Ormai l’intero settore discografico mondiale si sta chiedendo una domanda, che sembra cruciale per l’orizzonte prossimo del mondo musicale: l’intelligenza artificiale sostituirà gli artisti?
La capacità che l’intelligenza artificiale ha di ricreare le voci degli artisti musicali in maniera pressoché identica, e di poterle stampare su qualsiasi canzone, è uno strumento che rischia di rendere il mestiere dei suddetti al limite dell’obsoleto. Abbiamo discusso questo argomento in maniera approfondita sul nostro podcast No Tellin’ di recente, ed oggi riproponiamo l’argomento per raccontare cosa sta succedendo in questo periodo storico con l’arrivo di questo strumento, tanto innovativo e geniale, quanto inquietante e potenzialmente pericoloso.
L’arrivo dell’intelligenza artificiale nella musica
Sull’intelligenza artificiale ci sono molteplici scuole di pensiero, e col crescere della questione si stanno facendo sempre più rumorose. Dal punto di vista tecnico, è definibile come una disciplina che studia la possibilità di rendere sistemi di intelligenza informatici intercambiabili alle capacità ad oggi insostituibili del comportamento e del pensiero umano.
Il punto di vista di molti a riguardo è quello di un’arte ignobile, col dannoso fine di proiettarci verso un distopico futuro alla Io, robot, mentre altri lo vedono come un sano evolversi delle tecnologie che stanno digitalizzando il mondo.
Di sicuro ascoltare la cover di un fittizio Kanye West su In Da Club di 50 Cent, lascia la bocca spalancata a qualsiasi ascoltatore per quanto il prodotto sia assurdamente realistico.
Cover di questo genere continuano a spuntare a bizzeffe sul web e, ormai, è innegabilmente inevitabile l’approdo di questo strumento nei nuovi arrangiamenti musicali, come fu per l’AutoTune all’inizio di questo secolo. La domanda resta solo una: come?
Il primo artista big a livello commerciale ad aver abbracciato ufficialmente lo strumento è niente di meno che il celebre DJ David Guetta, che ha utilizzato l’intelligenza artificiale per ricreare la voce di Eminem da utilizzare come preludio dei drop dei suoi brani durante le sue esibizioni live.
In un video, dove nel titolo mette le mani avanti con un “ovviamente non lo rilascerò commercialmente”, il DJ appare sorpreso e, dopo aver fatto ascoltare il prodotto alla telecamera, con il sorriso di una persona che sa l’importanza di aver catturato un trend del genere prima degli altri, esordisce con un maccheronico, breve, ma sufficiente: Eminem, bro!
Dalla sua faccia si vede tutto. Un DJ come lui, diventato famoso per avere messo insieme la voce dei grandi artisti commerciali alla sua dance elettronica, sborsando tanti soldi, si è reso conto che forse sta arrivando un giorno in cui non dovrà più sborsarne così tanti…
Ma un caso ben più controverso successo in seguito all’uso di David Guetta, legato in modo ancora più stretto al mondo hip hop, è quello di Heart On My Sleeve di Drake e The Weekend.
Heart On My Sleeve: il brano fake di Drake e The Weeknd
Nell’aprile 2023, Drake ha risposto a un video su Instagram di una sua cover generata dall’intelligenza artificiale (a stampo comico) di Munch (Feelin ‘U) della rapper americana Ice Spice, definendola “il colpo di grazia“.
La risposta di Drake è arrivata pochi giorni dopo che la sua etichetta, Universal Music Group, ha chiesto a Spotify e Apple Music di impedire alle società di intelligenza artificiale di accedere alle loro canzoni. Tuttavia ciò non ha tamponato l’incontenibile, e una manciata di giorni dopo, l’eco mediatico di Heart On My Sleeve sarebbe stato centro di discussione nel settore discografico in modo globale.
