Lo scorso venerdì è uscito un disco molto importante per il rap italiano e siamo più che contenti di potervelo presentare in questa intervista: stiamo parlando di Black Pulcinella di Clementino, un progetto dalla considerevole cassa di risonanza mediatica e dalla conseguente potenzialità di far capire al grande pubblico cosa sia il rap nel nostro Paese.
Il settimo album ufficiale del rapper partenopeo è semplicemente un album hip-hop, dall’inizio alla fine, e non possiamo che esserne grati.
Nel corso di questa chiacchierata realizzata con Cleme capirete meglio il perché.
Intervista a Clementino su Black Pulcinella, tra tecniche, flow e… B-Real dei Cypress Hill!
Ciao Cleme, come stai?
«Ciao Matteo, bene bene, anche se ieri sera forse abbiamo festeggiato un po’ troppo (ride, ndr)»
Mi sembra giusto, anzi è doveroso farlo…
«Sì sì ma l’ultima volta che me l’hanno detto sono stato una settimana a casa (ride, ndr). Sono comunque contento perché è uscito l’album e mi stanno scrivendo un sacco di cose belle, quindi sono felice»
Rispetto ai tuoi precedenti dichi he previsioni hai per questo album? Come pensi verrà recepito?
«Io mi son divertito tanto nel realizzarlo, più degli altri album, perchè l’ho fatto senza pensare troppo sull’accontentare tutti o altro. Ho fatto semplicemente il mio rap, un po’ quello di Napolimanicomio, di I.E.N.A. e delle gare di freestyle. Spero che piaccia anche alla gente, mi stanno comunque arrivando veramente tanti messaggi in cui mi dicono che hanno ritrovato il sound boom bap. Ecco, era proprio una cosa che faceva proprio parte del mio progetto»
Da fan del boom bap lo apprezzo molto, come apprezzo anche la scelta di non essere “sceso a compromessi” con i suoni tipici del momento, come ad esempio la drill…
«Sicuramente il mio sound ricorda molto la west coast anni Novanta ma è proiettato nel 2022. Puoi vedere così anche tutti i featuring, dato che sono più giovani di me. Quindi è un disco dall’animo vecchia scuola ma con i piedi ben saldi nel 2022. Sono comunque contento di aver collaborato con tutti questi artisti, anche con quelli che non avevo mai collaborato…»
Molti di questi poi provengono dalla tua regione e sono tra l’altro rapper che hanno sempre portato avanti il dialetto nei loro brani. Ti sei sentito quasi in dovere di chiamare in questo disco i maggiori esponenti del rap campano?
«In verità è nato tutto in maniera tutto molto naturale. Io non riesco a “scrivere per”, io scrivo le canzoni e, dopo averle chiuse, magari mi accorgo che ci sta molto bene un determinato rapper. Viene comunque tutto naturale, senza progettare troppo le cose, altrimenti il risultato non viene così bene»
Dall’altra parte vediamo Nerone, Ensi e Mattak, campioni di tecnica ed incastri: pensi sia il tempo di spingere forte su queste caratteristiche?
«Speriamo Matteo, speriamo. Spero con tutto il cuore che sia di nuovo il tempo delle tecniche e dei flow, ossia quello che abbiamo sempre fatto. Avendo anche una scuola rap americana molto vasta, io in un periodo in cui tutti fanno A io faccio B ed è solo così che riusciamo a rompere le regole e a fare qualcosa di diverso»
Ed è un po’ ciò con cui ci hai presentato Univers, una delle tracce che più preferisco del disco, una canzone che ha come monito quello di seguire sé stessi e fare le proprie cose, senza guardare gli altri, rischiando così di diventare una copia. Senz’altro un bellissimo messaggio e credo anche necessario ma, ti chiedo, secondo te, com’è possibile fare questo nell’era dei social dove quotidianamente siamo bombardati dalle attività altrui: se secondo te c’è un modo per estraniarsi e non venire influenzati troppo dagli altri?
