«Non puoi lamentarti di come ci sia solo una narrativa se tu non ne crei un’altra» – Intervista ad Akran

Akran

Qualche settimana fa è arrivata una splendida notizia: Ghostface Killah del leggendario Wu-Tang Clan si esibirà il 16 novembre dal vivo a Bologna, all’interno di un evento che è destinato a restare negli annali. Stiamo parlando del Bolo Chapter Boogiethon, un nuovo format organizzato, ideato e gestito da alcune figure di spicco della scena rap italiana, trai quali figurano tra gli altri i bolognesissimi Yared ed Akran.

Proprio con Akran abbiamo avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata (ancor più che “intervista” vera e propria) durante la quale abbiamo parlato della scena rap e di come sia cambiata, della difficoltà di organizzare eventi di questa portata, del linguaggio universale del’hip-hop e ovviamente della sua musica. Abbiamo parlato anche di tanti altri argomenti che trovate per esteso nell’intervista completa qua sotto.

Akran, il rap dal vivo e Bologna: intervista

Volevamo partire parlando della musica. Perché su internet, su di te ci sono diverse cose scritte e tutti parlano di te come “nuove leva”, “rivelazione”, “novità”… In realtà non è così, perché è già dieci anni che fai musica almeno. Tra l’altro, non c’è una paginetta scritta bene con tutta la tua discografia. Io mi sono segnato, Invisibilis, a nome Young Bolo, che era del 2014. Successivamente Melting Pot vol.1 del 2019, Cannibal Party del 2020 e Jungle Biz del 2021

Akran: «Esatto!»

Ci veniva da chiederci questa cosa, molto banalmente. Come mai, dopo un triennio così produttivo, ti sei fermato? Cioè, è stata un’eccezione che l’essere stato estremamente produttivo in quel periodo per una serie di fattori, o è successo qualcosa dopo e ti sei dovuto bloccare? O è semplicemente casualità?

Akran: «Non so. inizialmente, preso da una foga, volevo fare tantissima roba, volevo continuare a produrre e produrre (tant’è che produco tantissimo tutt’ora!), però poi a una certa mi sono anche reso conto che conveniva più ridurre le uscite. Fare poche cose, ma fatte bene. Lavorare in un’ottica più artistica che autocelebrativa, o piuttosto che voler per forza arrivare a “un qualcosa”. Comunque stavo entrando in quel trip malato in cui devi produrre, devi cercare di farti vedere, c’è bisogno di uscire in una determinata maniera…»

Avevi un’etichetta dietro o qualcuno che ti dava una mano?

Akran: «Sì, c’erano un po’ i miei regaz, ci arrangiavamo. In realtà le offerte ci sono state dopo, da parte di label indipendenti, che però alla fine ti davano poco e niente. E a quel punto mi dicevo: che cazzo, chi me lo fa fare? Me la faccio da solo sta roba, no? Almeno non devo avere a che fare con altri!
Sì, tornando alla discografia ho calato perché appunto, all’inizio avevo un po’ di scesa, perché sembrava che la gente non capisse le robe. Vedevo certe cagate che funzionavano e dicevo, ma com’è possibile? Non ha senso! All’inizio era più una pausa, dicevo, me la prendo con calma. Poi vabbè, è passato un anno, c’era il Covid, in quel periodo lì, eravamo un po’ rimasti bloccati… Il 2019, prima del Covid, era stato un anno bello carico, stavamo suonando di brutto. Sembrava quasi che ci fosse qualcosa che si stava muovendo. Poi c’è stato il Covid e non suonavamo un cazzo. Non c’era neanche tutta sta fotta di far uscire cose nuove. Così è passato un bel po’ di tempo, tra impegni e lavoro. Mentre quest’anno mi sono messo sotto: a breve, penso di far uscire una roba che presenterò durante il live di Ghostface, un EP/disco. Mi sono tenuto sta roba fino adesso per farla uscire in una maniera carina»

Figo, è interessante sta roba. Quindi hai qualcosa in ballo, diciamo?

