Il secondo episodio della rubrica “Best Bars” vede protagonista Rancore con il suo nuovo album: “Musica per Bambini”.
Un paio di mesi fa vi avevamo raccontato di come Rancore e la sua musica si trovino in completo disaccordo con il resto della scena italiana. Ciò, però, non significa etichettare Tarek “di nicchia” – come potrebbe accadere per altri artisti – ma piuttosto identificare e legare il suo approccio artistico ad un fatto esperienziale, soggetto ad infinite variabili da ascoltatore in ascoltatore. Su un campione di tre persone che ascoltano il rap in Italia, potrà capitarvi che ognuno di questi soggetti coinvolti vi diano delle opinioni diametralmente opposte su Rancore. Uno lo riterrà un poeta, un altro un artista pretenzioso e criptico, un altro ancora affermerà di non esser mai riuscito ad ascoltarlo fino in fondo. O forse non l’ha mai ascoltato.
Certo è che la musica di Rancore non può esser considerata “Musica per Bambini”, ma neanche “musica impegnata”. Tra i vari quesiti che il rap italiano ci ha fatto sorgere ultimamente, uno di quelli più condivisi riguarda il perché un artista come Rancore non sia mai riuscito a sfondare dalla porta principale, viste le sue doti più uniche che rare, che ci permettono di identificarlo come un artista con la A maiuscola, senza vergognarcene. Qualche eccezione fortunatamente c’è stata, persino nell’opinione pubblica, con il Fatto Quotidiano che ha definito “S.U.N.S.H.I.N.E.” la canzone rap più bella che sia mai stata scritta. E come dargli torto?
In molti hanno provato a darsi risposte riguardo le precedenti domande. In breve, il tutto potrebbe riassumersi in una sola risposta: forse è Rancore che non ha mai avuto la voglia o la necessità di entrare da quella porta principale che in tanti si sbattono per raggiungere. Non per demeriti o per mancanza di ambizione. Semplicemente perché il mondo di Rancore ed il suo modo di esprimersi sono distanti anni luce dalla comprensione del pensiero comune di un pubblico ormai troppo omologato nella sua ampiezza.
“Musica per Bambini” fa proprio al caso di questo nostro quesito. Al contrario di quanto si poteva dedurre dai precedenti progetti, Rancore è ormai totalmente consapevole del suo ruolo in questa musica, della sua impossibilità di identificarsi in un’etichetta e – perché no – persino in un genere. Nel disco troviamo un Rancore disilluso e amareggiato dall’ambiente in cui gioco-forza si trova a competere, incapace di giustificare un contesto simile. Ma è proprio da questa consapevolezza che l’ispirazione troverà sempre una sorgente dalla quale attingere. Musica che sarà in grado di nutrirsi di sé stessa, aldilà di ogni traguardo raggiunto, aldilà di quante persone avranno il coraggio di consumare un disco così ed entrare nel mondo di Tarek, all’apparenza folle, ma in profondità ben più lucido di tutto ciò che lo circonda.
Tramite le “Best Bars” del disco proveremo quindi ad approfondire i concetti espressi in precedenza.
“È musica che non vende, di certo non fa i milioni
Portando rispetto a tutte le donne, scrive canzoni
Musica che non parla di soldi e di medaglioni
Per questo quando l’ascolti mi dici “che due c*glioni”
In un disco, specialmente quando porta con sé il peso di una determinata importanza, la traccia d’apertura deve essere in grado di racchiudere i concetti e gli stili che poi si vogliono sviscerare lungo le tracce successive. È il caso di “Underman”, co-prodotta dallo stesso Rancore, brano in cui sintetizza i concetti che vi abbiamo riportato in precedenza: la consapevolezza di esser diverso dal resto, così come la sua musica, che non otterrà mai i giusti riconoscimenti per il solo fatto di non esser omologata a quella degli altri. Rancore non è nuovo a certe considerazioni, ma questa volta ha preferito chiarirle in modo esplicito.
“L’emozione ricorda qualcosa che non ricordi
Qualcosa con cui giocavi quand’eri un po’ meno sporca
Però è normale che hai bisogno di altri mondi
Uscire, vivere con gli altri ed abituarti a nuovi giochi con gli stolti
Ecco, tutto si butta, tutto si scorda
Quando aprire quella porta serve ad aumentare l’ombra
Sei cresciuta già parecchio
Tua madre questa volta ha il coraggio di buttare ciò che è vecchio
Ciò che ingombra”
Passando alla traccia “Giocattoli” ci rendiamo conto facilmente di come la musica sia in grado di penetrare nelle coscienze di chi la ascolta, creando mondi paralleli da esplorare, toccando temi delicati dell’individuo e del collettivo. E’ chiaro che un privilegio simile sia dato solo a pochi e Rancore è uno di questi. Nel brano, Tarek racconta il ciclo di vita dei giocattoli che ci accompagnano nelle fasi della vita più importanti, dall’infanzia sino alle porte dell’adolescenza. Così come cambia la loro importanza, cambiano anche la nostra vita, le nostre abitudini ed i nostri valori. Tra le righe possiamo anche notare come l’autore si immedesimi in questo ciclo, in quanto Tarek ed in quanto Rancore. In fondo, anche la musica per molti può seguire le stesse orme di un giocattolo.
“Ti vedo ancora lì seduta, il tavolo è quello, sorridi alla mia stupida battuta
Fuori dalla finestra sempre il solito Tufello, io che per arrotondare rischio ancora la bevuta
Aveva ragione la Major, lei mi dirà, dovrei lasciare tutto, trovarmi un’altra attività
A 27 anni non è mica prestissimo e papà sono già 12 anni che non ci sta”
“Depressissimo” è concettualmente uno dei brani più importanti dell’album. Come Rancore ha raccontato su “La Repubblica”, per scrivere questo testo ha deciso di mettere a nudo i suoi demoni trattando di un tema tanto importante quanto trascurato: la depressione. Dalle barre che abbiamo scelto e non solo, si può leggere tra le righe come Tarek abbia convissuto seriamente con questo male, che ha condizionato molte fasi della sua vita. Vediamo inoltre come nella seconda strofa ci siano diversi riferimenti ad una Major, con la quale possibilmente Rancore non ha trovato un accordo perché costretto a scendere a compromessi. E quindi si ripresentano i dubbi sulla propria esistenza, sul proprio lavoro, sulla proprio routine. Questioni che ognuno di noi è costretto ad affrontare prima o poi, ognuno con un prezzo diverso. Come la mancanza di un padre.
“.. Però è raro che un drago sia rispettato se è stato anche un principe prima
Risulterà molto difficile per gli altri draghi dargli fiducia e stima
È un pesante costume da drago che schiaccia l’attore della pantomima
Ma tu sei prigioniera del nulla: cotone dentro una bambolina”
“Sangue di Drago” è – idealmente- la title track dell’album. “Musica per Bambini” trova quindi la sua spiegazione in una rivisitazione fiabesca che rancore attua nel brano, dimostrando tutte le sue qualità di narratore e di scrittore. Sarebbe difficile e pretenzioso dare un significato ai profondi versi che compongono il brano, specialmente in funzione della cripticità voluta che permea la storia. Noi proviamo a farlo tirando in ballo Pirandello, la cui teoria delle maschere ben si accosta alla descrizione della mutazione da principe a drago del protagonista. Secondo l’autore siciliano, ognuno di noi è costretto dentro il ruolo assegnatogli che, ci piaccia o no, siamo costretti ad interpretare. La stessa prigione nella quale si sente intrappolato Rancore, costretto a vagare senza meta alla ricerca di un’approvazione che difficilmente troverà carattere unanime, tra i suoi simili e non. Siamo tutti prigionieri del nulla, come la Principessa del racconto.
“Noi comunichiamo grazie alle radici, noi non lavoriamo perché i frutti qui crescono sui tetti
Il cielo non serve, il cielo non ci vuole, tanto che ai bambini il cielo lo spiegarono a parole
Educando quella prole al timore della pioggia, dissero “chi lascia la foresta muore”
Concludiamo queste analisi con una splendida metafora estratta da “Quando Piove” che rimarca ancora una volta la necessità di Rancore di abbattere i luoghi comuni ed i dogmi con i quali siamo stati educati fin da bambini. In queste barre Tarek racchiude esperienze alle quali tutti abbiamo assistito o vissuto in prima persona. Quelle false ideologie secondo le quali la vita si riduce alla casa in cui viviamo, al lavoro che ci assegnano ed al tempo che non viviamo. La libertà, l’infinito ed i sogni in realtà trovano un senso di esistere anche solo guardando il cielo, terso e limpido, che non ci vogliono fare raggiungere, giustificando il tutto con: “Chi Lascia la foresta muore”. La foresta è il posto sicuro, le certezze con le quali cresciamo e che – ad un certo punto della nostra vita – ci rendono schiavi dell’apatia e dell’infelicità.
“Musica per Bambini” è il mezzo attraverso il quale Rancore vuole gridare tutto il suo malessere. Un album profondo, allegorico e fortemente poetico. In un periodo in cui la musica si è reinventata e non necessariamente evoluta, Rancore ci tiene a ricordarci di come nella sua lunga carriera non abbia mai avuto bisogno di altri mezzi per esprimersi se non le parole. Quelle parole sulle quali l’uomo ha costruito la sua storia, raccontando sentimenti e storie. Il rap porta con sé questa eredità e fortunatamente esistono ancora artisti che ce lo ricordano, persone prima che personaggi, come Tarek, come Rancore.
Artwork di Matteo Da Fermo.