Chi sono oggi i Club Dogo?

Club Dogo Milano

Ne parlano tutti, da giorni ormai: venerdì 12 gennaio uscirà – a 10 anni di distanza dal loro ultimo lavoro insieme, Non siamo più quelli di Mi Fist – il nuovo disco dei Club Dogo. Don Joe, Jake la Furia e Guè stanno alimentando le fantasie e le speranze dei fan. Ma chi sono oggi i Club Dogo? Cosa dobbiamo aspettarci dalla loro reunion?

“Siamo il Rap italiano”: il ritorno dei Club Dogo

Sapendo ormai chi non sono, chi non vogliono (né possono più) essere e chi non saranno più, possiamo partire da una premessa, fondamentale: i Club Dogo sono la storia del rap italiano, o almeno una parte consistente di essa.

Hanno certamente rappresentato l’evoluzione, il traghettamento verso gli anni 2000. Da una questione elitaria – non per censo né per estrazione, quanto piuttosto un’elite di gusti e di knowledge – a un fenomeno popolare.

Con un linguaggio accessibile a tutti – anche al coatto, al borgataro e allo zarro di periferia – hanno portato il rap nella strada, quella sconosciuta e non ancora raggiunta dalla Cultura Hip Hop. Raggiungendola con i mezzi che avevano a disposizione: lo stile.

Perché è attraverso lo Stile – costruito dalla fine dei Novanta, anni dai quali sono usciti con un piccolo capolavoro uscito a nome Sacre Scuole, 3 Mc’s al cubo – che hanno potuto raccontare il loro mondo (con le loro regole) dominato dalla triade “Soldi, Droga e Sesso”.

Argomenti quasi tabù nell’early rap della nostra Penisola. Oggi fa quasi ridere pensarci. Oggi che è un clichè parlarne, anche quando non appartiene minimamente al rapper di turno che li ‘flexa’… i Club Dogo ne hanno saputo parlare.

Perché, di tutta quella droga, di tutto quel sesso e della brama di soldi (primaria necessità e poi vizio), ne hanno sempre mostrato le conseguenze, anche quelle tragiche. A partire da pezzi come La stanza dei fantasmi, fino a Dolce Paranoia, o Cocaina

E poi… il ‘Vile Denaro’

Partendo dal basso, dall’underground più sporco e gravido di sostanze, sono arrivati al top. Hanno rappresentato la possibilità di farcela per tutti, anche per i reietti, anche per chi viene da quel mondo, il loro.

Non parliamo di provenienza famigliare, ma di un mondo esistenziale: quello delle periferie – lo stesso di un altro della Dogo Gang che ce l’ha fatta, con merito, Marracash -, della micro criminalità e delle difficoltà, dalle quali uscirne con la musica. Una musica che rispecchia l’ambiente che l’ha prodotta.

I Club Dogo hanno raggiunto la popolarità, se la sono presa e l’hanno conservata, per anni. Nonostante tutto. Nonostante il peso di una “vita veloce”, di eccessi e di invidia, che hanno inevitabilmente attirato su di essi.

Il Vile Denaro li ha cambiati, certo. Li ha spinti a produrre reality su MTV, un libro – tra l’altro bellissimo – e singoli non propriamente nelle loro corde. Ma hanno sempre rappresentato e spaccato. Anche quando non erano a livello e i rapporti sembravano incrinati.

Come i Beatles o i Simpson, dei Dogo – se sei stato un loro fan – non puoi parlarne male. Puoi aspettare. Fare congetture sul suono, le rime, gli ospiti. Senza giudicare. Sperando che il loro ritorno sia stato una questione di cuore e di nostalgia.