qua hai messo dentro ben 22 canzoni? Mentre i tuoi dischi precedenti sono sempre stati dischi abbastanza brevi…

«Perché qui avevo il potere decisionale totale. E la direzione artistica. Perché qui ero libero. Libero di esprimermi. Il racconto passava per tutti quegli episodi. Ne abbiamo tagliate pochissime. Erano ventotto, ne abbiamo messe ventidue (e due tra l’altro sono accorpate, quindi ventiquattro). Ne abbiamo scartate davvero poche»

Per la pubblicazione di questo disco, tu sei partito pubblicando dei singoli lontanissimo, perché i primi singoli sono usciti un anno fa ormai. Anche questa è stata una scelta tua?

«Una scelta mia, sì! Che poi non erano veri e propri singoli perché soltanto due sono stati presentati alle radio: Terra di Confine e Salvami. Gli altri non sono mai stati presentati alle radio quindi non sono usciti come singoli, ma come anticipazioni, diciamo, chiamiamoli così. Che qualcuno ha colto e qualcun altro se li ritroverà nell’album con la sorpresa magari dei feat e quant’altro»

Per quanto riguarda il pubblico? Che pubblico ti aspetti che possa seguire questo disco?

«Sai che mi fai una domanda proprio ch forse fino ad un mese fa ancora ci pensavo. Ad oggi rivendico di essere un artista a cui non gliene frega assolutamente nulla. E vuoi di più? Non mi interessa. Lo ascolterà chi è in grado di capirlo. Lo ascolterà chi ha voglia di ascoltarsi un album, ma io non so chi c’è dall’altra parte: chi è fan di Nesli come è fatto, di che colore ha i capelli o come si veste. Probabilmente non lo noti, perché è una persona normalissima, quindi non saprei dirti a chi parlo. Anzi, io non parlo al pubblico in questo album e non mi aspetto di sapere cosa ne pensa. Non mi interessa. Non gli darò voce, ma non perché non voglio che il mio pubblico parli e si esprima assolutamente, vivaddio lo facessero! Ma non dicendomi cosa pensano del mio disco. Non facendo i critici. Ti piace? Ascoltalo, cantalo, condividilo. Non ti piace? Non mi interessa il tuo punto di vista. Perché non è questo l’obbiettivo di questo album. In questo album voglio riportare all’attenzione il ruolo di un artista. Di uno che scrive i pezzi, che deve dire qualcosa. Non deve compiacere sempre il pubblico per fare stream. E così il racconto finisce. Per questo ho deciso che è l’ultimo album, ho deciso che non avrà un tour. Questo album non vuole vendere niente. Non dice “sono figo, comprami”. Assolutamente no. È lì ed esiste. Se hai tempo, voglia di dedicarci attenzione bene, mi fa piacere. E dentro potrai trovare cose che parlano anche a te. Altrimenti il disco (non io, eh!)  è un presuntuosetto. Lui quello che deve dire lo dice lì: ventidue tracce muovono mari e monti. Fare un disco oggi è complicatissimo. I feat, la produzione… è tutto lì. E voglio riportare l’attenzione lì»

Infatti è un disco molto esplicativo! Anche io a fare le domande ero un po’ in difficoltà perché alla fine hai già detto tutto all’interno del disco, quindi è inutile che ti stia a chiedere tantissime cose…

«Guarda, sono molto contento che tu lo abbia recepito così. Grazie anche per questa chiacchierata. Spero che sia stata anche per te positiva. Mi ha fatto molto piacere»

Per me tantissimo! Grazie mille!

«Ti mando un abbraccio, buon lavoro!”

Ringraziando ancora Francesco Nesli Tarducci per l’intervista che ci ha lasciato, vi invitiamo ad ascoltare il suo ultimo disco, Nesliving IV – Il Seme Cattivo.