«Non hai idea di come son contento che hai detto che è una delle canzoni più belle del disco, perché è un pezzo a cui tengo tantissimo. Il fatto di differenziarsi è comunque la regola chiave nel rap: quando sei originale e sei sempre te stesso, nessuno ti potrà mai dire niente. Quindi l’originalità è quello che ha vinto sempre su tutto. I più grandi artisti sono nati per essere diversi dagli altri, altrimenti si diventa tutti delle pecore dello stesso gregge e questa roba non mi piace»
E secondo te c’è un modo per estraniarsi e non venire influenzati troppo dagli altri? Sia nella vita personale che nella musica, dove troppe volte vediamo dischi che sono la copia della copia della copia…
«Quello che hai appena detto è giustissimo. Noi siamo in un’era dove conta molto l’apparenza, io penso che dobbiamo tornare a dare ragione alla musica e non a tutte queste cazzate che ci mettono in testa: i like, i modi di vestire, etc. Manca poi la parte più importante: la musica. Io sono contento che ci sia una tecnologia che aiuta a spingere la nostra roba, da Spotify fino allo stesso TikTok per carità. Però comunque se dobbiamo muoverci soltanto attraverso delle cose meccaniche, si perde la bellezza di fare la musica e per questo io sono fiero di Black Pulcinella: mi son divertito nel fare la musica che mi piace, senza pensare a quanti like o altro»
Un artista di una major, già molto affermato, che nel 2022 sceglie ancora il dialetto in maniera così massiccia in questo album, è senz’altro una grande presa di posizione. Come mai questa scelta?
«Perché io devo tutelare la mia lingua, che è tra l’altro patrimonio dell’Unesco a tutti gli effetti. Prima mi hai nominato Univers, che ha le strofe in italiano ma il ritornello in dialetto: ecco, io cerco di muovermi in entrambe le strade, ma è anche un mio modo di affrontare la musica. É la firma di Clementino – sembra che io stia parlando di Sting o Jim Morrison (ride, ndr). A parte gli scherzi, la mia firma è proprio questa, quella di tirare fuori la roba sia in dialetto napoletano che in italiano, perchè è così che lasci un’impronta importante senza abbandonare le radici, che per me sono appunto quelle del dialetto»
A dispetto dei vari album in uscita nell’ultimo periodo che vedono tutti collabo internazionali, in Black Pulcinella gli artisti chiamati sono tutti italiani. Come mai questa scelta molto diversa dal trend attuale? C’è in realtà qualche nome internazionale con cui ti piacerebbe realizzare una collaborazione?
«Non c’è stato un vero e proprio motivo che mi ha portato a pensare di inserire un feat internazionale. Adesso che me lo stai dicendo, però, ci avrei visto i Cypress Hill su quest’album, perché poi io sono amico di B-Real. Purtroppo loro sono usciti con l’album adesso, quindi non c’è stato proprio modo di incrociarci. Tu pensa che B-Real mi ha invitato a fumare con lui nel suo coffee shop in California, quando sono stato a Hollywood. Ecco, pensandoci bene su Black Pulcinella una strofa di B-Real non era male!»
Eh magari in una deluxe edition se la farai…
«Wow, speriamo speriamo, vediamo più in la che succede. Su I.E.N.A. collaborai con Ill Bill e con R.A. The Rugged Man quindi diciamo forse che son stato tra i primi a collaborare con gli americani all’interno di un album ufficiale, per una questione proprio di rispetto dopo che ci siamo conosciuti e gli è piaciuta la mia musica. Tutto fatto bene, senza tremila passaggi. Vediamo in futuro che succede: io lo seguo veramente tanto il rap, ad esempio sono uno che va ogni anno all’Hip-Hop Kemp a Praga o che colleziona vinili etc.. Speriamo prossimamente di poter collaborare con qualche altro artista oltreoceano»
Torniamo un attimo al tuo disco. Quando hai scelto di impersonificare Sfera Ebbasta, tha Supreme e i vari artisti che vediamo nel video di ATM, hai riflettuto su quali personaggi avrebbero potuto più facilmente essere riconosciuti dal grande pubblico o è stata una scelta di vera rappresentanza in quanto pensi che gli artisti raffigurati siano quelli che in questo momento siano più incisivi nel panorama musicale?
