QVC8 è stata l’ultima release di questo ricco 2018 e rappresenta un tassello importante per la carriera di Gemitaiz.
Essere Gemitaiz non deve essere un compito facile di questi tempi. Sono sicuro che chiunque si consideri un appassionato del genere rap, segua con discreta precisione una serie di linee guida per identificare il proprio rapper preferito. Passiamo così dal fattore dei contenuti sino a quello estetico, senza dimenticare mai lo stile con cui il tutto viene proposto, che segna sempre dei punti importanti a favore. E questo 2018 sembra aver accontentato tutti.
I più nostalgici hanno così accolto positivamente ritorni illustri come quello dei Cor Veleno o del Colle, mentre la nuova generazione di fan continua a godere del periodo d’oro dei suoi beniamini. Ma Gemitaiz è uno di quegli artisti che, insieme ad altri colleghi come MadMan o Nitro, sta esattamente nel mezzo in questa situazione: gli artisti citati infatti si collocano in un periodo storico difficile da definire, in bilico tra quello che c’era prima e quello che c’è adesso. Davide in particolar modo è uno di quei rapper che è riuscito sempre ad esser qualcuno indipendentemente dallo stato di salute del rap game italiano, mettendo la sua musica ed i suoi fan prima di qualsiasi altra cosa, oltre che ad essere uno dei performer migliori dell’intera scena.
Adesso che il rap respira oro e diamanti da tutte le parti, è quasi un dovere per questa categoria di artisti riuscire ad imporsi, accontentando i fedelissimi e aprendo al tempo stesso un varco per un potenziale nuovo pubblico. Come accaduto per tanti altri colleghi, anche il 2018 rappresenta uno step importante per la carriera di Gemitaiz, che ha pubblicato il suo album ufficiale Davide ma soprattutto l’ottavo capitolo di QVC, di cui vi parleremo: il primo è rimasto costantemente nella top 5 delle classifiche italiane degli album più venduti, il secondo ha raggiunto i 600.00 download dopo una settimana.
L’essenza di QVC8 di Gemitaiz
Dalle influenze del southern rap sino all’elettronica sperimentale di Kanye West, nei suoi QVC Gemitaiz è riuscito a riprodurre una varietà di sound allucinante, riuscendo sempre a suonare nuovo e classico allo stesso tempo. Questo invece, è senza dubbio il tempo di artisti come Travis Scott o Post Malone, che hanno a loro modo ridefinito il genere. L’autotune che diventa strumento per l’artista, il beat che descrive l’atmosfera e delle liriche che vengono costruite progressivamente per immagini: elementi sui quali è costruito anche QVC8.
La cover del mixtape è già di per sé un’ottima premessa. Come spiegato dallo stesso artista, le gemelle presenti nell’artwork stanno ad indicare la somiglianza ma al tempo stesso la diversità che accomuna le tracce del tape con le controparti originali. Ed effettivamente il lavoro di ricerca e di stile che Gemitaiz applica ad ogni traccia è encomiabile. L’artista romano dimostra di avere un gran gusto per la selezione dei beat, reinterpretandoli con cura e intuendo sia i gusti dell’ascoltatore medio che di quello più esigente, magari restio alle hit solite.
Una delle rivisitazioni che più ho apprezzato – ad esempio – è stata Davi, su GOTTI di 6ix9ine. Diciamo che il ragazzo con i capelli arcobaleno non è mai riuscito ad attirare le mie simpatie, ma Gemitaiz mi ha fatto percepire questo pezzo sotto una luce diversa. Chi lo avrebbe mai detto?
Un mixtape non è un disco
Genericamente, gli argomenti stanno ai mixtape come Ultimo sta al rap: non vanno accostati. Ma Gemitaiz è stato accusato di non rappare più la sofferenza, la rabbia e la tristezza, ma di cantare soltanto di canne, donne e serate. Concetto errato, dato che dentro QVC8 in realtà c’è di tutto, dalla tristezza velata di Toradol sino a temi delicati affrontati con sottile ironia, come quello dei soldi in Che Ci Faccio. E poi, avete ascoltato l’outro arricchito dagli scratch di Bassi? Vale da sola il prezzo del biglietto per qualsiasi fan dell’artista romano o del rap in generale.
