«Mai Più Forse è un reminder a me stesso» – Intervista a CoCo

CoCo

CoCo è tornato con Mai più forse, il suo nuovo album disponibile da oggi su tutte le piattaforme streaming.

Quest’album segna per lui un nuovo capitolo caratterizzato dal ritorno al rap dopo Floridiana (2020), Acquario (2019) e La vita giusta per me (2016). Il suo ultimo album, Bromance (2022) ft. Mecna, aveva influenze anche di altri generi. L’attesa per questo nuovo progetto era alta, specialmente dopo un inaspettato spoiler durante il Red Bull 64 Bars Live a Scampia e dopo l’uscita del singolo Mai più forse. La title track è subito diventata il simbolo di un album che porta il rapper a un nuovo stadio di maturità artistica.

Il messaggio di Mai più forse è chiaro e potente: un invito a essere determinati, a vivere senza rimpianti e a non farsi più frenare da nulla. È un album completo che bilancia perfettamente introspezione e potenza. Ogni traccia è caratterizzata dal talento nella scrittura di CoCo e da una produzione impeccabile. L’album contiene anche diverse collaborazioni: Preferisco Morire con Anice, Kiss e Qualcosa da bere con Luchè, Se fosse per me con Ernia, Video hot con Geolier e Skincare con Guè e Yung Snapp.

Abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare Mai più forse in anteprima e di parlarne direttamente con CoCo. In questa intervista ci ha svelato i retroscena dell’album, il processo creativo, il messaggio che desidera trasmettere, il suo ritorno al rap e come la sua esperienza a Londra e il rapporto con Luchè hanno influenzato la sua vita e la sua carriera.

Buona lettura!

La nostra intervista a CoCo: alla scoperta di Mai Più Forse

Innanzitutto in bocca al lupo, ho sentito l’album ed è un bellissimo progetto!

«Grazie, veramente!»

Partiamo dal titolo: come mai Mai più forse?

«Mai più forse più che un titolo è un’esclamazione, un reminder a me stesso. Era una frase che mi piaceva ripetermi come un promemoria, un’espressione di volontà: quella di non avere più dubbi e incertezze, di smettere di procrastinare e di dubitare sempre di tutto. È un titolo nato più per esigenza che per altro»

Pensi che sia cambiato qualcosa nel processo creativo che ha preceduto Mai più forse rispetto di Acquario e Floridiana?

«Cambiato qualcosa no, più che altro ho sentito l’esigenza di fare un disco che fosse un po’ più rap rispetto ad Acquario che ha un equilibrio di sound diverso e spazia in mondi diversi. Per il messaggio che volevo dare il rap era il mezzo più diretto e sincero che ci fosse quindi il processo creativo è nato da questa esigenza e si è poi evoluto ma l’intenzione principale che poi ha guidato il tutto era questa: essere determinato e dare una visione precisa e un concept definito al disco»

Se potessi descrivere Mai più forse con tre parole, quali sceglieresti? 

«Motivazionale, tortuoso e… bianco e nero, non so perché! »

E invece se dovessi scegliere una traccia di questo nuovo album, oltre ai singoli, da consigliare a chi ancora non ti ha mai ascoltato quale sceglieresti?

«Penso che sceglierei Preferisco morire»

Casa nuova è sicuramente uno dei pezzi più intimi dell’album. Quali emozioni hai provato quando lo hai scritto?

«Sì, Casa nuova è un pezzo che, nonostante sia l’ultimo del disco, è nato nel bel mezzo della lavorazione. Ha fatto un po’ da ponte tra quello che stavo vivendo quando ho iniziato il disco, cioè l’incertezza e la paura di sbagliare, e la sicurezza. Diciamo che forse è stato il pezzo che, tra virgolette, ha consacrato la direzione che volevo dare al disco e che mi ha spianato la strada al resto delle cose che volevo fare. Ci tenevo anche a metterlo come ultimo nella tracklist perché ha una motivazione radicata: c’è una dedica a mio figlio, una promessa di dare sicurezza sia a lui che a me stesso. È uno dei pezzi a cui tengo di più al 100%»

Qual è stata la sfida o la difficoltà più grande che hai riscontrato nel lavorare a Mai più forse?

«La difficoltà è stata semplicemente quella di riuscire ad accettare la paura di sbagliare. Quando inizi a lavorare a un disco sei un po’ assuefatto da questa paura. Io, personalmente, essendo stato fermo per tanto tempo sentivo dentro di me una sorta di timer, di sveglia sulle spalle. Quindi la sfida è stata prendere consapevolezza del fatto che dovevo fare semplicemente ciò che mi andava di fare, ciò che mi emozionava e che avevo voglia di esprimere. C’è stato un periodo in cui mi dicevo “forse dovrei fare questo, questo non va bene, adesso le cose sono cambiate…” che è stato come un tornado di bad vibes. Quando ho sbloccato questa situazione e ho capito che ciò che mi faceva stare bene era fare solo ciò che mi piaceva, è switchato qualcosa e non ho quasi più trovato difficoltà»

Come speri che la gente reagisca a quest’album? C’è un messaggio particolare che vorresti trasmettere? 

