Il rapporto tra il rap e la dipendenza spiegato attraverso esempi.
Il rap è un genere che troppo spesso viene frainteso. Per gli over quaranta si identifica esclusivamente in testi che incitano l’abuso di sostanze, autocelebrazione e assunzione di atteggiamenti poco leciti. Ma è davvero così? La risposta a questa domanda palesemente retorica è – ovviamente – no. In questo articolo andremo ad analizzare un punto focale della poetica del rap: il raccontare “la dipendenza”, intesa nel senso più ampio del termine.
Innanzitutto chiariamo cosa significa “dipendenza”, essere dipendenti da qualcosa:
“Per dipendenza si intende un’alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica. L’individuo dipendente tende a perdere la capacità di un controllo sull’abitudine.”
Dipendere da qualcosa significa non poterne fare a meno, essere appunto in balia di questa situazione che trascende la razionalità e diventa quindi un comportamento ossessivo e che prescinde dal fatto di ottenere o meno un “vantaggio”. Spesso poi la dipendenza porta quasi esclusivamente a svantaggi, costringendo il soggetto ad assumere comportamenti in funzione di essa e quindi influenzandolo pesantemente (e negativamente) nelle scelte.
Il rap si è fatto portavoce di questa condizione, poiché alla dipendenza si associano spesso gli abusi di sostanze, le frequentazioni poco raccomandabili di ambienti e persone. Molti artisti rap hanno raccontato le loro storie di dipendenza, andiamo dunque ad analizzare il modo con il quale viene affrontato un tema molto delicato.
Dipendenza da sostanze
Innanzitutto si può parlare della dipendenza da sostanze stupefacenti (droghe leggere e pesanti, alcol e farmaci). Ovviamente, gran parte dei rapper non nasconde il proprio uso di sostanze, cosa che invece si tende a fare in ambienti più ipocriti che denigrano il consumo di droghe solamente per una questione di facciata, senza considerare i problemi connessi.
Amore In Polvere di Marracash è una delle canzoni più interessanti da questo punto di vista, dove si gioca con i concetti di amore/droga, rapportando quest’ultima a una vera e propria relazione. Il king del rap parte subito con una premessa che spiazza ogni concetto perbenista: l’inizio dell’uso di droghe viene troppo spesso erroneamente affibbiato a una situazione famigliare spiacevole oppure alla musica e al cinema che sono spesso vittime facili per chi preferisce girare la testa dall’altra parte.
È invece la noia a portare tanta gente a abusare di sostanze, sentimento dato dallo squallore che ci circonda perennemente. Le tre strofe rap di Marra rappresentano i tre momenti diversi della dipendenza: inizialmente sembra tutto bello, poi cominci a percepire che c’è qualcosa di sbagliato e, infine, c’è solamente l’autodistruzione.
“Dopo le risate le lacrime, se guardi dentro l’abisso
Anche l’abisso guarda dentro te!
Hai preso tutto ciò che c’era da prendere
Ho perso tutto ciò che c’era da perdere”
Sulla falsa riga della canzone appena presentata, Emis Killa ci racconta della sua esperienza con Jack, che espone il problema dell’alcolismo, problema invece minimizzato dai media e i politici soltanto per il fatto che si tratta di una sostanza legale (ma ugualmente dannosa). Vi rimandiamo a questo link per un interessante approfondimento.
Altro problema che ci viene presentato dal rapper di Vimercate è presente in Linda, altra traccia che sicuramente non incita al consumo della sostanza, così come Amore Tossico di Jake La Furia. Semplicemente esprimono un’esperienza, senza ergersi a giudici, ma donando al pezzo una componente malinconica dovuta alla consapevolezza di aver abusato di una sostanza che distrugge.
Ci sono poi altre dipendenze poco considerate dall’opinione pubblica, come quella dagli psicofarmaci. In Pillole Guè e Duellz ci hanno raccontato cosa significa essere propensi a risolvere i problemi abusando di “droghe” legalizzate. Non è questa la sede adatta per approfondire il discorso, ma è facile comprendere come assumere farmaci così delicati senza affiancarvi un percorso psichiatrico o psicoterapico possa creare non pochi problemi all’organismo.
Nel nostro Paese e più ampiamente nel mondo occidentale tuttavia spesso manca questa sensibilità sul tema, e in tanti (si parla di circa 40 milioni di confezioni di antidepressivi vendute ogni anno) abusano inconsapevolmente di alcuni farmaci. Discorso a parte è quello sull’uso della marijuana, forse l’elemento più comune nei testi dei rapper italiani, sostanza spesso demonizzata (anche a livello legislativo) nonostante i molteplici effetti benefici scientificamente dimostrati.
La canapa infatti, non è minimamente paragonabile a droghe ben più forti come le già citate cocaina e alcol oppure le droghe sintetiche fino ad arrivare all’eroina. Di quest’ultima ci parla Murubutu in Quando Venne Lei, canzone che non lascia spazio a ipocrisie e crocifigge quella che è forse la peggiore tra le assuefazioni. Una dipendenza che davvero porta alla rovina.
“Vide gli amici di poche ore morire per il suo amore
Vide gli zombie senza più cuore sputare dentro al flacone
E con una dose di metadone fare due dosi di metadone”
Dipendenza affettiva
Ma non esistono solo le dipendenze dalle sostanze, motivo per il quale tanti artisti si sono concentrati a descrivere altri tipi di esperienze assuefacenti. Anche una persona può essere causa di un comportamento di questo tipo, che si tratti di una relazione amorosa oppure di un’amicizia. L’amore che diventa (p)ossessione è un tema che purtroppo colpisce più persone di quanto si possa pensare: troppo spesso si confonde il primo sentimento col secondo.