Akran: «Comunque faccio sempre cose! Sono tutti i giorni in studio e faccio beats. Non so se la sai, ma ho dato importanza a fare i beat, a produrre. Mi sono messo a produrre un sacco di ragazzi, anche di sbarbi, che a breve spero che escano. Sai, alla fine la Bolognina è piccola, però c’è la generazione di quelli che sono adesso diciottenni, che sono carichissimi, ci sono alcuni che hanno proprio fotta! C’era stata l’ondata, quella un po’ trap-melodica (che qualcosa mi piace, l’avevo anche fatta…), però era un po’ fuori dalle mie corde. Questi qua sono “scuri”, mi piacciono di più come mood. E quindi sì, mi sono messo in contatto con alcuni regaz , farò dei beats. In realtà delle robe che usciranno ci sono»

Seconda domanda, che mi sono posto oggi proprio perché stavo andando a ripescare tutta la tua roba. Perché non si vede più e non si ascolta più niente della tua musica né su Spotify né su YouTube? Non so se sia una roba recente…

Akran: «L’aggregatore che usavo per caricare le robe online mi ha fatto un casino. Un botto delle mie canzoni risultavano inserite all’interno di robe indiane: c’era stato un bordello impressionante. Vabbè sono poche lire però, quei pochi soldi di YouTube, non arrivano a me, arrivano ad un altro! Questo è un po’ il rischio di farsi le robe per i cazzi propri, con gli amici che ti aiutano, è tutto un po’ confusionario. Per cui ho bloccato un attimo la storia per farmele mettere a posto. Ho firmato infatti un contratto di edizioni. Così metto tutta la roba online in maniera un po’ più curata»
 
Ok, no, mi ero spaventato. Perché pensavo a qualcosa di analogo a quello che è successo ad Inoki, con Fabiano Detto Inoki, non so se hai seguito la vicenda. Da come ho capito non gli pagano i diritti, e non prende i soldi dalle pubblicazioni. Credevo ci fosse dietro una roba del genere, ma se tu hai fatto tutto in maniera autonoma e indipendente, non c’è nessuna etichetta dietro. Almeno non hai nessuno con cui litigare, è già qualcosa!

Akran: «Quella è stata una scelta fatta apposta. Perché devo dare i miei diritti, ma anche solo che sia la metà, a uno che mi fa dei video, o che mi pubblica le robe online, che cazzo mi devi pubblicare? Me le pubblico da solo, i video me li faccio da sola e via. Fabiano ha un senso, perché comunque lui vende, ha un seguito, e allora magari avrà fatto un deal sconveniente. Lo stanno fregando? Non ho seguito troppo la faccenda, sincero»

Ok, altra domanda. Corner Culture. Che cos’è esattamente? Io la seguo, anche tramite la pagina su Instagram, ma probabilmente qualcuno non la conosce. Se puoi presentarcela un attimo…

Akran: «È una realtà contenitore di diverse robe, perché non sarà solamente un etichetta. L’ho creata anche per organizzare questa roba dei live. Perché in questa occasione apriamo noi, ma non voglio essere sempre io ad aprire i live. Mi piace portare degli artisti americani, è una roba che mi gasa, ti dico la verità. Tutto è iniziato per caso, organizzando delle roba ai tornei antirazzisti, così. E poi, vabbè, c’è stata la roba di Benny l’anno scorso. Abbiamo provato a farne tanti altri quest’anno, che tra una bega e un’altra non siamo riusciti. Però ho visto che dopo l’esperienza di Benny abbiamo imparato certe cose. È figa questa roba di portare un artista americano che ti piace, magari anche attuale. Perché diciamoci la verità: mi sono anche un po’ rotto le palle. Lo sai, il nostro gusto è quello, però non voglio rifare per l’ennesima volta i Mob Deep Per quanto Havoc mi piaccia! Hai capito, no?»

Certo, ho capito quello che vuoi dire.

Akran: «Cioè non voglio organizzare quelli che arrivano sempre, che ci siamo sucati già 20 volte. Poi io son un megafan, sia chiaro! Però mi piace di più organizzare i live per Griselda: questi qui, che fanno quel sound, che comunque ti gasa, ti piace, che però magari sono freschi adesso. E quindi, Corner Culture serve a questo, sono mega appassionato di questa roba di portare altri artisti e in più voglio usarla anche come realtà per spingere altri artisti. Ti dicevo appunto che sto facendo dei beat, che sto producendo nuovi ragazzi. Al momento non stanno uscendo perché hanno fatto poche robe, Però, a breve, verranno fuori. Anche loro, durante il live di Ghost, saliranno probabilmente. In pratica Corner Culture è una label indipendente e anche un po’ di booking»

Volevamo sapere anche qual è il tuo legame con Yared e con la PL Click, sia dal punto di vista personale, che lavorativo quindi musicale.

