In attesa di nuova musica targata Dat Boi Dee, abbiamo colto l’occasione per realizzare un’intervista con il noto produttore napoletano in merito ai suoi ultimi lavori e non solo.
Hood Love con J Lord e Baby Gang e More Love di J Lord sono le sue produzioni più recenti, ma prossimamente ne sentiremo molte altre.
Vediamo insieme cosa ci ha detto.
La nostra intervista a Dat Boi Dee, tra passato, presente e futuro.
Ciao Davide, quest’anno rispetto agli anni passati il tuo nome si è letto meno nei crediti delle produzioni: c’è qualcosa di nuovo a cui ti sei dedicato che arriverà ad anno nuovo?
«Sono sotto più di sei mesi a fare un’infinità di brani, credo che l’anno prossimo ne usciranno almeno una cinquantina, quindi siamo sotto con il lavoro, come piace a noi».
Facendo un passo indietro e parlando della tua figura in generale, leggendo la tua biografia esce fuori che nel corso degli anni hai fatto una bella gavetta. Produci da tanto tempo, anche se probabilmente molte persone ti hanno conosciuto recentemente per gli ultimi grandi successi. A che punto pensi di trovarti nella tua carriera?
«Io penso di aver appena iniziato, la gavetta è stata lunghissima e sicuramente diciamo che mi ha formato, è stata una scuola. Oggi personalmente mi sento di aver appena iniziato il mio programma di vita, 1% se vogliamo tradurlo in percentuale».
Parlaci un po’ del tuo rapporto con J Lord dato che la maggior parte delle sue produzioni sono legate a te e, se posso permettermi, sei stato il primo ad averci creduto subito. Raccontaci come è iniziato il tutto e come avete cominciato a lavorare insieme.
«Dopo Emanuele, dopo aver fatto il disco, dopo il primo grande ciclo – Lele Blade, Mv Killa, Yung Snapp, Geolier – e tutte le altre robe che ho fatto prima, ho deciso di chiudere il ciclo perché volevo trovare un altro artista per iniziarne un altro. Girando su internet mi è capitato spesso e volentieri il suo nome su YouTube, dopodiché un carissimo amico, Giacomo, mi disse che c’era la possibilità di conoscerlo per lavorarci insieme. Dopo un tentennamento da parte mia, solo perché ero impegnato e non sapevo se sarei mai riuscito a dedicarmi realmente alla cosa, ho deciso di incontralo e da lì veramente non ci siamo separati più, è stato h24 in studio a fare musica su musica».
Inerente a quello che hai detto, tu hai parlato di primo ciclo e di secondo ciclo. In questo secondo ciclo c’è solo J lord o il cerchio si è già ampliato?
«No, ti dico la verità sono a lavoro su moltissimi progetti nuovi di artisti emergenti che stanno venendo fuori. É la parte bella del mio lavoro, la parte che preferisco, in termini di carriera sarò sempre impegnato a fare questo tipo di cose, è quello che mi motiva, così magari per esempio quest’anno mi è capitato di dare una mano ai ragazzi con Vettosi così come l’anno prossimo lancerò un altro artista. Ci sono tante cosa in ballo con artisti emergenti, in percentuale Napoli è piena, c’è bisogno di farli uscire».
In parallelo continui sempre con il primo ciclo?
«Sì quella è una roba che non è possibile abbandonare, per il semplice motivo che siamo noi, più per una cosa identitaria della nostra città».
Parlando di Hood Love come è nato anche il rapporto con Baby Gang?
«La scelta di Baby Gang è stato probabilmente un caso, nel senso: il pezzo aveva solo la strofa di J Lord e avevo già preventivato che sarebbe stato il mio singolo, dovevamo cercare un artista da mettergli vicino ed è capitato che ci siamo beccati con Baby Gang e Milano un po’ di tempo fa, a inizio gennaio. In quel periodo io avevo appena scoperto Cella 2 e siamo riusciti a beccarci in studio e mi sono sentito abbastanza confidente da chiederli quella cosa. Lui è stato entusiasta sin da subito, infatti l’abbiamo registrata la sera stessa. La scelta di metterli insieme è fondamentalmente l’idea di creare un immaginario che spaventa il nostro Paese, volevamo dargli voce. Rappresentano un po’ tutta la nuova generazione melting pot in questo senso, rappresentano la difficoltà del Paese ad accettare determinate cose. Hood Love per me è un manifesto».
