È uscito For All The Dogs, l’ottavo album ufficiale di Drake che ovviamente ha catalizzato l’attenzione di tutti gli addetti del settore e non solo. Drake, uno dei più grandi hitmaker della scena di tutti i tempi, ogni volta che torna con un progetto nuovo, porta con sé un hype spropositato, negli USA tanto quanto nel resto del mondo.
Non vogliamo essere a tutti i costi disfattisti, ma a noi il disco non ha fatto una buona impressione. O quantomeno non ha esaudito le aspettative molto alte che avevamo. Nel corso di questa recensione di For All The Dogs di Drake proviamo a spiegarvi nel dettaglio il perché.
For All The Dogs di Drake: le cose belle rischiano di perdersi tra le più noiose – Recensione
For All The Dogs è l’ennesimo album di Drake. Un disco che ricalca esattamente lo schema dei suoi ultimi progetti. Questo non dovrebbe essere un difetto, sulla carta. Fatta eccezione per l’estemporaneo Honestly, Nevermind ogni suo progetto ha portato a casa almeno un paio di platini e si è contraddistinto per successi radiofonici mondiali.
Quindi, per quale motivo For All The Dogs non ci convince appieno? Proviamo a spiegarci rispondendo a qualche semplice domanda.
Com’è strutturato il disco?
Basta guardare la tracklist per capire il primo difetto del nuovo disco di Drake: è decisamente lungo.
Non siamo gente abituata a valutare un libro dalla copertina ne tantomeno dalla tracklist, però in questo caso la prima impressione è stata corretta. 23 brani per una durata totale di un’ora e 24 minuti, una durata cinematografica. In un disco di tale lunghezza è naturale che ci siano dei riempitivi, dei filler. Sarebbe impensabile avere un disco di 23 hit. Se Drake fa questo è colpa del mercato musicale basato sugli streaming: se un utente ascolta una volta sola questo disco, ad esempio, concede a Drake oltre il doppio degli ascolti che lascia a Curren$y ascoltando il suo splendido Vices.
Forse siamo nostalgici, ma rimaniamo fedeli a quello che si diceva qualche anno fa ovvero che la durata ideale di un disco rap fosse quella di Illmatic di Nas. Preferiamo un disco breve senza skip piuttosto che un disco troppo lungo con una brani poco ispirati.
Cosa ci è piaciuto di For All The Dogs?
Non vogliamo fare gli hater a tutti i costi, quindi partiamo esponendo tutte le cose positive che ci sono nel disco, che comunque non sono poche.
1. Le vibes anni ‘10
Mettiamo in play l’album. Già l’intro della prima traccia, Virginia Beach ci fa emozionare. La scelta di campionare Wiseman di Frank Ocean ci è piaciuta molto e insieme al testo di Drake ci ha fatto tornare per un attimo a inizio anni ’10, dove sia Frank che Drake non avevano la fama di oggi e chi li ascoltava, si sentiva parte di una élite.
Drake per promuovere il disco aveva parlato di un suo “ritorno alle origini” e la prima traccia dell’album ci aveva fatto ben sperare. Peccato che queste vibes non siamo più riusciti a coglierle appieno nel corso dei successivi brani, se non parzialmente nel pezzo con PARTYNEXTDOOR. Le avremmo apprezzate particolarmente.
2. I featuring
Restando focalizzati sulle note positive, scorrendo la tracklist, passiamo l’evidenziatore giallo su Calling For You, realizzata insieme a 21 Savage. Nonostante i due siano sodali e affiatati, come ci ha dimostrato il disco Her Loss, i due rapper non si alternano sulla stessa base, ma tramite un beat switch, nello stesso pezzo ascoltiamo in sequenza una strofa di Drake seguita da una di 21. Entrambe le parti della canzone sono ben riuscite e nel complesso risulta un ottimo pezzo.
