Una chiacchierata con Junior Cally per entrare dentro a questo suo nuovo disco.
Venerdì scorso siamo andati in visita alla Sugar Music Italia per incontrare Junior Cally in occasione dell’uscita del suo primo album ufficiale, Ci Entro Dentro. Appartenente alla scena romana anche se molto solitario, è noto dagli inizi del 2017 quando escono su YouTube i suoi primi pezzi. Piano piano, anche grazie alla scelta di indossare una maschera antigas, attira le attenzioni di una discreta fetta di pubblico tanto che il suo singolo Magicabula riesce ad ottenere addirittura la certificazione oro.
Testi molto espliciti e una rabbia latente trasudano dai sui testi ed il suo primo lavoro è assolutamente coerente con gli esordi, anche se gli umori e i sentimenti messi in gioco sono decisamente molteplici e trattati più ampiamente. Troviamo l’autocelebrazione propria del genere ma anche un forte legame con la famiglia ed il tutto condito da una tendenza biografica ed introspettiva non così frequente. Insomma, un personaggio tutt’altro che scontato per cui partiamo con l’intervista!
Prima ancora di parlare dei contenuti inizierei dalla copertina. Non sei ovviamente il primo che intraprende la strada della maschera e vorremmo sapere un po’ dove si cela la provocazione e come mai paradossalmente sei l’unico a non averla.
«Parto subito dicendoti che non è assolutamente un riferimento a qualcuno in particolare, prima che il web si inventi l’ennesimo “dissing “ infondato. La provocazione invece c’è ed è anche il motivo per cui sono l’unico a non averla. Penso infatti, che soprattutto al giorno d’oggi anche chi non porta una maschera ne abbia almeno una nel cassetto, e ne potrebbe avere una per ogni scheletro che ha nell’armadio se mi segui nella metafora.»
Ma la maschera che indossi, la tieni per nascondere un’insicurezza o è semplicemente un accessorio?
«A tratti potrebbe essere che nasconda un’insicurezza, però è una maschera che con il tempo ho imparato ad apprezzare. Molte volte ho pensato di toglierla, perché portandola non posso prendere meriti. Però, ripensandoci, ho capito che era figo averla, anche perché quando sono senza le persone ti trattano per quello che sei realmente.»
Stando in tema di “dissing”, il disco è costellato di riferimenti non troppo positivi all’immaginario trap odierno e non solo. Infatti, nell’ultima traccia del disco “Bisce” parli anche di Gionny Scandal come esempio dell’inutilità di venire certificati al giorno d’oggi. Tu quindi in cosa prendi le distanze dalla “scena” e in cosa pensi di essere diverso?
«Beh mi vedi no? Non ho i capelli colorati né vestiti di marche molto note. Non ho addosso tonnellate di oro né parlo di droghe per cui direi che la differenza è palese. E questo perché fondamentalmente non voglio far passare certi messaggi, perché stimo molto chi per scelta o perché obbligato deve sudare per portarsi a casa il pane al contrario di chi si vanta di spendere uno stipendio in una sera. Su GionnyScandal il problema non è lui come persona, ma quello che rappresenta quel genere di musica molto leggera e poco concreta che nella realtà dei fatti svanisce dopo poco tempo per lasciare il vuoto in chi l’ascolta. Quanto vale un disco d’oro se poi non fai concerti e la gente non sa nemmeno chi sei se per caso fai una serata in un qualche club?»
Spostandoci invece sulla musica vera e propria, l’album è molto vario in quanto a sonorità: c’è dell’hip hop ma anche della molta elettronica. In particolare restando in tema di streghe la prima cosa che mi viene in mente è Gigi D’Agostino. Come mai queste scelte decisamente non convenzionali per dei testi rap?
