In occasione dell’uscita del loro primo disco ufficiale, Piano B, siamo riusciti a intervistare per la prima volta Silent Bob e Sick Budd, la coppia d’attacco della Bullz Records.
Di solito un essere umano cerca di programmarsi le sue scelte di vita pensando alla strada migliore che lui possa prendere. Quindi sceglie di attuare un piano A, come possibile soluzione, oppure in extremis adotta il piano di riserva o anche detto piano B, il quale alla fin dei conti, uscendo fuori dagli schemi, risulta essere la scelta migliore che quella persona potesse fare.
Con Piano B, Silent Bob e Sick Budd sono riusciti a dimostrarci come rilasciare un buon prodotto nel rap game attuando un vero e proprio piano B.
Li abbiamo intervistati per voi.
Ciao Silent Bob e Sick Budd! Come mai la scelta di Piano B come titolo del vostro primo progetto ufficiale?
Sick Budd: «Il titolo del nostro disco può avere una duplice interpretazione: da una parte rappresenta la musica come alternativa ad una vita standard e monotona, dall’altra Piano B vuole essere un prodotto lontano dal trend, ma comunque attuale. Il titolo del disco vuole dare proprio espressione alla scelta di mantenere una propria identità nella musica ma anche nella vita.»
Da quanto tempo avevate in mente l’idea di fare un disco targato Silent Bob e Sick Budd?
Silent Bob: «In realtà è da quando abbiamo cominciato a lavorare insieme che abbiamo voglia di far uscire quanto più materiale possibile. Il punto è sempre capire quando veramente si è pronti per affrontare un percorso del genere. L’idea di un disco ci è cominciata a venire a fine 2018 quando stavamo consolidando significativamente il nostro lavoro in team. Realizzare un album richiede non solo creatività, ma anche un rapporto e un livello d’interazione che non si può pretendere di raggiungere in pochi mesi. Avevamo gli ascoltatori, avevamo il team, avevamo le idee: era il tempo di fare un album.»
L’Ep uscito nel 2018 vi ha spronati a far meglio, quindi pensare subito a un disco?
Silent Bob: «L’EP del 2018 è stato un modo per confermare quello che avevamo ottenuto nel periodo precedente con i singoli che avevamo fatto uscire e che già avevano dato ottimi risultati, per quanto fossero i primissimi lavori realizzati insieme. Silent EP è stato un modo per mettere insieme qualcosa che riuscisse a identificarci meglio già da subito e che ci consentisse di fare dei live. Non c’erano enormi aspettative, solo la voglia di dare “il nostro biglietto da visita”. È sicuramente stato un progetto fondamentale nella nostra crescita artistica e nel nostro percorso per arrivare a decidere di realizzare un disco.
Non siamo naturalmente portati per le grandi mosse di marketing o per le hit del momento, non avrebbe avuto senso aspettare troppo. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di fare musica, mettendo un po’ in secondo piano il lato promozionale e la sfera dell’immagine. La nostra promo si è quasi sempre ridotta a “Ciao raga oggi è uscito il pezzo”.»
Come sono nate le collaborazioni all’interno del disco?
Sick Budd: «Ogni membro del team Bullz ha dato il suo contributo alla realizzazione del disco in tutti i suoi aspetti. Anche nel caso delle collaborazioni tutti quanti hanno fatto proposte e messo del proprio.Con Warez c’è sempre stato un rapporto di collaborazione musicale e stima reciproca. “Skills”, uno dei suoi pezzi più forti è stato realizzato sia a livello di produzione che di studio da me (Sick Budd). Silent Bob e Warez spesso si sono incontrati in studio e si sono sempre fatti i complimenti. Il Profeta è stata una proposta di Oscar White, fondatore di Bullz, con il quale è amico di vecchia data. L’attitudine che avrebbe potuto portare all’interno di questo disco ci ha convinti subito che fosse perfetto per inserirsi in tracklist. Dium e Silent si sentivano spesso per mostrarsi reciproca stima artistica. Anche lui è stato un tassello fondamentale per la realizzazione di Piano B: un disco che assolutamente doveva respirare “realness” e strada.
Per concludere, il pezzo con Massimo Pericolo è nato da un rapporto preesistente. Nel nostro studio sono stati infatti mixate le sue Totoro e Sabbie d’Oro. Prima del boom di Massimo Pericolo, lui e Silent avevano modo di conoscersi e apprezzarsi soprattutto artisticamente. Per la tipologia di scrittura che li accomuna ci sembrava perfetto per questo disco. Una volta che ci ha detto che era preso bene nel fare della musica insieme, ci siamo messi in studio e abbiamo realizzato Autostrada del Sole.»
Quanto tempo avete impiegato nel preparare l’album e quali problemi – se ce ne sono stati – avete incontrato?
Silent Bob: «Per la realizzazione della parte musicale ci sono voluti circa 9 mesi, in cui abbiamo veramente dato tutti noi stessi. Per quello che riguarda la creazione dei brani in realtà siamo andati veramente liscissimi: l’unico problema è stato capire quando fermarsi.Una volta terminata la fase creativa avevamo solo l’ansia di far uscire tutto e non pensare più a niente.»
Quanti pezzi sono stati scartati prima di arrivare alla tracklist ufficiale?
Sick Budd: «Abbiamo scartato, circa una decina di pezzi in totale. Noi due sicuramente eravamo il primo filtro e una volta raggiunto un buon numero di brani convincenti li abbiamo proposti anche a tutto il team di Bullz che ha dato il suo parere e ci ha aiutati nella scelta finale della tracklist.»