Se andiamo avanti ancora qualche traccia troviamo il brano di maggior impatto nel disco. First Person Shooter, realizzata insieme a un J. Cole in grazia di Dio (come sempre). Un pezzo che porta stile, rime e soprattutto contenuti, anche se probabilmente più per merito di Jermaine che del padrone di casa. Un pezzo in cui si torna a parlare di chi sia il miglior rapper in circolazione: Kendrick Lamar, J. Cole o Drake? Internet dibatte su questi 3 nomi da anni. Se Kendrick qualche anno fa con la famosa Control aveva seminato un po’ di panico nella scena per prendersi la corona, stavolta J. Cole e Drake usano un po’ più di tatto.
Ad ogni modo nessuno vuole prendersi il bronzo in questo podio. Siamo veramente contenti che la coppia di Jodeci Freestyle si sia ricomposta dopo tutti questo tempo e speriamo che si trovino di nuovo a lavorare insieme, perché obiettivamente ci sanno fare.
Continuando l’argomento featuring dobbiamo dare merito in realtà a tutti quanti gli altri perché sono fondamentali per alleggerire il peso del disco. Teezo Touchdown finalmente sta ricevendo l’attenzione che merita, così come Sexxy Red, altra vera e propria rivelazione dell’album grazie al suo ritornello ipnotico in Rich Baby Daddy.
Abbiamo già citato il contributo di PND, unico del roster OVO presente in questo album. Lui resta sempre fedele al suo sound che ha fidelizzato i fan della October’s Very Own. Non possiamo lamentarci del suo contributo, siamo piuttosto dispiaciuti dell’assenza di altri talenti del roster come Majid Jordan, che di sicuro avrebbero potuto dare il giusto contributo alla causa.
Chief Keef partecipa a una potenziale hit del disco che però non lascia il segno nella nostra memoria. La presenza di Bad Bunny nel disco di Drake è già di per sé una notizia che vale come un assegno circolare: puoi andare a incassarlo quando vuoi. La loro collaborazione non è però scontata come poteva essere, bensì si appoggia su uno stile Dembow che sicuramente incendierà le classifiche 2024. SZA si conferma stilosa e preziosa, in entrambe le tracce in cui collabora.
Yeat invece rimane un mistero. Alle nostre orecchie il brano IDGAF in cui collabora è uno di quelli che è piaciuto di meno dell’intero disco, ma ad oggi è il più ascoltato su Spotify (se escludiamo il singolo Slime You Out). Forse siamo troppo anziani per apprezzare questo tipo di brani, ma siamo altrettanto sicuri che il Drake del quale ci siamo innamorati qualche anno fa, non ha niente a che vedere con questo pezzo.
Lil Yachty seppur presente come featuring in una sola traccia, offre contributo alla produzione di ben 5 brani, con un lavoro incredibile che approfondiremo più tardi. Ci sentiamo però di affermare che forse è l’artista che più di tutti riesce a tenere a galla il disco.
3. Il lato umano di Drake
Forse l’elemento che ha contraddistinto di più la sua musica già dagli esordi. Il lato umano, sentimentale, profondo e personale. Drake sa benissimo che questa cosa affascina e vende e da sempre ha calcato la mano su questo aspetto. Sicuramente ne ha abusato (anche in questo disco), ma occorre anche riconoscere che grazie a questa tipologia di tracce ci accorgiamo di avere ancora di fronte Drake.
Il vero Drake in realtà emerge pienamente nella traccia 8am in Charlotte, che prosegue la fortunata saga dei brani intitolati con ora e luogo. In questo pezzo Aubrey finalmente esprime tanti concetti in un flusso di coscienza e per farlo usa rime e giochi di parole davvero ben costruiti.
Se dobbiamo eleggere il brano migliore del disco siamo abbastanza certi che sia questo.
Purtroppo questo stile emerge a spizzichi e bocconi all’interno del progetto. Le rime ben fatte, le metafore intelligenti e le frasi sincere sono diluite in troppe cose superflue.