Akran: «Vabbè, parto dal punto di vista personale che è quello più umano. Ci conosciamo da un sacco di tempo, siamo fratelli, siamo Habesha. Tu prima citavi Invisibilis, quindi immagino che avrai visto anche il PL Freestyle. Quindi sì, ci conosciamo davvero da un sacco di anni. Credo di aver visto Yared per la prima volta di persona, che ero forse minorenne, addirittura. Forse avevo 17, 18 anni… E con lui c’è stato l’approccio iniziale anche al rap, perché è eritreo anche lui. Poi chiaramente io ero fans, li conoscevo. Ero mega fan di Galante, Gambino, di tutti, insomma. Da poco tra l’altro ho conosciuto meglio Gambino. Cioè, lo conoscevo già, però non vivendo a Bologna (stava in Brasile), non ci si vedeva. È tornato da poco a Bologna. Al momento sta qua. Non so se vive qua, però adesso è qua! Siamo andati a cena l’altra sera con Taiotoshi e Gambino… Comunque, musicalmente parlando, è chiaro che sei di Bologna li conosci per forza. Sono quelle le robe che ti arrivano. Non mi ricordo che ci ha presentato, forse Taiotoshi (io e Taio siamo molto amici!) comunque da quel periodo siamo rimasti molto legati. Poi abbiamo avuto degli anni in cui eravamo un po’ più distanti, perché comunque fra, c’è un gap generazionale importante!»

E infatti mi hai anticipato la domanda successiva. Perchè per certe robe mi sembrate molto legati. E infatti mi chiedevo, ti senti più legato a quella generazione lì o alla generazione dei tuoi coetanei? Magari, non so… Brenno o gente che ha più o meno la tua età?

Akran: «Beh, è diverso. Cioè, con Yared e i ragazzi ci becchiamo delle volte. Cioè, con Yared un po’ più spesso, forse, rispetto magari al Galante e Danger. Ma anche con Danger e Galant in realtà mi vedo. Con Brenno e gli altri invece siamo regaz che vivono la stessa città, hai capito? Cioè, facciamo le stesse cose, più o meno usciamo insieme, Anche stasera, più tardi andrò al bar, ci saranno Brenno, Robiel (Django dei ClubSmokas ndr) e tutti quelli, hai capito? A loro mi sento legato… Sai cos’è? Che alla fine siamo molto simili. A Bologna alla fine la gente più o meno, ha lo stesso gusto. Cioè, anche se c’è un’età differente (per cui magari quelli c’hanno i figli, hanno i cazzi loro, non è che vengono con te alla sera a far mattina, no?), però comunque il gusto musicale… Siamo affini in qualche modo. Sono tutte persone che a prescindere dall’età sono molto sul pezzo sulle uscite. Non sono per forza legati solo a un certo periodo storico. Cioè, si ascoltano tutto, più o meno. Anch’io sono fatto così! Chiaramente ci sono delle robe che mi fanno cagare e delle robe che mi piacciono, ma indipendentemente dall’età. Quindi per rispondere alla domanda, ti direi po’ da entrambi. Sono parti della città diverse che rappresentano momenti diversi che in qualche maniera comunque si assomigliano. Quindi mi sento legato un po’ a tutti, diciamo»
Ed è proprio insieme a Yared che siete riusciti a chiamare in Italia Benny the Butcher! L’organizzazione dell’evento è stata curata da te e lui, giusto?

Akran: «Sì, io, Yared e Alberto. L’altro ragazzo con il quale abbiamo collaborato, di Milano. In quell’occasione eravamo in tre, Ci sono stati un po’ di ostacoli: c’era stato quel diluvio assurdo, erano esondati i fiumi, abbiamo avuto un po’ di sfiga anche!  Un gran bordello: io ero in Olanda, sono tornato quel giorno stesso, rischiavo di non venire! Era il 19 maggio il live, dovevo tornare il 19 qua, apposta per beccare loro. E il 18 scopro che tipo c’era lo sciopero aeroportuale. Rischiavo di rimanere bloccato ad Amsterdam! Per assurdo, quel giorno Salvini ha fatto rinviare lo sciopero e ce l’abbiamo fatta! È stata una roba assurda, non ci volevo credere. Però obiettivamente abbiamo fatto i salti mortali»

In realtà, da fuori, da sotto il palco, non avevo percepito come una roba improvvisata, anzi, mi sembrava una serata organizzata bene!

Akran: «Era stata organizzata bene, però in meno tempo. Con poco tempo a disposizione abbiamo fatto i salti mortali. Sembrava anche che tutte le cose ci fossero contro. Appunto, imparando da quell’esperienza, abbiamo capito che dobbiamo prenderci le cose per tempo e crearle con calma. Ad ogni modo sì, la “combo” era quella. Adesso non c’è Alberto, abbiamo altri ragazzi che sono un bel gruppo di gente che lavora, fa queste cose da tempo. Questa volta ci siamo un po’ espansi, anche a livello di grossezza dell’evento, no? Cioè, di Benny sono mega-fans, come di tutta la Griselda, però, il Family Ghost del Wu-Tang… Credo che abbia anche un altro pubblico e speriamo che venga anche molta più gente a vedere, almeno me lo auguro!»

Benny the butcher live Bologna tour reportage

Ti volevo chiedere il rapporto che hai un po’ con la scena rap di Bologna, ma direi che me lo hai già detto. E fuori Bologna? Come te la cavi? Come sono i tuoi rapporti con rapper di altre città?

Akran: «Io vado molto anche a conoscenza, cioè, beccarci dal vivo. È difficile che faccia un pezzo con te scrivendotelo online senza che ci becchiamo di persona. Del tipo, a caso, facciamo il pezzo e finita lì. Tendenzialmente tutte le robe che ho fatto con gli altri è sempre gente che prima ho frequentato, che ne so, per un mese, a beccarci e a fare delle balotte. Nascono in maniera spontanea. Dopo un po’, magari siamo in studio insieme, la facciamo! Quindi, questo implica che non sto a scrivere a gente che non conosco, solo per fare un pezzo assieme. Però c’è gente di diverse città, da Milano a Roma, che ho frequentato spesso. Ad esempio Carter e i suoi soci, sono stati a Bologna spesso. Il gancio è Brenno, dato che sono molto amici. Poi abbiamo fatto serate, eccetera, abbiamo fatto le robe insieme. Per fare un altro esempio, ho fatto la roba con Amir, che adesso vive a Bologna, ci siamo beccati spesso e abbiamo fatto il pezzo, mi serve avere un rapporto umano per collaborare, poi magari qualche eccezione ci sta, avessi la possibilità di collaborare con Rakim anche online andrebbe bene!»

Cambiamo un po’ argomento. Volevo chiederti dal tuo punto di vista, come vedi la cultura hip hop in questo momento. Noi siamo quasi coetanei, abbiamo vissuto un periodo, anche senza andare troppo indietro negli anni  (fino al 2009-2010…) dove se ascoltavi l’hip hop eri uno sfigato. Al contrario di adesso dove tutte le classifiche sono piene di pezzi più o meno rap/hip hop. Volevo chiederti il tuo punto di vista: secondo te il movimento hip hop è cresciuto davvero o è solo un’apparenza ed è una roba gonfiata da classifiche e numeri?

Akran: «Sicuramente l’allargarsi del pubblico crea per forza di cose un allargarsi anche del pubblico che “segue” realmente il movimento. È anche chiaro che ci sarà sempre la gente veramente appassionata che fa la roba a prescindere dalle mode e il pubblico generalista che si avvicina alla cosa perché è la roba del momento. Però, non è per forza una roba cattiva secondo me. C’è semplicemente più scelta. Cioè, adesso c’è così tanta roba che esce che per forza di cose c’è anche il “Ballo del QuaQua”, capito? Non può non esistere. Non so se è un male. Per quanto mi riguarda, io semplicemente non l’ascolto. Poi ognuno fa il cazzo che gli pare. Non sono uno di quelli che hatera per forza. Adesso è normale che la gente si avvicina più facilmente alla cosa. È come qualche anno fa chi voleva fare il calciatore. Adesso ci vedono dei soldi: è un po’ più facile arrivare a fare quei soldi lì. Un ragazzino che dice “cosa devo fare della mia vita? Forse riesco a fare due soldi anche da lì” anche se magari non gliene frega neanche più di tanto di andare a farsi una cultura dietro. Detto questo, ci sono anche molti ragazzini (io ne ho conosciuti alcuni specialmente a Bologna) che mi meravigliano. Che sono proprio fans sfegatati di robe che vanno a ripescare e ti dicono “Quel disco là uscito nell’86…” magari un disco che si saranno cagati 3 americani… Comunque là vedo che c’è gente che ha ancora la fotta per l’hip-hop. È meno visibile perché è meno digeribile però comunque dobbiamo forse anche tenere conto che la società è quella.»

Parliamo un attimo di Ghostface Killah: ti volevamo chiedere come avete fatto a pescarlo? Come è nata questa cosa e se ci puoi raccontare qualche aneddoto qualche roba di come è arrivato il contatto e qual è il vostro ruolo materialmente nel live…

Akran: «Senza entrare troppo nei dettagli, siamo riusciti ad entrare in contatto con il management del Wu. Comunque loro sono in tour, in particolare c’è il tour di Ghost non è ancora stato annunciato per intero. Quindi siamo riusciti a contattarli e a fare in modo che appunto si riesca ad avere Ghost, per un unica data italiana che per quanto mi riguarda è un Signor Live. Penso ad esempio a tutti quelli che magari sono anche fans della Griselda eccetera no? Comunque il tuo “Westside Gunn” è palesemente un Ghostface Killah, a parer mio, anche un po’ più scarso se posso dire! Fa quella roba lì ed è quello dal quale hanno preso ispirazione tanti che sono venuti dopo, come la Griselda, che a me per altro piace molto.»

Ti è capitato di sentire dal vivo Westside Gunn? Quando hai iniziato a seguire Griselda?

Akran: «In realtà io Westside Gunn non sono ancora riuscito a vederlo live, perché dovevo andare a quella roba lì a Milano che poi la fece Conway. Però se viene, anche solo in un paese qua vicino, penso di andarci. Secondo me lui si distingue proprio il gusto artistico perché non è una questione di numeri. Se tu vedi, loro non fanno numeri così grossi da giustificare quello che è il rispetto che hanno da parte dei grossi. Ad esempio, qualche tempo fa Drake, che era uno degli artisti più grossi al mondo, che continuava a fare le stories sentendosi i pezzi di Griselda. Alla fine, se una cosa è figa può fare anche due views però cioè quelle due persone che la vedono riescono a riconoscerlo e continuano a pomparla a tutti. Secondo me loro rimangono un esempio per quello che sono riusciti a portare nella scena in un periodo dove non c’era molta scelta. Sono emersi in un periodo dove quella roba lì mancava. Io in realtà all’inizio li ascoltavo anche un po’ distrattamente, ma Taiotoshi già nel 2013-14 se li ascoltava, perché è anche più simile a quel mondo lì. Lui li ascoltava di brutto e mi faceva sentire i primi dischi di Westside Gunn. Quando sono esplosi in Italia , se ti ricordi, mancava quella roba. Era un periodo nel quale era tutto Mega trap! Era uscito il disco di Nipsey, che era un po’ diverso. Non era trap ma era hip-hop West Coast. Loro sono stati una cosa che mancava in quel momento, con un immaginario totalmente nuovo perché comunque questi qua avevano le collane… A partire dalle copertine dei dischi, il merchandising, quelle robe lì… Sono stati dei visionari le perché alla fine è un’epoca dove l’immagine conta moltissimo! Ti faccio un esempio. Sono andato a vedere a Milano il live di AZ, che è uno dei miei rapper preferiti, sono rimasto mega deluso dal vedere che c’erano 200 persone al Biko. Che tra l’altro è piccolo come locale e non era sold out! E dicevo, come c*zzo è possibile: questo è un rapper della Madonna! Non me lo spiegavo. Per quanto magari non sia mai stato il miglior liricista, comunque uno che è sempre stato figo! Alla fine è un’epoca in cui l’immagine conta molto, nella cosa che fai. Se riesci ad avere una quadra giusta della musica figa e un immaginario giusto che funziona, hai fatto centro. Poi magari è brutto da dire, ma la musica da sola purtroppo non basta più, tant’è che tu lo vedi, cioè, ci sono un sacco di rapper che spaccano, però gli manca quello»

E in Italia come siamo messi da questo punto di vista?

Akran: «Ma anche in Italia alla fine è dovrebbe essere uguale, ma vedo che contano parecchio i numeri. Dipende dai casi però è difficile essere cagati se non si ha già un minimo di seguito. E poi in Italia, secondo me, tutti dovrebbero un po’ mollarsi da questa idea che “si mangia da soli”, hai capito? Sembra che se uno riesce a fare qualcosa, è un qualcosa che toglie a te. Ma in realtà, secondo me, è meglio avere una piccola parte, una piccola percentuale di qualcosa, che è il 100% di niente. Non ha senso veramente. Ci sono persone che si chiudono in sé stessi. Questo è un errore un po’ che stavo rischiando di fare anch’io, tant’è che ad una certa mi ero fissato che avrei fatto i dischi io da solo. Ti viene da dire: tu non sei carico? Fanculo, non ho bisogno di te, faccio io da solo. Però non lo so, alla fine sta roba è anche aggregazione, no? È cultura e la cultura non può essere solo tua. C’è un po’ sta roba in Italia, spero che adesso con le nuove generazioni qualcosa cambi. Li vedo molto più focus sul fare, sul condividere, eccetera»

Altra cosa che ti volevo chiedere: esattamente, cos’è Bolochapter Boogiethon? È un format? È una roba che avete intenzione di replicare?

Akran: «Ci saranno altre robe, è un format che vuole crescere. Gli altri soci, magari avranno modo di presentarsi meglio loro personalmente, sono di altre città, sempre in Emilia-Romagna. Con loro abbiamo intenzione di crescere stando in regione. L’idea nostra è che siamo, geograficamente parlando, in un punto non tecnico, di più, della nazione. A metà strada tra Milano e Roma. Puoi fare le robe invernali nel capoluogo a Bologna e le robe estive le cacci in riviera. È una regione che può fare molto bene. Poi anche storicamente parlando, comunque non è una città a caso Bologna. Bolochapter sarà un format che poi magari, come avrai capito, cambierà il nome in base alla città dove si svilupperà. È un nuovo capitolo che si vuole aprire a livello musicale. Perché comunque alla fine, ho visto una roba che si è spenta: il suono di Bologna. C’è stato nella città qualcuno di più giovane che magari ha funzionato a livello di vendite, però fa una cosa che è completamente fuori da quello che è un po’ l’essenza della città. Alcuni li conosco pure, abbiamo degli amici in comune, non li voglio criticare. Però secondo me il suono di Bologna è un’altra cosa. Quella è una caratteristica, hai capito? Perché serve la caratteristica. Se andiamo a fare i milanesi non abbiamo chance. Non puoi fare a gara con quelli di Milano, perché è la loro roba. È inutile. È lì che c’è il mercato. Cioè qua tocca spingere su quelle che sono le peculiarità della città, della nostra zona, ed è quello»
 
Che è quello che è sempre successo anche in America. Cioè, se nascevi nella West Coast, facevi il rap della West Coast, non ti mettevi a copiare quelli di New York.

Akran: «Capito? Ha senso! Noi dobbiamo distinguerci sia a livello di eventi che a livello di produzioni, di robe musicali. Che poi a me piace molto anche l’R&B e molto altro. Non sono fissato con il rap scuro underground. Mi piacciono tantissime cose che usciranno, come appunto gli altri regaz di Corner. Non è che siano tutti come me. Avendo anche un’età a dieci anni meno di me, è chiaro che ascoltino altre robe. Però c’è un filo che accomuna le cose. Lo senti. C’è un gusto che accomuna le robe. Cioè, quel gusto di Bolo, secondo me, è troppo importante. Perché scompaia o non abbia un rilievo a livello nazionale. Poi nessuno ha la pretesa di vendere come altri artisti mainstream. Non è quello il tuo campionato»
 
E questa visione si ripercuote anche nell’organizzazione degli eventi, giusto?

Akran: «Vogliamo fare le nostre cose. Sicuramente le nostre possibilità non ci permettono neanche di competere a livello economico con personaggi che hanno aziende che fatturano milioni, sono milionari, eccetera. Però nel nostro piccolo, la mia idea è fare poche cose, ma fighe. Magari fai uno, due, tre eventi all’anno. Però quei tre eventi devono essere una stecca. Non perché ti sei preso Travis Scott che costa due milioni di euro. Ma perché, quell’artista che arriva in quel momento è rilevante ancora in quel momento. E ha una storia! È figo perché rappresenta qualcosa, fa uno stile diverso, ma sopratutto che ci piaccia. Che in qualche maniera comunque deve essere anche inerente con quello che è la città di Bologna. Quindi ci saranno altri episodi, stiamo già lavorando a qualcos’altro, ma che al momento non posso svelare. Adesso vogliamo stare sul pezzo e fare tutto quello che riusciamo. Una cosa che ho capito in questi anni è: non puoi lamentarti di come ci sia solo una narrativa se tu non ne crei un’altra. Anche se è meno ascoltata, però uno deve avere la possibilità di avere un altro punto di vista, hai capito?»