Una relazione di questo tipo porta inevitabilmente a situazioni pesanti da sostenere, che influiscono negativamente portando il soggetto all’esaurimento o alla depressione. È bene specificare che il più delle volte dietro dipendenze affettive si celano disturbi di personalità più o meno seri, ma non è sempre facile rendersene conto. Marracash e Guè Pequeno riescono a identificare bene questo stato d’essere rispettivamente con Crudelia e Voodoo, due tracce ispiratissime per entrambi, che colpiscono perfettamente il punto del discorso e insegnano, al di là di discorsi perbenisti, l’importanza di un amore vero, condiviso e bilaterale.
“Finisce che ami chi ti vuole uccidere
Sindrome di Stoccolma
E il cervello ti parte in caso di neve
Come quando c’è colmar”
Un artista che ha avuto tanto da dire riguardo questo argomento è Axos che con il suo album d’esordio – Mitridate – parla della faccia oscura dell’amore. In particolare Polvere e Mitridate 17.5 sono i punti più significativi in questo senso: il farsi del bene che diventa farsi del male, l’amore che si trasforma in odio (“Ti odio, ti amo, ti odio, t’amavo e ci morivo io. Guardarti dentro ed abbracciare il vuoto, di nuovo, tu mi hai tradito ed io ti uccido finché muoio anch’io”).
Anche Fabri Fibra in Voglio Farti Un Regalo – con la tipica aggressività che caratterizza l’intero progetto di Mr. Simpatia – esprime un concetto simile a quello appena affrontato, un fidanzamento che consuma, che innervosisce, dove pian piano non si riesce più a sopportare nulla della nostra metà.
Nitro in Wormhole si interroga invece sulla vacuità dei rapporti umani raggiungendo il punto di massimo con il dubbio che “forse il nostro destino è parlare di cose inutili“.
Altre dipendenze comportamentali
Arriviamo dunque ad un’altra branca di dipendenze, di recente individuazione e comprendente al suo interno decine di categorie: le dipendenze comportamentali. Il concetto di dipendenze comportamentali è difatti un concetto nuovo nella psichiatria. È stato infatti nel 2013, con la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) che al gruppo delle diagnosi psichiatriche ufficiali si è aggiunta la denominazione “dipendenze patologiche comportamentali”.
Non è il luogo per andare a categorizzare le dipendenze che tratteremo da poco e non ne abbiamo gli strumenti, ma è sicuramente in questo universo che fanno riferimento i concetti presenti nei brani sotto presentati.
Achille Lauro ad esempio ha spesso parlato di come, superato un certo limite, si fa fatica ad uscire da certi contesti, complice la facilità di fare soldi e la tossicità delle persone presenti in certi ambienti. Si è fatto portavoce di questo argomento per i primi suoi dischi, molte sono le tracce che raccontano le sue radici, pensiamo a Wow o a Prega Per Noi, che mettono in evidenza luci e (soprattutto) ombre del crescere in certe situazioni.
Nello stesso senso anche Luchè è un grande esempio di quanto appena detto, Lieto Fine ad esempio è paragonabile ad un film realista che narra attraverso uno storytelling le tragiche conseguenze dell’intraprendere una vita al limite.
Diverso è invece l’ambiente tossico raccontato da Marracash in Sindrome Depressiva Da Social Network che sottolinea tutte le complicazioni e le contraddizioni delle famose piattaforme che hanno segnato la nostra vita da dieci anni a questa parte, nel quale “l’apparire” sovrasta “l’essere” e ti porta ad assumere comportamenti e atteggiamenti spesso patologici ((in questo caso ampiamente studiati) derivanti dalla popolarità ricevuta sul social.
“Ma chi siamo per dubitare del destino e suoi piani?
Mi chiedo se fossi nato in altri posti: cosa sarebbe successo?
Che avrei fatto di diverso?”
Infine, Claver Gold con Il Paracadutista rivela le conseguenze della dipendenza, ispirandosi probabilmente al film culto L’Odio attraverso il concetto di caduta e atterraggio, dimostrando per l’ennesima volta quanto il rap non idealizza l’intraprendere certe strade – bensì le racconta – rivelandone i lati negativi senza però voler fare la morale a nessuno.
Se una persona si droga non lo fa perché l’ha sentito dire dal suo cantante o perché l’ha visto al cinema, lo fa per motivi diversi, come abbiamo avuto modo di scrivere più dettagliatamente in passato. Ma smettiamola di incolpare l’arte (in qualsiasi forma essa sia).
Dunque è falso dire che il rap incita alla dipendenza o all’abuso di sostanze. Più correttamente si potrebbe dire che a differenza di altri generi ha il coraggio di affrontare certi argomenti senza cadere nelle solite frasi fatte e banalità. Sarebbe un po’ come dare colpa ai videogiochi di spionaggio o ai film di guerra se le persone sono violente. Ma davvero possiamo pensare che il problema sia così superficiale? La verità è ben più profonda e probabilmente radicata nella società, che però fa finta di niente e preferisce voltarsi dall’altra parte, dando la colpa alla prima cosa che capita.
Ci sarebbero numerosi altri esempi di canzoni che avremmo potuto citare per far capire la nostra posizione riguardo l’argomento. Sarebbe ora di finirla di additare sempre musica, film, videogiochi e quant’altro e magari rendersi conto che il problema andrebbe affrontato in maniera più matura e profonda, specialmente da chi di dovere.
Grafica di Mr. Peppe Occhipinti.