Drake sembra riacquisire lucidità nel pezzo Away From Home dove ripercorre diversi episodi personali degli esordi e cita tantissimi amici, soci e persone che lo hanno aiutato ad arrivare dove è ora. Questo pezzo non avrà mai successo commerciale, ma resta una delle cose da salvare di questo disco.
4. I Dissing
Velati e non sempre espliciti ci sono diverse frecciatine in questo disco.
Dal nostro punto di vista la presenza di dissing è apprezzabile, perché ci fa vedere che Drake nonostante lo status raggiunto, ha ancora delle cose da dire e che spesso riesce a dirle in maniera abbastanza esplicita. In All The Parties dice senza mezzi termini che i suoi compari non ascoltano più The Weeknd, allontanando ancora di più la OVO dalla XO, unite agli esordi.
Il dissing a Rihanna in Fear Of Heights è più velato, ma sembra proprio che sia rivolto alla ex amante ed ex-collaboratrice di tante hit. Abbastanza infantile rimarcare problemi amorosi 10 anni dopo l’accaduto, ma quanto meno apprezziamo la sincerità. Nello stesso pezzo Drake manda anche qualcosa in più di una frecciatina a Pusha-T. Con lui il dissing è stato appassionante e crudo e sembra non volersi chiudere. Ci sarà una risposta?
Oltre a questi, il disco è pieno di punchlines indirizzate a nemici immaginari ai quali i vari magazine provano a dare un nome. Kanye West? XXXTentacion? Potrebbe essere ma non sono così chiari. In ogni caso servono a dare attenzione al disco e finché non diventano eccessivi, sono apprezzabili.
Cosa non ci è piaciuto di For All The Dogs?
Come dicevamo in apertura, uno dei problemi principali del disco è la durata. 84 minuti non del tutto necessari. Il disco è troppo prolisso e i concetti espressi troppo rarefatti.
Anche le skit non le abbiamo trovate necessarie. Splendido omaggiare DJ Screw, un bel gesto per portare avanti la legacy di un artista fondamentale per l’hip-hop, ma all’interno di questo disco è del tutto fuori luogo. Simpatico il gioco di BARK Radio per legare le tracce al titolo dell’album, ma purtroppo contribuiscono a rendere eterno un disco già troppo lungo di per sé.
Ma andiamo nel dettaglio proseguendo con la nostra recensione di For All The Dogs di Drake:
1. Tracce superflue
Quali sono per noi le tracce non necessarie? Tante. Innanzitutto quelle dove Drake non trova equilibrio.
All’interno del disco troviamo sia brani dove Drake è in preda alle pene d’amore sia dove Drake si improvvisa gangster. Per come lo vediamo noi, Drake non dovrebbe eccedere né sotto il primo aspetto, né sotto il secondo. Pezzi con una spiccata vena RnB come Bahama Promises, Drew a Picasso, Polar Opposites li abbiamo già sentiti fin troppe volte da Drake. Seppur ben fatti e ben curati, la stessa minestra riscaldata difficilmente riuscirà a suscitarci le emozioni delle prime volte. Questi brani sinceramente ci annoiano, ma riconosciamo la sincerità dell’artista.
Al contrario, pezzi nei quali Drake dice di voler mandare i sicari sotto casa di fantomatici Opps in pieno giorno (Daylight), sinceramente ci lasciano basiti. Drake si è guadagnato la credibilità proprio tramite la sua sincerità nei testi, di certo non tramite la vita di strada. Ora che si avvicina ai 40 anni fa abbastanza ridere immaginarlo a impugnare un’arma o a parlare di street life. Vita di strada che probabilmente non ha mai fatto e che sicuramente non sta facendo ora.
Oltre a queste sopraccitate, tante altre tracce ci mostrano un Drake che non lascia il segno. Non significa che siano brutte tracce, ma semplicemente non rimangono nella nostra memoria come speravamo.
2. Le scelte musicali
Non siamo nessuno noi per dire a uno dei più grandi rapper di tutti i tempi come vadano fatti i dischi. Però sinceramente non abbiamo apprezzato troppo la scelta di alcuni beat di questo album.
