Alla preview di Outsider, il nuovo album di Nitro, la gente scuote la testa avanti e indietro, storce la faccia in risposta ai bassi tonanti e alla voce scatenata dell’artista, che si studia la scena alle nostre spalle. Il disco punta, colpisce e non indietreggia, si capisce perché in seguito Nitro ci dirà di essere soddisfatto di ogni traccia.
Outsider, gli ultimi tre anni di Nitro
Iniziamo dicendo che i singoli, Control e Outsider, ci hanno un minimo deviato. Il semi-dubstep riorientato del primo e il riff del secondo ci avevano spinto verso un’aspettativa più sperimentale, se vogliamo quasi cross-over tra hip hop e manciate di punk, elettronica e nu metal, ma l’ascolto in anteprima ci fornisce una versione differente del progetto.
Quella che si mantiene intatta è l’impronta hardcore del rapper, che pare abbia voluto costruire una tracklist particolarmente adatta alle esibizioni dal vivo (immaginiamo moshpit con BMW e Snakes) e che rimoduli flow e basi per proporre quasi un Danger moderno, più aperto sia tematicamente che tecnicamente.
Dando una scorsa ai brani quindi troviamo banger con influenze importanti da drill e dancehall (per quanto riguarda le batterie), primi tra tutti appunto BMW e Snakes, le canzoni più scure e aspre del disco, ma che trascinano nella loro ombra il mood di buona parte della tracklist.
Alcuni brani invece, sempre all’insegna dell’energia, cavalcano beat più classici, offrendo la sponda a ospiti come Ernia (In Heaven) e Kid Yugi in Fangoria. Aprendo un discorso sui featuring, non si può non notare la scelta in controtendenza (ma coerente) di Nitro, che, eccetto Ernia, porta artisti on the come-up come Yugi e Il Ghost o poco conosciuti come Freshmula e Sally Cruz, ricevendo sempre performance ispirate e complementari.
Specialmente con Sally Cruz che riesce a spostare Paranoia sul punk e ne fa di uno dei punti focali dell’album. Si staccano invece dall’estetica generale Ti direi e Fiori, tracce introspettive, più morbide e emo del resto, insieme a Abissi, che sopra ad un pianoforte porta a termine il suo lavoro di outro.
La conclusione poi è affidata all’alias di Phil de Payne per un testo e un’attitude da trash metal, che farebbe gasare il Nitro di 10 anni fa.
Insomma, tre anni dopo un disco che già dal nome si riprometteva più ampio e sfaccettato (e infatti indagava funk, metal e grunge senza distinzioni), il rapper di Vicenza propone uno spettacolo più personale, ben intrecciato con le sue ultime esperienze di vita e musica.
Detto questo, ci vediamo nel moshpit.