Lo avete appena annunciato, ma come sta procedendo la promozione dell’evento?

Akran: «Ricordiamo che l’evento sarà al Dumbo, a Bologna Sabato 16 novembre 2024. I biglietti sono fuori a questo link. Aggiungerei una nota per chi legge. Però per noi è fondamentale quel poco supporto gratuito che magari a uno non costa un cazzo, anche solo attraverso i social. Chi segue questo genere, spesso è gente “timida” online, che si fa i cazzi propri. Che li capisco pure io. A una certa, poi se sei leggermente cresciuto, non hai il tempo di stare online. Però è fondamentale supportare i localz, perché se no alla fine la roba muore lì. Diventa una roba che sembra quasi inesistente. Questa è la vostra città, in qualche maniera rappresenta voi. Ma anche solo partecipare ai live. Alla fine, secondo me bisogna avere l’idea della collettività. Cioè si pensa sempre quasi che il pubblico sia una roba al di fuori di quello che è l’arte. Ma quelli che dettano legge sono loro»

Akran

Secondo te, cosa manca adesso alla scena? Cosa serve per continuare a far vivere questo movimento?

Akran: «Spesso c’è una mentalità un po’ chiusa che fa dire: sta roba è troppo vecchia, puzza, no? Si poteva parlare così quando il rap era un genere per sbarbi. Ma adesso iniziano ad esserci i primi sessantenni, settantenni! Sta roba deve cambiare. Nessuno dice al jazzista figo che arriva a suonare al festivaljazz, a Porretta, “Ah no, è troppo vecchia sta roba”. Secondo me un po’ sta cultura uno deve sentirsela sua. Se tu ti compri i dischi, sei uno che si ascolta le robe, e partecipa attivamente anche se non sei un rapper, o non sei uno che dipinge, stai facendo hip-hop. O ad esempio anche voi di Rapologia: la vostra passione è l’hip hop, è ascoltare la roba hip hop e ne scrivete. Secondo me, uno a modo suo, il suo contributo lo deve dare in qualche maniera. Se invece non scrivi, non rappi, non fai un cazzo, puoi sempre venire ai live a sentirti i concerti. Già partecipare, già comprare il biglietto per venire all’evento è fare la propria parte. Esiste una cultura quando c’è un minimo di attenzione su una roba. Una roba che noi magari per una questione d’età non ci siamo vissuti, essendo stati troppo piccoli, è il periodo delle jam. A me una cosa che il hip hop ha dato sono state le conoscenze, le persone, l’interesse. Io a scuola ero un cane, non mi piaceva andare a scuola, però poi mi sono reso conto che comunque i libri delle persone che mi interessavano me li studiavo, i digging di certi dischi l’ho fatto. Cioè mi ha dato una cultura dove forse la scuola non era riuscita. Poi l’esperienza. Ok, non ci ho fatto i soldi però ho conosciuto un botto di gente. E chi dice che questa modo di acculturarsi sia peggio di quello classico? Secondo me questa roba può dare moltissimo a chiunque, oltre i soldi, oltre e al di là dell’immaginario del rapper hip hop. Intendo proprio a livello di esperienze, di vita. E secondo me è un linguaggio universale. Perché se tu vedi vai in qualunque pare del mondo, comunque c’è una comunità, un gruppo con la fotta di questa cosa qui. Quale altra cosa ha conquistato il mondo, in modo da avere una scena viva in ogni paese? In certi villaggi dell’Africa dove magari non c’era l’acqua potabile, la gente sa chi cazzo è 50 Cent. Se ci pensi è una roba assurda. Sì, il rock anni fa era estremamente diffuso, però secondo me, era più chiuso al mondo occidentale. Ha contribuito anche il fatto che oggi la fruizione della musica è più facile, perché comunque internet più o meno c’è ovunque. Il rock andava fortissimo in un momento in cui i dischi li dovevi comprare. E uscire a comprarti un disco pagandolo tot, doveva piacerti, dovevi andare a colpo sicuro. Me ne accorgo quando vado in vacanza in un qualsiasi posto. Non ti sto a dire le città grosse, ma proprio quando vai nei paesi piccoli, che rimango sconvolto. Dico, porca troia, ma veramente siamo arrivati fino qua? E lì è diventa linguaggio universale: nei posti dove le lingue sono diverse e le persone hanno culture totalmente diverse. Nessuno l’ha imposto. Però si è diffusa da sola. Una cosa che io cerco di fare è andare ai concerti. Quella è l’aggregazione! E la gente deve pure beccarsi. Anche io e te, anche se abitiamo a tre chilometri di distanza, non ci saremmo mai beccati se non fosse stato in questo contesto. Secondo me in Italia c’è molto margine di crescita adesso. Magari anche gente indipendente può riuscire a fare delle cose. Ti possono mancare i soldi per la promozioni e magari non arrivi a tantissime persone perché mancano dei fattori.»