Gemitaiz ha inoltre una capacità innata di immedesimarsi nei suoi colleghi americani, abbandonando i suoi flow risaputi (semi-cit) a favore delle interpretazioni originali dei brani. In Ye Ye Ye ad esempio, una ballata atipica di Bad Bunny (Amorfoda), Davide riesce a far trasparire tutto il suo malessere, tirando in ballo la sua vita personale senza alcun timore. Così come in Rainman, che si colloca direttamente tra i pezzi più riusciti dell’anno solare dell’artista romano, grazie anche al beat di assoluto livello targato Post Malone (Patient).
“Dice se scrivi quando vivi,
dopo vivi quando muori”
È difficile trovare un brano che stoni nel complesso, eccezion fatta per Work – nonostante l’ottima voce di Martina May – che risulta essere il pezzo più forzato del progetto anche se coerente con le scelte variegate di Gemitaiz. Il tape vive di momenti molto diversi tra loro e vi permetterà di dare una chance di ascolto a quasi tutti i brani che lo compongono, potendo apprezzare anche l’ottima qualità dei featuring (molti dei quali inediti): da un Nayt (che citazione a Guè!) ancora in grande spolvero, sino a Quentin40 e Ketama, che dimostrano meritatamente di essere tra i new comers più interessanti del momento. Franchino invece, sembra ormai giocare in un campionato a parte in quanto a stile ed ispirazione.
Ma è rap o trap?
In tanti nel nostro Paese si vantano di aver finalmente raggiunto gli standard internazionali in quanto a produzioni ed attitudine, ma quando poi esce fuori un progetto in pieno stile U.S.A. come questo, c’è ancora in giro gente che si chiede perché Gemitaiz si sia convertito alla trap o perché i suoi flow ricalchino per filo e per segno quelli dei colleghi americani.
Che poi Gemitaiz questi fantomatici beat trap li utilizza a dovere, sbranando la strumentale di Toradol prodotta da T-Kay ad esempio, in quello che – sempre secondo il sottoscritto – è il brano originale migliore del disco. Per quanto riguarda i flow e le linee vocali prese in prestito invece, dovete farvene una ragione: Gemitaiz sa farlo troppo bene, e quando vuole cambiare qualcosa lo fa in grande stile, come nella reinterpretazione di Ric Flair Drip. Parlavamo di flow risaputi?
“Ho sentito le tue barre e sono orrende
Con M sono il gold member
Un paio di joint ce li ho sempre, non ti sorprendere
Flow legend, mischio hit pese, scrivo in inglese
Tu invece muori come Heath Ledger”
Il capitolo di quest’anno è riuscito a fugare praticamente ogni perplessità, emergendo i tutti i suoi punti di forza ed ergendosi ancor di più ad emblema dell’artista romano.
Come dice Carl Brave: “QVC8 meglio di un porno. Meglio del prodotto“.
Chiedetevi inoltre cosa ci guadagna un artista come lui a pubblicare un mixtape, in un’era in cui lo streaming è tutto e molti millenials non hanno neanche idea di come si faccia a scaricare un file su Mediafire. Gemitaiz è l’ultimo artista rimasto in Italia a proporre in modo autorevole l’idea del mixtape, portando avanti una tradizione che ha visto diventare leggende artisti come Guè Pequeno e che lo vede oggi primeggiare sotto ogni punto di vista.
Se con Davide sembrava che la crescita di Gemitaiz potesse subire una battuta d’arresto da un momento all’altro – satura di argomenti e di stili – QVC8 rimescola tutte le carte in tavola e pone delle basi importanti per un 2019 che con molta probabilità lo vedrà ancora protagonista, come sempre a suo modo. Sia nelle vesti di rapper multiplatino che in quelle di artista autentico, dalla voglia inesauribile di sperimentare e di rinnovarsi.