Parlando invece di strumentali, già dal primo ascolto si percepisce che non siano stati utilizzati suoni “mainstream” ma suoni più ricercati. Come mai questa scelta e, soprattutto, c’è stata qualche fonte di ispirazione in particolare?
Sick Budd: «In realtà è una decisa presa di posizione rispetto alla discografia italiana degli ultimi anni. La mia scommessa appunto era quella di portare qualcosa di diverso: era fondamentale dare una forte identità a questo disco anche dal punto di vista musicale. Per raggiungere questo obbiettivo era necessario distaccarsi da quella che è la paura di spingersi oltre al trend attuale, che è proprio il difetto che vedo in tantissime recenti uscite italiane. La mia impressione è che una volta trovata la formula giusta si tenda un po’ troppo a riproporla in tutte le salse possibili, senza cercare di andare a esplorare più di tanto. Per questo motivo ho trovato molta più ispirazione in uscite americane, anche non necessariamente rap.Mi sono avvicinato molto alla corrente Lo-Fi e all’utilizzo di batterie sporchissime, all’RNB, come allo stesso modo posso dirti che continuo a studiare pianoforte da qualche anno con un’impronta decisamente jazz, perché non c’è limite a quello che puoi imparare della musica.
Per concludere, posso dirti che secondo me la scommessa è stata pienamente vinta, basti pensare al fatto che Zitta è il brano più ascoltato del disco (dopo Autostrada Del Sole), nonostante si regga su una strumentale volutamente controtendenza. Fondamentale in queste scelte più “rischiose” il supporto di Silent Bob.»
Recentemente nelle tue Instagram Stories, Silent hai scritto che “Finalmente” hai avuto la forza di scrivere il testo di Zitta. Che cosa significa per te questa canzone?
Silent Bob: «È una traccia che avevo in mente di scrivere da anni. Per me significa molto essere stato in grado di scrivere senza pormi limiti o filtri, è stata una vera e propria liberazione. Inoltre sono riuscito ad abbinare delle melodie come quelle che sentite a un testo così crudo, ho fatto esattamente quello che ho sempre cercato in una canzone.
Zitta parla di una relazione descrivendone l’aspetto più sessuale comunque vissuto in maniera passionale e amorosa. È la canzone d’amore che avrei sempre voluto scrivere e finalmente è venuta.»
Rimanendo nell’ambito dei testi, ascoltando Piatti Caldi, trasmetti un senso di rabbia e tristezza. Questo pezzo è riconducibile a qualche momento particolare della tua vita?
Silent Bob: «In realtà è riconducibile a tanti momenti: inizio scendendo nel particolare del mio amico sfrattato per finire subito a parlare più in generale dei momenti bui della mia adolescenza senza soffermarmi su un periodo o momento in particolare.»
Nel pezzo conclusivo, I miei ciò, tratti il tema della quotidianità in una chiave di lettura differente, evidenziando in parte i tuoi sbagli. Cosa significa per te sbagliare?
Silent Bob: «Dal mio punto di vista, sbagliare vuol dire crescere: da un lato devi essere capace di imparare da i tuoi errori e non ripeterli, dall’altro è fondamentale errare spesso per riuscire a capire davvero chi sei. I miei ciò parla proprio di sbagliare insieme per diventare persone migliori come individui e la gioventù è il momento perfetto per fare cazzate, sprecare l’adolescenza facendo la brava persona è inutile.»
Nel 2020, quanto è difficile cacciare un album da semi-indipendenti? Quali sono, infine, i vostri prossimi progetti?
Sick Budd: «Togli pure il “semi”, perché questo album è stato realizzato tenendo le distanze da tutte le logiche di mercato e senza fare affidamento sugli “agganci” nel rap italiano.
È stato difficile perché tutti quanti lavoriamo e facciamo altro nel resto delle nostre giornate, costruire questo progetto ha infatti richiesto più tempo di quello che magari ci sarebbe voluto in una situazione economicamente più rilassata. La cosa però non ci ha mai fatto paura, come non ci fa paura non avere appoggi da nessuno, o avere ottimi numeri su Spotify e meno su Instagram. Quello che ha sempre contato è stato l’obiettivo finale: fare un disco che suonasse nostro e che potesse arrivare a quante più persone possibili.
Negli ultimi anni è sembrato più facile che in passato farcela da indipendenti sfruttando gli algoritmi delle piattaforme social ecc. Questo ha portato ad avere tantissime persone (troppe!) a provarci e questo ci ha fatto arrivare ad oggi in cui per farsi sentire devi partecipare alla costante asta di chi offre di più per le “sponsorizzazioni”: tra l’inserimento nelle playlist di Spotify e al fatto che se oggi non sponsorizzi un video su YouTube lo vedono tua madre e i tuoi amici… Non esiste più la vitalità spontanea (tranne rari casi) e col fatto che il genere ora è di moda e le major ci investono soldi veri, il rap è ritornato ad essere una “realtà controllata” dai piani alti. Questo comunque non ci ha per niente spaventato e vederci all’uscita del disco essere l’unico disco indipendente in classifica FIMI è stato per noi enorme motivo di orgoglio.
Per quanto riguarda il prossimo futuro al momento vogliamo lavorare sulle date live e far sì che il disco entri nelle orecchie di quante più persone possibili. Sicuramente non riusciremo a rimanere fermi troppo a lungo.»
In un epoca in cui per spaccare nel mercato musicale devi per forza portare suoni che si adattino al mainstream, Silent Bob e Sick Budd ci hanno dimostrato come realizzare un ottimo album, ed entrare in classifica Fimi, senza cascare mai nel commerciale.
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