Ripercorriamo la discografia dei Club Dogo per vedere come da sempre con il loro rap siano stati portatori di critica sociale e politica, anche dopo il successo.
“Sa…sa..provo il microfono, never give up, cervello acceso, tele spenta, esplodo sul boombap” – Tutto comincia qui dove per alcuni tutto è finito. Cronache Di Resistenza dei Club Dogo é la seconda canzone del primo disco con il marchio D.O.G.O, un manifesto di rap riottoso e di critica sociale su una strumentale dal sapore golden era.
“Noi generazione post BR figli della bomba,
voi generazione di PR figli della bamba.
In strada sbirri e tatanka
guerriglia a ferro più spranga
porci in divisa la squadra della uno bianca”
(Jake La Furia)
IL DISCO per eccellenza del gruppo meneghino, un masterpiece del rap italiano: quasi un SXM 2.0 (guarda caso poi …ma ne parleremo dopo) esce verso fine aprile del 2003 e riporta il rap di strada VIOLENTEMENTE sulla mappa.
Le tematiche sono sociali, le citazioni colte ma affrontate con la zarraggine che sarà il file rouge della carriera del gruppo, e della crew da loro creata, la famigerata DOGO GANG.
Passano tre anni di concerti e progetti collaterali (Hashishinz sound col.1 ad esempio) e vede la luce Penna Capitale. Il secondo progetto delinea la superiorità del sound del Club Dogo (per gran merito di Don Joe) e esalta ancora più marcatamente il lato politico e di critica sociale del loro rap. La notte che rovesciammo l’ordine, Falsi leader (un attacco diretto ed esplicito al premier in carica in quel momento: Silvio B.) sono due canzoni cariche di hood politic e attitudine riot.
“Dis-onorevole ricicla favole come contante
Da dove entrano quei liquidi? So che le inchieste evaporano
E poi le toghe rosse lo perseguitano
Noi non vogliamo che lui stringa il potere in mano
Non voglio più vedere in tele il saluto romano
Voglio giustizia non la Porsche come ogni italiano
Non aspetto, ho il micro carico sotto il pastrano”
(Guè Pequeno)
La sublimazione viene raggiunta nel remake di Cani sciolti dei Sangue Misto, dove su un un tappeto sonoro incalzante, Jake e Guè sputano rabbia e trasudano odio verso il loro Paese, citando spesso barre, rime e modi di dire dello storico gruppo bolognese.
“E non c’è dialogo tra chi non ha i ferri e la polizia
Da quando gli anni settanta hanno ucciso l’ideologia
Abbiamo avuto il piombo il fango ed ogni giorno
Le nostre mani si fanno i tagli grattando il fondo e qua…
Il mondo non è razzista a meno che non sia moro
Non è classista a meno che non sia senza lavoro
Non è sessista a meno che io sia un uomo
La giustizia è uguale per tutti quelli uguali fra loro”
(Jake La Furia)
Passa un solo anno, 2007, il governo del Paese é ancora in mano al centro sinistra ma la maggioranza precedente (e soprattutto la Lega Nord) ha lasciato un solco nel Paese e i Dogo escono con Vile Denaro, il loro primo disco in major (la ora scomparsa EMI).
Un disco che non è passato alla storia come uno dei loro migliori prodotti ma che contiene Spaghetti western, traccia mirata a criticare con sagacia il nuovo reticolo normativo circa la legittima difesa, proposta e spinta dalla Lega Nord e avvallata dalla maggioranza al potere. Le parole dei due rapper bucano come le pallottole, una critica NON velata all’atteggiamento “texano” dei leghisti.
“E per la Lega è un successo
Mettere un ferro in mano a chi non sa pronunciare una Smith&Wesson
Qua tutti che vogliono la stella da sceriffi
Accoltellano la madre e dopo incolpano i califfi
L’ansia dell’uomo nero è la radice dell’odio per lo straniero
Vuoi integrarti? Via la barba e via il velo“
(Jake La Furia)
I Dogo ormai sono più che una solida realtà e son pronti ad uscire dalla stretta cerchia del rap italiano, è il 2009 e, anticipato dal singolo Sgrilla esce il disco Dogocrazia.
L’ultima canzone del disco Sangue, Strass, Paillettes ha una contenuto alla Cronache di resistenza ma con un suono ed un attitudine molto più moderna e cool.
“Rap-delinquente il Paese si offende
Ma c’ha pure la bandana il premier è molto più gangster
Filmo m*rda anche meglio di Ford Coppola
Vedo rincari, bassi salari e tua figlia che è una zoccola”“Non posso più
Pagar le tasse per pagare a loro la BMW
Ladri e p*ttane sopra un auto blu
Sei la prova che invece il crimine paga
Mentre inc*li la mia gente tutto fatto di viagra”
(Guè Pequeno)
2010, Che bello essere noi, nuovo disco e altro attacco al malcostume della politica italiana. Questa volta ad accompagnare Jake e Gue al mic, troviamo il generale Nex Cassel: la canzone è un doppio j’accuse, il primo ai politici del Belpaese, il secondo, come si sente chiaramente nel ritornello, all’italiano medio che non si interessa di ciò che succede e accetta di farsi fottere.
Emblematica la chiusura di La Furia “Facce da balordi ripuliti sulla Rai, Mediaset e Sky, Mafia uguale Stato non mi avrete mai, trascriviti questo nell’intercettazione: sono sempre un dito nel c*lo all’istituzione!”, dove il rapper si autocita, quotando una linea del pezzo Indecifrabili, dangerous, presente su Mi Fist.
A livello di dischi di gruppo la svolta mainstream attenua questi messaggi nei due dischi successivi, ma è nei prodotti realizzati come solisti, che siano dischi ufficiali, mixtape o collaborazioni con amici che i due rapper milanesi continuano a tracciare linee di rap politico e di critica sociale.
Jake la Furia con Inno Nazionale (2013) e qualche tempo prima Gue con Partito D.O.G.O. (2009) feat Montenero e Ted Buddy. A proposito di quest’ultimo andate a sentirvi il pezzo Bin Laden, estratto da Molotov Cockatail, sulla strumentale di Immortal Technique.
Nei due brani sopracitati, vengono messe in risalto ancora una volta le abitudini delinquenziali dei politici nostrani che sembrano ispirare le ambizioni dei cittadini del bel Paese.
“Qui è sempre stato lo stato contro la legge
Protetti dagli sbirri e da loro chi ci protegge
Fogli viola cuciono le bocche, sangue sulle nocche
Prove che spariscono come i turisti di Los Roques”
(Jake La Furia)“É il paese dei boss, bossoli,Bossi e veline
metto sesso e violenza nelle rime,
impuniti come alla macelleria della Diaz
,ce la mettete in culo e buenas dias!”
(Guè Pequeno)
Per anni con linee e barre, citazioni e sarcasmo nei testi, i Club Dogo hanno portato politica e critica sociale nel loro rap, ma incredibilmente questa caratteristica non gli é mai stata riconosciuta come si deve, a causa della gelosia e dell’invidia che il successo ottenuto (a volte anche a causa del loro stesso atteggiamento) ha ingenerato.
Grafica di Cristian Formica.