Lunedì 16 settembre la polizia di New York ha portato in arresto Puff Daddy.
Vi avevamo già raccontato qui che il rapper e imprenditore era stato accusato di abusi sessuali, violenza di gruppo, sfruttamento di prostituzione e aggressione. A questo si aggiunge un’altra accusa, quella di incendio doloso e di associazione a delinquere.
Aggiornamenti sul caso Puff Daddy: è scattato l’arresto
L’accusa di incendio doloso e associazione a delinquere deriva da un fatto successo nel 2011. Diddy avrebbe organizzato un rapimento armato e partecipato a un piano per far esplodere l’auto di Kid Cudi. Il movente sarebbe stato il fatto che quest’ultimo stava frequentando la sua ex fidanzata, Cassie. Diddy avrebbe fatto irruzione in casa di Cudi con un complice e i due avrebbero tenuto in ostaggio una persona.
Circa due settimane dopo il rapimento i complici di Diddy avrebbero incendiato una macchina, squarciandole il tetto e lanciandoci una bomba molotov. La polizia e i vigili del fuoco di New York hanno confermato che l’incendio è stato appiccato in modo intenzionale. Molte persone sono pronte a testimoniare contro il rapper il quale, secondo le accuse, si sarebbe vantato pubblicamente di essere il mandante della distruzione dell’auto.
Anche se i documenti legali non nominano direttamente Kid Cudi, la vicenda coincide con le accuse di violenza e sfruttamento di prostituzione che Cassie ha presentato contro Diddy a novembre 2023. Lei stessa aveva dichiarato durante il processo di aver avuto una breve relazione con Cudi durante un momento di crisi con Puff Daddy.
Nell’atto desecretato proprio oggi Il procuratore Damian Williams ha stabilito tre linee d’attacco contro Diddy: associazione a delinquere, ottenimento di prestazioni sessuali esercitato con forza, frode o coercizione e trasferimento di prostitute da uno stato all’altro.
Nonostante il suo arresto, Diddy continua a dichiararsi non colpevole. Gli è stata negata la libertà su cauzione quindi deve rimane in carcere. L’ormai ex rapper è in attesa di un’udienza d’appello per tentare di ottenere i domiciliari. Tuttavia, se condannato, rischia una pena che va da un minimo di 15 anni fino all’ergastolo.