Loyle Carner al Royal Albert Hall, un live indimenticabile

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Ci sono esperienze di cui è difficile parlarne e ancora di più scriverne perché la sola parola non è in grado di raccogliere tutte le emozioni e le sensazioni che si sono provate. Assistere al live di Loyle Carner nella sua città, dentro al Royal Albert Hall, una delle sale da concerto più conosciute di tutto il mondo, è stato un privilegio. 

A distanza di un anno siamo ancora emozionati per il live di Loyle Carner al Royal Albert Hall

Quello di Loyle Carner non è stato solamente un bel concerto, ma una vera e propria esperienza che attraverso la musica ha connesso migliaia di persone. Il 6 ottobre 2023, giorno del suo ventinovesimo compleanno, il rapper londinese ha fatto un regalo al suo pubblico portando live il suo ultimo disco hugo in uno dei templi della musica.

Il Royal Albert Hall è imponente: le sue larghe scalinate sembrano infinite mentre le sali con trepidazione. In sottofondo si sente il vociare entusiasta delle persone che si insinua nei lunghi corridoi. Affacciarsi a strapiombo sul palco illuminato dalla luce soffusa dà l’impressione di affacciarsi su un luogo storico, un palco che ha visto passare i nomi più importanti della musica mondiale.

Carner si conferma un artista giovane ma talentuoso. Sale sul palco accompagnato da una band strumentale che ha saputo creare una performance perfetta, e ha scelto come ospiti Jordan Rakei, Athian Akec e JNR Williams, nomi poco conosciuti nel panorama italiano ma di spessore in quello inglese.

Manca qualche secondo alle 20.30 e di colpo le luci si spengono, prima qualche secondo di silenzio e poi un lungo applauso. Il grande lucernario circolare sopra al palco si illumina di rosso e sotto appare Loyle Carner, solo, in tutta la sua semplicità che intona le note di Hate.

hugo: uno spiraglio che ci permette di intravedere dentro la vita personale dell’artista

L’essenza di hugo è una narrativa personale che intreccia le complessità dell’identità personale con le relazioni familiari. Centrale dentro alle strofe e nell’immaginario dell’album è la macchina del padre di Loyle, che diventa un simbolo di sfide tra generazioni e insieme luogo dell’avvicinamento tra padre e figlio.

Dentro allo spazio delimitato dell’automobile, Carner ha trovato uno spazio dove mostrare le sue vulnerabilità e aprirsi con onestà a conversazioni emotivamente complicate che però lo hanno reso un uomo adulto consapevole. L’auto diventa così il luogo dove nasce l’idea del disco: uno spazio di formazione e crescita personale che nella copertina di Hugo Reimagined, Live from the Royal Albert Hall appare in stato di demolizione perchè testimonianza di come il potere della musica sappia trasformare il tumulto emotivo in bellezza e arte, lasciando indietro i rancori e i fantasmi del passato.

Senza il rap sarei solo un ragazzo arrabbiato, la musica mi ha permesso di perdonare.

Il rapper introduce per ogni brano quello che è stato il processo creativo e racconta scendendo nei particolari alcune esperienze della sua vita privata che lo hanno portato ad essere lì. Racconta delle difficoltà riscontrate nel rapporto con suo padre e del perdono reciproco arrivato quando Loyle è diventato padre a sua volta.

Racconta dell’affetto viscerale per la madre e poi allarga il discorso parlando del valore umano della famiglia e dell’importanza di avere una rete di salvataggio nei momenti difficili. Parla della scuola, del valore dell’educazione, della paura di fronte a dei governi sempre più razzisti e delle difficoltà economiche che sempre più persone vivono a causa di scelte politiche sbagliate.

15 brani in tutto per un live di un’ora e mezza abbondante. Oltre a performare tutte le dieci tracce di Hugo, ci sono alcune delle sue canzoni più conosciute come Ottolenghi, Loose Ends Still prese dal suo penultimo album Not Waving, But Drowning che lo ha consacrato come uno dei rapper più influenti della scena uk.

Il rap può essere un rituale collettivo

Siamo tanti, tantissimi, migliaia di voci diverse, pensieri diversi, lingue diverse che si incontrano in un unico luogo. Fino ad ora siamo estranei, ma la sensazione appena usciti è quella che siamo stati un’unica grande famiglia.

L’atmosfera è commovente non solo per il riarrangiamento strumentale delle canzoni, ma anche per gli intermezzi che come in un vero e proprio spettacolo teatrale hanno spezzato il flusso sonoro arricchendolo.

Loyle Carner è un ragazzo della periferia londinese cresciuto in una situazione precaria: mentre il centro di una delle metropoli più grandi del mondo ingurgita turisti e soldi, la cornice di Londra contiene milioni di identità diverse che spesso si ritrovano più a sopravvivere che a vivere. Parla della precaria situazione sociale del suo quartiere, invita a non aver paura e ritrovarsi; lancia un forte messaggio di supporto e amore umano incondizionato.

Parla di sentimenti comuni che tutti prima o poi sperimentiamo sotto varie forme, ci sentiamo accomunati dalle stesse sensazioni, ridiamo, cantiamo e ci commuoviamo insieme.
E mentre questo concerto è stato un rituale collettivo di una ritrovata umanità, le parole di Loyle Carner suonano premonitrici perché in quel preciso istante il mondo fuori sta ricominciando a bruciare.

La storia di Loyle Carner è una storia che nasce individuale ma che grazie al rap è diventata collettiva. E forse è questo che ci accumuna tutti: il rap ci ha dato un’identità perchè ci ha reso riconoscibili nella nostra solitudine, nel nostro disagio e nella sofferenza. Per questo certi live sono più importanti di altri, perchè ci ricordano chi siamo.