Heart On My Sleeve è un brano spuntato sulle piattaforme digitali il 4 aprile, firmato da un fantomatico artista ghostwriter977: ciò che sciocca è come il brano consista in una collaborazione tra Drake e The Weeknd, mai esistita, scritta e registrata da questo “ghostwriter”, che poi ha stampato in modo impeccabile le voci dei due artisti con l’intelligenza artificiale, sopra un beat fittizio di Metro Boomin’ (con tanto di tag), per un semplice ed orecchiabile brano di 2 minuti e 20 secondi, che nella sua verosimiglianza, ha l’odore di potenziale hit mondiale.
Il mix è sporco e chiaramente amatoriale, ma tralasciando questo, con un missaggio pulito avremmo di fronte un prodotto che gli stessi fan degli artisti replicati nel brano metterebbero nelle loro playlist, con tanto di ammissione a riguardo di molti degli stessi ascoltatori. Il brano spacca l’internet, milioni di stream e re-upload continui, con la major discografica Universal Music Group che fa rimuovere la traccia da Spotify, lasciando intendere tra le righe una notevole preoccupazione.
Sebbene l’identità di ghostwriter977 sia sconosciuta, l’utente in seguito ha dichiarato di essere un ghostwriter vittima dei giochi di business sporchi delle major discografiche. C’è chi crede e chi no, alcune testate giornalistiche speculano che ghostwriter977 sia un’idea della stessa Universal e di Drake. L’idea che un utente qualsiasi sia stato capace di produrre ciò che i mitizzati e narcisisti idoli del nuovo tempo fanno per guadagnarsi la loro gloria evidentemente spaventa.
I limiti morali dell’intelligenza artificiale nella musica
Ormai sembrerebbe che con questo nuovo approdo non ci sia più un limite, ma sarebbe il caso di stabilirne qualcuno.
Quando lo storico produttore Timbaland se ne viene fuori dicendo che ha intenzione di riesumare dalla tomba la voce di Notorious B.I.G. per un brano scritto da lui, per poi volerlo mettere in commercio, forse si sta sorpassando una linea che non andrebbe superata. Insomma, la buonanima di Biggie sarebbe d’accordo che la sua voce venga usata per cantare le parole scritte da Timbaland? Sarebbe d’accordo su questo lucro della sua arte, del suo personaggio, della sua persona, e della sua morte? Limitiamoci a dire che dichiarare che sarebbe d’accordo sarebbe un’affermazione dubbia.
Così come questo strumento sicuramente implicherà nuove leggi giuridiche che si adatteranno alla nuova realtà mondiale, allo stesso modo certi regolamenti, legislativi e morali, andrebbero stabiliti al più presto nel mondo musicale. Gli utilizzi potrebbero essere illimitati, da spot pubblicitari, al doppiaggio, alle sporche, ai featuring. L’opportunità di ricreare non solo voci pressoché mono-tono come quella di Drake, o quelle più editate e artificiose alla Lil Yachty, ma addirittura replicare performance vocali di cantanti più complessi come un The Weeknd mostra le infinite opportunità, e la grandezza di questo “cervello” tecnologico.
Bisogna considerare l’ingresso di questo nuovo strumento come una nuova arma, e come tale, necessita delle istruzioni all’uso ben precise, accuratamente studiate, e servono il prima possibile. La questione si sta allargando a macchia d’olio di giorno in giorno, con YouTube che straripa di cover e lavori del genere, ed un nuovo mercato, basato unicamente su questo nuovo metodo di creare musica, che è già massiccio, ed ha le potenzialità di prendersi ogni altra fetta di mercato discografico.
Ad oggi è una domanda difficile a cui rispondere se l’intelligenza artificiale sostituirà gli artisti, e se questo arrivo diventerà equivalente alla fotografia nel mondo delle arti visive. Saranno capaci di affrontarla al modo giusto gli artisti? E le etichette? Ma ancora più importante è chiedersi: saremo capaci di controllarla come pubblico?
Ai posteri l’ardua sentenza.
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