La tecnologia ha aiutato tanti a provare a fare la musica. Perché negli anni 90 fisicamente c’era gente che non riusciva. Perché servivano studio di registrazione, microfoni e quant’altro. Adesso basta un telefono potenzialmente. Ha un pro e un contro questa roba, perché comunque da voce a tutti. Una volta prendeva il microfono in mano solo chi se lo poteva permettere. Adesso lo pigliamo tutti.

Akran: «E’ un po’ un dito in culo. Personalmente io dico: me ne sbatto. Semplicemente non li ascolto. Ma questo sono io: una persona ormai adulta, che ha un percorso storico, ha un gusto personale. È chiaro che è un ragazzino, che magari si approccia alla cosa adesso, non è in grado di distinguere. Quello è il contro. Però la libertà è questa»

Bisogna vederla in maniera positiva, secondo me. Se cento ragazzini hanno la possibilità di prendere in mano il microfono, ce ne saranno 99 che sono dei coglioni. Ma se ce n’è uno che riesce a dire una cosa intelligente o a fare carriera in un certo modo… Dei essere contento per quello lì.

Akran: «Ma infatti guarda. Per tornare al volo alle cose che ci piacciono, diciamo che secondo me, questo gusto, questo sound, forse sono quelli della mia generazione gli ultimi che ce l’hanno. Siamo gli ultimi più o meno che pensano di fare questo. Ho visto più su Milano “il gusto Griselda”, più che su Bologna. Qua tra i piccoli, vedo che va di più lo stile “milanese”, perché va più di moda e cercano di emulare chi ce l’ha fatta, tipo quello che vende, ma appunto c’è già lui!  Il problema poi non è tanto “la hit”. Quando sono andato a sentire il live a Milano di 50 Cent, mi sono reso conto che ogni canzone che suonava era una hit. Non è la Hit il problema, ma quando la cosa diventa troppo becera: fare il Ballo del QuaQua per arrivare in radio. Allora in quel punto, non mi interessa più. Se invece fai la hit, che comunque è figa, ha un gusto musicale, è una roba forte, dici delle cose che sono fighe… ben vengano allora! Abbiamo ascoltato merda. Tutti hanno ascoltato delle porcate. Ce ne facciamo una ragione dopo un po’: basta saper filtrare»

Quindi cosa dobbiamo aspettarci dal tuo futuro? In realtà qualcosa me l’hai già detto e qualcosa forse lo dobbiamo omettere… Sarai più concentrato su fare musica o più concentrato su lavorare per altri, per l’etichetta o per creare eventi?

Akran: «Una cosa non esclude l’altra. In questi anni, mi ha sempre frenato il fatto che anche lavoro. E andare a lavoro porta via un po’ di tempo che non puoi dedicare a fare le cose che vorresti fare. Per fortuna adesso sto incastrando un po’ di robe tutte insieme che stanno andando bene. Probabilmente da ottobre lascio il lavoro e mi metto a fare totalmente questo. Cerco di sopravvivere in qualche maniera. Però voglio dedicarmi totalmente a questa roba qua! E per “questa roba” intendo probabilmente 360. Non ti dico, punto su Akran, che deve fare il disco, che vende, quindi va a suonare. Magari produrre, magari organizzare l’evento, fare una traccia. E avendo 24 ore a disposizione spero di essere più produttivo a livello artistico e a livello di organizzazione di eventi. Però sì, sicuramente ci saranno d’ora in poi, molte più robe rispetto a quello che sono stati questi ultimi 2-3 anni. Anche perché non ho fatto uscire niente. Ci saranno molte più robe, appunto perché comunque io in questi 3 anni ho fatto tantissime cose. Che non ho fatto uscire. Quindi qualcosa dovrò fare di queste robe, hai capito? Ci saranno belle robe. Sono lì, ci ho lavorato, sicuramente usciranno. Non me le tengo lì così per me.

Ringraziamo Akran per la disponibilità e la splendida intervista e aspettiamo con ansia la serata del 16 novembre e le sue nuove release!