«Rispetto agli altri sicuramente questo disco rappresenta per me un po’ un ritorno al passato anche nel messaggio. Sono rimasto come nel mio primo disco La vita giusta per me: non mi creo aspettative, le odio, ma mi piacerebbe che questo album fosse visto, come spesso mi dicono i miei ascoltatori, come una voce di conforto. Molti mi raccontano di riconoscersi nelle mie difficoltà e insicurezze, di vivere esperienze simili. Con Mai più forse vorrei essere per loro anche una voce motivazionale, non solo qualcuno che condivide le loro stesse difficoltà. Questo disco è nato in primis per motivare me stesso, il titolo è una motivazione sia per me che per gli altri e vorrei che questa motivazione arrivasse a chi lo ascolta»

Per me che ci ho vissuto la risposta è già chiara ma te lo chiedo comunque: vivere tanto tempo a Londra ha in qualche modo influenzato anche la tua musica? 

«Assolutamente sì. Se non avessi vissuto undici anni a Londra oggi non sarei l’artista che sono. Londra mi ha dato la possibilità di conoscere realmente me stesso, di apprezzare me stesso e la libertà di sentirmi me stesso. Quando mi ci sono trasferito stavo lavorando al mio primo disco ed ero in una totale confusione di identità, indeciso su quale direzione prendere. Londra, invece, mi ha permesso di liberarmi da ogni peso e da qualsiasi reference, dandomi la libertà di essere autentico. Se ci hai vissuto mi darai ragione, è una città che ti permette di essere libero e in cui, forse anche per la solitudine che si vive al suo interno, le persone sono abituate a fare i conti con se stesse. Anche le persone che ho incontrato lì mi hanno influenzato, artisti che mi hanno fatto conoscere mondi diversi, mi hanno fatto vedere nuovi modi di vivere e di fare musica vivendola a 360° senza necessariamente vivere di musica nella vita»

Lì c’è anche tanto scambio, tutte queste barriere fra i generi non esistono, tutti influenzano tutti…

«Verissimo. La musica si vive in modo diverso lì. Tutto questo punto di vista per me è stato importantissimo, mi ha segnato e mi ha cambiato»

Il tuo rapporto con Luchè è sempre stato speciale. Come ha influenzato la tua crescita artistica e personale il fatto di averlo al tuo fianco? 

«Luca è sempre stato la mia guida, uno dei primi, se non il primo, a spronarmi, a credere in me e a lanciarmi nel mondo della musica. Quando ho iniziato a fare musica lo sapevano solo tre persone e non avevo nessuna intenzione di farla sul serio. Lui invece è stato tra i primi a dirmi “no, non esiste, tu devi farlo, devi far uscire le tue cose”. Fu lui all’epoca a presentarmi a Roccia Music e a Shablo e a fargli sentire le mie cose quindi devo tantissimo a lui, alla sua visione, al suo modo di vivere la musica. Mi ha insegnato che la musica è una cosa seria, mi ha insegnato a prendermi sul serio e a capire quanto sia importante avere una visione, essere se stessi e trasmettere un messaggio. È senza dubbio una delle pedine fondamentali della mia vita e della mia carriera»

Da fan storico dei Co’Sang come hai vissuto il loro ritorno e l’uscita di Dinastia?

«Bellissimo! L’unica cosa che mi ha distrutto, e lo dicevo sempre anche a loro, è che avrei voluto ascoltare il disco da fan e basta, senza sapere nulla in anticipo. Invece l’ho vissuto con loro in studio, ho visto nascere il disco, siamo stati molto insieme in quel periodo»

Quindi eri mentalmente preparato!

«Purtroppo sì, è stato bellissimo ma sapevo già tutto. Il mio sogno sarebbe stato quello di non sapere niente e di ricevere la sorpresa all’improvviso!»

In che modo vedi la scena rap italiana attuale? 

«Penso che questo sia forse il periodo migliore in assoluto per il rap italiano. Oggi il rap è una realtà consolidata, una realtà a 360°. Non ci sono più nemici dietro l’angolo come altri generi che potrebbero limitare la sua crescita e il suo sviluppo. Credo che sia fa i primi generi in Italia attualmente, se non il primo»

Adesso il rap è anche mainstream, una volta era più difficile…

«Vero, adesso trovi in classifica anche robe rap mentre prima magari c’era il rapper che però, per forza di cose, doveva comunque fare roba un po’ più pop e trovare compromessi. Anche se da un lato è ancora così perché il pop rimane imbattibile, il rap italiano ora è riconosciuto e ha finalmente conquistato il suo spazio»

Se potessi dare un consiglio a te stesso agli inizi della tua carriera, quale sarebbe?

«Sicuramente mi direi di essere un po’ più leggero, di fottermene, di credere in me senza cercare approvazioni, di non dubitare e di essere più determinato»

Grazie mille, speriamo di vederci a qualche concerto!

«Quando vuoi, mi farebbe solo piacere!»

Vi consigliamo di ascoltare Mai più forse, potete farlo qui: