Esce oggi per Rizzoli Il Signore Del Bosco, la prima fatica letteraria di Massimo Pericolo, al secolo Alessandro Vanetti. In quella che potremmo definire un’autobiografia c’è il lato umano e quello artistico di uno degli artisti più apprezzati degli ultimi anni.
Il Signore Del Bosco, il primo libro di Massimo Pericolo
Ogni qualvolta viene annunciato un libro di un rapper inizio a sudare freddo. Spesso, infatti, anche quando ci sarebbe stata carne sul fuoco e storie di vita da utilizzare come scheletro di una biografia, le case editrici optano per pubblicare libri nello stile di quelli editi da tanti youtuber.
Le eccezioni non mancano, ma è innegabile che a volte è il solo nome del personaggio (rapper o youtuber che sia) a vendere, trascurando totalmente le regole base per la redazione di un qualsiasi libro. Critiche da boomer a parte, Il signore del bosco di Massimo Pericolo, il suo esordio in libreria, vale il prezzo d’acquisto.
La storia dell’artista è nota a moltissimi, anche grazie alle diverse interviste sul web e alla più nota chiacchierata con Daria Bignardi, ma nonostante i punti già conosciuti della sua vita, sono tante le sfumature che rendono la lettura interessante.
Massimo Pericolo inizia il racconto dai suoi primi tormentati anni di vita, nonché i principali colpevoli delle sue turbe da adulto, come da lui specificato in più punti. D’altronde non è un segreto che gli anni dell’infanzia sono centrali per la costruzione della personalità di tutti noi.
Credo che inconsciamente colpevolizzassi mia madre per l’assenza di mio padre e per i continui sradicamenti nella fase delicata di passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Anche Eminem nel film viveva solo con sua madre in una roulotte. Nella sua storia rivedevo la mia, segnata dagli spostamenti e dall’ineluttabilità del destino: andare senza poter mai restare.
Il tomo scorre sviluppando gli episodi chiave della vita di Vane, come la celebre casualità che gli permise di conoscere i Crookers, il rapporto con Barracano e Speranza, oltre all’esperienza carceraria, uno dei punti più preziosi de Il signore del bosco.
La sofferenza che il carcere infligge è spesso superiore a quella che tu hai inflitto con la tua colpa, a meno che tu non abbia ammazzato qualcuno.
Il picco di coinvolgimento, arriva nella narrazione del rapporto con Martina, amica di lunga data di Massimo, venuta a mancare dopo anni di tossicodipendenza e di rifiuto della vita.
Ecco, ora vorrei raccontare una storia che non ho mai raccontato neppure a me stesso. È la storia di Martina e attraversa un po’ tutta la mia vita. Eravamo infelici. Volevamo morire. Come Hansel e Gretel abbandonati nel bosco.
Cercando di evitare sensazionalismi e retoriche varie, nella società di Instagram e dei rapper che giocano a fare i delinquenti, una testimonianza così netta della naturale debolezza umana, come quella presente ne Il signore del bosco, è incredibilmente preziosa.
È verissimo quanto rappa lo stesso Pericolo nel pezzo con Emis Killa – “Non ho responsabilità verso i fan/che ci pensi il padre, non chi fa la trap” – ma ciò non toglie il potere che questa lettura potrebbe avere, soprattutto nei confronti di alcune persone.
Che il lettore sia un adolescente o un adulto, raccontare il dietro le quinte del successo e della propria vita, denudandosi di temi come la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, il rapporto con i genitori, la vita in galera e non solo, può far sentire tante persone meno sole e forse far compiere scelte diverse ad altre.
L’attenzione alla salute mentale fa da sfondo a tutto il libro mentre Massimo Pericolo snoda la sua vita, ed è questo uno dei meriti – forse inconsapevoli – principali dell’autore.
Lo specchio interiore riflette un me più consapevole, meno solo nel suo dramma esistenziale. Mentre comprendo chi sono, so che devo assumere un ruolo per non morire. Per non cedere alla mia inclinazione verso il nulla. Immaginare di credere in qualcosa ci tiene agganciati alla vita. È quando la verità del nulla riaffiora che provi quel qualcosa che somiglia alla sensazione di precipitare nel vuoto che è la depressione. La depressione arriva quando ti ricordi che ti stai ingannando.
Inoltre, Il signore del bosco fornisce un’immagine precisa e dettagliata dell’artista e della persona di Massimo Pericolo, fondamentale per comprendere al meglio la sua musica.
La storia di Massimo Pericolo, infine, mi porta alla mente una famosa frase di Van Gogh: “Se oggi non valgo nulla, non varrò nulla nemmeno domani; ma se domani scoprono in me dei valori, vuole dire che li posseggo anche oggi. Poiché il grano è grano, anche se la gente dapprima lo prende per erba.”
Adesso è facile osannare il talento e la persona di Vane, ma nella sua rocambolesca vita ci è voluta una casualità per farlo arrivare alle persone giuste che hanno deciso poi di puntare sul suo talento.
Brenso di Undamento, che nel libro porta alla luce diversi aneddoti, ha scritto ad esempio che non riuscì a convincere i suoi colleghi della label milanese a firmare il rapper in tempi non sospetti. Chissà quanti Massimo Pericolo ci stiamo perdendo per colpa dei meccanismi discografici…