Questo singolo andrà a far parte di un progetto più ampio?
«Non lo so ancora, per il momento non sto pensando a un album, sono concentrato su tutti i progetti da lanciare, mi piacerebbe ci fosse molta più scena napoletano nel mio album, vorrei che ci fossero tanti artisti che meritano di essere tirati fuori da questo posto, quindi finché non mi sentirò appagato in questo senso, non mi sentirò di fare un mio album. nel mio album l’identità sarà tutto, sono napoletano e cin sarà Napoli nel disco».
Recentemente ha realizzato un beat per BSMT 105 di Moko e Fabio B: grazie a questo format sei riuscito a trovare qualche nuova leva talentuosa?
«Queste sono attività che faccio da tempo, anche durante la prima quarantena mi è capitato di scoprire veramente una cifra di ragazzi come per esempio Intifaya, il quale sta venendo fuori con un sacco di musica forte. Nel caso di 105 mi è capitato di scoprire un ragazzo che non avesse mandato il freestyle al format, l’ho visto dalle storie dato che mi arrivavano molteplici tag. Ho scoperto questo ragazzo che potrebbe avere la stoffa, non napoletano, staremo a vedere».
Come detto in precedenza hai lavorato a Emanuele, il primo album ufficiale di Geolier, che è stato pubblicato in un periodo in cui tutti i riflettori erano puntati su di voi: come è stato tutto il percorso?
«É stato il mio primo lavora da direttore artistico in progetto, quindi lo sento particolarmente mio. Siamo riusciti a fare quello che abbiamo fatto per il semplice motivo che dei riflettori non ci interessava, ci siamo chiusi molto di più nello studio come fosse un bunker, era il nostro scudo da quello che succedeva fuori, almeno per provare e non essere distratti da cose che possono far deconcentrare dall’obiettivo principale, forse è stato un pò quello il segreto. Alla fine l’album è un consolidato di quello che l’artista ha vissuto: abbiamo vissuto questo momento come un’esperienza introspettiva per tutte le persone dello studio, ognuno ci ha messo qualcosa di suo. É stato praticamente chiudersi in un bunker per un anno».
Parlando di beat, quali sono le tue 5 produzione preferite a cui hai lavorato, o perlomeno sei più affezionato?
«Ti posso dire Broken Language, Hood Love sicuramente, Vamos Pa La Banca, Capo e i Moncler di Emanuele: sono le prime che mi sono venute in mente, mi sono basato sul fatto che sono cose che ancora oggi ascolto. Quindi se le ascolto ancora oggi vuol dire che sono le mie preferite».
Con gli altri producer della scena italiana che rapporto hai? C’è qualcuno con cui vorresti collaborare?
«Ti dico, fondamentalmente mi piacerebbe collaborare con tutti, sono una persona che ama la condivisione in studio, perché è così che si crea qualcosa di nuovo effettivamente. Bene o male ci conosciamo un pò tutti, sicuramente ho un rapporto di stima reciproca con AVA, ci sentiamo spesso e ci vediamo».
Guardando oltre oceano ci sono produttori a cui ti ispiri? Leggendo la tua biografia parlavi di Timbaland e Dr.Dre, sono sempre loro?
«Ti dico la verità, sono sempre le stesse, è la musica che ascolto tutti i giorni, è musica con la quale sono cresciuto, Dr Dre ce l’ho tatuato addosso, è una cosa che fa parte di me. Nella musica nuova non riesco a trovare persone che mi ispirano in un certo senso, non vedo questi santoni, di conseguenza mi chiudo un po’ in quello che conosco. Non sono ispirato ad ascoltare cose nuove negli ultimi periodi. Sono super fedele alla tradizione».
In attesa di ulteriori pubblicazioni, ringraziamo Dat Boi Dee per l’intervista e vi lasciamo il link delle sue due ultime produzioni.
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