Drake è diventato così tanto grosso da fare ombra a sé stesso. Il contributo dello storico 40 ormai è molto limitato e di questo siamo particolarmente dispiaciuti, perché è merito suo se Aubrey è diventato Drake. I beat suonano spesso come “Drake Type Beat”: sono ben curati,ma non fanno breccia. Non abbiamo apprezzato neanche il frequentissimo “beat switch”. Finché è una sorpresa ok, ma in For All The Dogs, questo trucchetto diventa un po’ troppo abusato e perde il cosiddetto effetto wow.
Parlando di strumentali, ricordiamo però l’ottimo lavoro svolto da Conductor Williams in 8am in Charlotte. Il principale producer di Griselda alza l’asticella delle produzioni grazie a una base no-drums caratteristica, sulla quale Drake riesce a dare il meglio di sé.
Rimanendo in tema di scelte musicali, infine, spezziamo una lancia in favore di Lil Yachty che svolge un ottimo lavoro nelle produzioni di ben 5 brani. Si tratta delle ultime 3 tracce del disco, del pezzo realizzato con 21 Savage e del pezzo What Would Pluto Do, un altro brano che abbiamo molto apprezzato nel disco, proprio per merito del beat co-prodotto da Lil Yachty.
In definitiva
Ci troviamo davanti a un nuovo disco di Drake. Niente di più, niente di meno. Seguono lo schema dei precedenti Scorpion e Certifed Lover Boy, che a loro volta seguivano la linea tracciata da Views.
Abbiamo quindi a che fare con dischi molto lunghi, qualche pezzo distruggi-classifiche, qualche pezzo RnB di cui avremmo fatto volentieri a meno, una montagna di hype e poche tracce da salvare. Però le tracce da salvare obiettivamente sono di livello molto alto. Oltre ai dischi citati, anche gli altri progetti pubblicati negli ultimi anni (Dark Lane Demo Tape, Honestly Nevermind ed Her Loss che non seguivano il modello classico di Drake) ci hanno lasciato in realtà pochissimi pezzi per i quali andare fuori di testa.
Il problema di Drake forse è il suo pubblico. Ormai l’hype ha superato l’artista. Lui ha potenzialità enormi, lo ha dimostrato in passato e continua a dimostrarlo quando ne ha voglia. Ogni volta la gente si aspetta che Drake possa rifare dei dischi no-skip come Take Care o Nothing Was The Same, ma purtroppo non è detto che la magia accada. Drake anche questa volta ci ha riproposto la stessa formula degli ultimi due album ufficiali (escludendo Honestly Nevermind, che è stato un esperimento e non da tutti apprezzato). Se avete gradito Scorpion e CLB sicuramente vi piacerà anche questo. Se vi aspettavate un “ritorno di Drake alle origini” come lui stesso aveva promesso, probabilmente resterete un po’ delusi.
Nonostante sia relativamente ancora giovane, il peso degli anni sembra farsi sentire sulle spalle di Drake che a volte pare non sappia come fare ad uscire dalla formula che lo ha contraddistinto. Disco dopo disco sembra quasi che Drake abbia perso smalto (come una tr*ia dopo un’orgia, direbbe Marracash) e sembra sempre la versione edulcorata del vecchio Drake. È intrappolato in questo schema come fosse in una prigione dorata. Lo schema ha funzionato all’inizio e Drake continua a lavorare all’interno di questo modello, ogni volta entusiasmandoci meno della volta precedente. D’altronde, tutte le volte che ha provato a uscire questo schema e a proporre album di tipo diverso non è riuscito a lasciare il segno.
Quello che possiamo fare oggi è apprezzare tutto quello di buono che c’è in questo disco: come avete potuto leggere gli elementi non sono pochissimi in realtà. Dobbiamo anche imparare ad abbassare la soglia delle aspettative per il futuro. In questo modo probabilmente rimarremmo piacevolmente sorpresi dalla nuova musica di Drake.