«Sì sì, a parte essere tra i più incisivi è stato proprio divertente farlo, soprattutto vestirmi da Guè oppure da Gemitaiz, che siamo praticamente uguali: cioè se io mi metto un tatuaggio in fronte sono identico, tant’è vero che lui mi ha commentato divertito dicendo “mortacci tua!” (ride, ndr). Poi davvero, tutti quanti si sono presi bene, perché sanno lo spirito con cui faccio queste cose. Mi piace il commedy rap, la versione ironica tipo My Name Is di Eminem, e devo dire che è andata molto bene, abbiamo fatto bingo con questo video. Anzi, voglio ringraziare il team di iRed che ha curato la regia, son dei mostri nel fare queste cose».
Che è andato bene lo si vede anche nei commenti sotto il video, spesso caratterizzati da parole come “spensieratezza, belle vibes, ecc…”: è anche questo l’obiettivo della tua musica, quindi portare delle good vibes?
«Certo! Ma poi sopratutto non vedo l’ora di portarlo dal vivo questo album, perché secondo me dalle casse e rullanti che pomperanno negli impianti quest’estate verrà fuori una roba pazzesca. Le vibrazioni positive fanno parte dell’hip-hop. Hip is the knowledge. Hop is the movement, come diceva il grande KRS-One, che tra l’altro ho citato anche nel disco con quel “Chist’ è o sound e Napolì” detto come il suo “that’s the sound of da police!”. Sono contento di averlo omaggiato».
Sì sì e queste citazioni come anche tutti quei giochi di parole, tecnicismi che fai significano veramente molto per l’ambiente. Troppo spesso abbiamo a che fare con brani dove non ce ne è proprio traccia…
«Eh vabbé però hanno matchato bene il cappello con la felpa (ride, ndr). Per loro è questa la cosa importane, per me è la musica»
E il fatto che tu lo fai con la possibilità di raggiungere un grande pubblico, è veramente un toccasana per il genere, quindi semplicemente grazie.
«Sei un grande, ti voglio bene».
Visto che hai toccato il temea del tour, volevo chiederti: com’è che lo stai organizzando?
«Per adesso lo stiamo modellando il live, vediamo cosa succede. Sicuramente io farò tutto l’album, più qualche freestyle e le mie canzoni storiche. Non vedo l’ora di suonare e fare cinquantamila date»
Intanto, ti stiamo vedendo ora nelle vesti di presentatore per Made in Sud, e ancora prima, ti abbiamo visto a The Voice Senior in qualità di giudice: possiamo dire, o supporre, che quando non farai più musica, ti concentrerai sulla televisione o non hai la minima intenzione di mollare il rap?
«Io credo che non abbandonerò mai la musica. Devo ringraziare il rap, se io sono in TV è anche grazie al rap. Lo farò finché avrò le forze di farlo ma chiaramente a ottant’anni non avrò le forze di fare gli extrabeat (ride, ndr)»
Avrei tante altre domande da farti Cleme, ma so che stai andando giusto ora al tuo primo Instore. Quindi non posso che farti un grosso in bocca al lupo per tutto e salutarti!
«Grazie fratello mio, un grandissimo abbraccio. Ciao!»
E a voi, se non avete ancora recuperato Black Pulcinella, non vi resta che recuperare un album che rappresenta la prova di come si possa fare hip-hop anche in una major discografica.
Foto in copertina di Narciso Miatto.