«Guarda, essendo cresciuto con un fratello di dieci anni più grande ho ascoltato si tanto rap ma anche tanta dance. Poi quando ho iniziato a cantare mi son resto cono che canzoni come quelle di Gabry Ponte o Gigi D’Agostino per essendo molto ballabili restavano anche molto in testa, soprattutto i ritornelli. E allora mi son deciso a provare a scrivere un testo rap su una base dance, dove la sfida vera sta non tanto nel ritornello quanto nel far suonare bene la strofa rap. Da qui una serie di esperimenti hanno portato a Bulldozer e a Rum che sono sicuramente più pop ma che si stanno comunque ritagliando il loro spazio.»
Sempre in tema di varietà sonora e non: teoricamente avresti una sola maschera, eppure a giudicare quanto si sente nel disco sembra che tu di maschere ne abbia almeno una decina. Ci hai dimostrato tutto quello che sai fare o in futuro avremo modo di conoscere altri volti di Junior Cally?
«Ne mancano assolutamente e in futuro vedrete… Tornando al presente è stata una scelta mia quella di tentare la strada della differenziazione delle tracce. Questo perché da fan del rap ascolto tutti i dischi che escono e molti mi piacciono anche, ma non tutti riescono ad arrivare a tante persone in tanti modi diversi. Prendi ad esempio Fabri Fibra: nell’ultimo disco c’è dentro di tutto! Dal pezzo dove insulta la madre al pezzo che invece gira in radio tutta l’estate e raggiunge un pubblico molto più vasto. Poi, io ovviamente, mi affeziono più a certi pezzi che ad altri, ma devo poter scegliere all’interno di una gamma di suoni e contenuti. Per questo come artista sento quasi il dovere di raggiungere più persone possibile con la mia musica.»
L’album è privo di featuring, come mai questa scelta?
«Inizialmente nasce come una scelta strategica, primo disco di artista nuovo, inizio a far parte del gioco vero, perché devo per forza andare a leccare il culo a qualcuno che mi da la strofa per poi fare un stream su Spotify? Penso che questo album sia stato giusto farlo autonomamente senza featuring, perché veramente posso capire da solo fino a che punto posso arrivare. Se avessi inserito subito qualche collaborazione, non sarei riuscito a cogliere il mio reale potenziale rispetto a tutto ciò che ho già fatto. Certo, mettendo due o tre featuring di artisti già affermati trovi subito le prime tre tracce in top 50, e bravo! Grazie al c**o non ci sei andato te, ci sono andati loro…
Poi sicuramente ci saranno in futuro delle collaborazioni, quest’anno ho potuto conoscere molte persone anche mentre facevo il disco in studio, però non ho sentito l’esigenza di stare lì a “pregare” o far sembrare che ho bisogno di qualcuno. Penso di aver fatto bene da solo ed era giusto fare così. Ad oggi son contento perché, ritornando al discorso della varietà del disco, penso di aver fatto bene e sento che non manca niente all’interno dell’album.»
Il tuo rapporto con la scena rap/trap com’è? C’è un artista in particolare con il quale ti piacerebbe collaborare in un futuro?
«Io avendo 27 anni ed essendo cresciuto con Marracash, Guè Pequeno, Jake La Furia, Emis Killa, ti direi questi qui, ma se dovessi esaudire un sogno da fan mi piacerebbe collaborare con Fabri Fibra.»
Come nata invece la tua collaborazione con Stabber che ha prodotto l’ultima traccia Bisce?
«Stabber è un produttore che collabora con la Sugar e inizialmente mi è stato proposto da loro. Prima di “formalizzare” questa collaborazione, però, ho preferito conoscerlo personalmente, perché non mi piace che le cose siano fatte a tavolino. Le collaborazioni vanno fatte solo dopo aver instaurato un determinato rapporto e creato una certa sintonia, soprattutto con il produttore, perché altrimenti il rischio è che le cose risultino troppo complicate, anche solo per fare eventuali modifiche. Sono stato nel suo studio dove ho potuto ascoltare una ventina di produzioni, tra le quali ne ho selezionate 7/8 ed infine ne ho usata un’altra ancora! Possiamo dire che siamo stati presentati, ma ora ho motivo di considerarlo un grande amico.»
C’è una barra provocatoria in tutto il disco, che un po’ stona dal contesto dell’album in quanto parla di tue situazioni personali: è quella nel pezzo Ci entro dentro dove dici “meglio un drogato morto che un bambino in ospedale”.
«Si è vero è scomoda, però è quello che penso. Nel senso che nel disco ci sono situazioni particolari che le ho vissute personalmente. Molte persone non possono scegliere che fine fare, un bambino per esempio con un tumore non può scegliere il suo futuro, uno a vent’anni invece si: sono dell’idea che la vita è troppo bella per essere sprecata e non mi pento assolutamente di averla scritta.»
Nel brano Auto Blu rappi “Mi parli di trap, mi parli di rap, sei lì che chiedi dove finirà”: secondo te qual è il futuro della trap?
«In realtà la trap ha solo delle suonorità diverse, spesso viene messa a confronto con il rap ma per me è la stessa cosa. Penso che queste sonorità si sposteranno sulla tecno, e lì si vedrà davvero chi sa davvero rappare e chi no.»
Con Ci Entro Dentro, Junior Cally è entrato definitivamente nella scena rap italiana, conquistando sia l’affetto che la consacrazione del pubblico. Nonostante la maschera che indossa, è riuscito a mettersi completamente a nudo in questo album, tirando fuori la propria personalità attraverso dei testi molto crudi e diretti ma che fanno percepire da subito che non è una maschera a rendere un uomo senza volto, ma che può comunque lasciare il segno sputando rime pungenti che non danno via di scampo e non risparmiano nessuno. Uno spirito libero ma che necessita di una protezione.
Possiamo definire la sua maschera una sorta di costume di scena, con la quale può trasformarsi ed estraniarsi dalle regole rigide che la società ci impone. Si, perché Junior Cally non ha bisogno del successo o di meriti, ma solo di essere compreso come un vero artista e poter, grazie alla musica, avere una rivalsa sia economica che sociale dimostrando che le sue rime e il suo flow possono parlare al posto suo.
La famiglia, per lui sempre in primo piano, è la sua forza, la sua arma vincente: «Io sono cresciuto senza una lira, mio padre puliva i negozi e io a 16 anni ho lasciato la scuola per poterlo supportare finché poi ho deciso di smettere. Vorrei poterli aiutare a sostenere le spese e far in modo che possano avere una vita economica più agevolata.»
Durante la conferenza stampa si è dimostrato tenace ma soprattutto fiero del suo primo disco ufficiale, rispondendo alle domande con gran disinvoltura e naturalezza. Si percepiva la contentezza e l’orgoglio del traguardo raggiunto oggi. Partito dalle periferie romane è riuscito in poco tempo a farsi conoscere e ad attirare l’attenzione di molti, diventando uno dei rapper più seguiti ed ascoltati nella scena underground e mainstream.
E voi cosa aspettate ad “entrare dentro” alla vita e alla musica di Junior Cally? Chi volesse conoscerlo e fare un selfie in maschera, potrà incontrarlo durante il suo INSTORE TOUR, ecco di seguito le date:
10.11 @ Frigerio Dischi – COMO – h 15.00
10.11 @ Varese Dischi – VARESE – h 18.00
11.11 @ Mondadori Bookstore (V. Monte di Pietà) – TORINO – h 14.00
11.11 @ Mondadori Bookstore (V. XX Settembre) – GENOVA – h 18.30
12.11 @ cc Il Centro – ARESE – h 17.00
13.11 @ Feltrinelli (Ravegnana) – BOLOGNA – h 15.00
14.11 @ Galleria del disco – FIRENZE – h 15.00
14.11 @ Skystone & Songs – LUCCA – h 18.00
15.11 @ cc Collestrada – PERUGIA – h 18.00
16.11 @ Feltrinelli (V. Paoli) – CAGLIARI – h 16.00
17.11 @ Mondadori Bookstore (V. C. Alberto) – ALGHERO – h 17.00
Autori: Mattia Manerba ed Elena Exena.