Ecco a voi quelle che secondo noi sono le barre più pesanti di Mattoni, ultimo producer album di Night Skinny.
Erede cronologico e concettuale di Pezzi, ecco che il 13 settembre scorso è uscito Mattoni, il nuovo producer album di Night Skinny. Ventisei rapper si alternano e combinano in sedici tracce molto eterogenee, sia per stili di rapping che per la scelta dei suoni in accompagnamento. Abbiamo tanti grossi esponenti della scena e altrettanti giovani talenti, che talvolta si intrecciano anche in collaborazioni che in prima battuta appaiono davvero insolite. C’è addirittura spazio per una posse-track dal concept e dal sapore molto old school, che va a chiudere in maniera ottimale un disco che è sicuramente destinato a restare, se non altro per la sua capacità di essere una fotografia piuttosto reale dello stato attuale della scena rap italiana.
Dato l’elevato numero di figure e l’altrettanto conseguente numero di versi, è stato molto difficile selezionare i migliori passaggi di Mattoni. Tuttavia, come si dice spesso, s’aveva da fare. E noi ci abbiamo dunque provato. Ecco a voi quelle che secondo noi sono le migliori barre ordinate secondo tracklist, sperando di non offendere chiunque sia stato lasciato indietro e che comunque ha contribuito anch’esso con il suo mattone:
“Life sucks, te pure
Lascio scorrere veleno dalle tubature
Lascio questo party lercio, chiamo un Uber
Ci sfascio dentro, passa ‘n fazzoletto, questa roba è super”
Esempio cristallino dello stile ormai maturo del rapper romano. Ottima commistione Italiano-Inglese per ricordarci, da buon truceboy, che la vita fa schifo e che tu, ascoltatore, non fai di certo eccezione. Sentenza cruda come d’altronde crudo è il seguito: luoghi, situazioni e vocaboli a cui er Noyz ci ha abituato sin dai tempi di Non Dormire. Da notare inoltre come queste quattro barre abbiano un impatto ancora più forte su chi ascolta in quanto precedono direttamente il beat drop, sapiente scelta del buon Night Skinny.
“Pusher 24/7, cyborg
Riconosco tutti, street advisor
Non parliamo delle psycho
Le ho scopate tutte, b*tch advisor
Dare è meglio che ricevere, sì, frate
Solo se si sta parlando di mazzate”
Un Marracash in ottima forma – e che poco dopo avrebbe annunciato l’album – ci regala delle ottime rime dando al contempo il titolo alla traccia. Si paragona ad un pusher in giro a tutte le ore tutti i giorni della settimana, che dunque conosce qualsiasi faccia della zona dove bazzica. Senza parlare delle ragazze cosidette “psycho”, che sono conosciute così bene (ed intimamente, ndr), che potrebbero essere addirittura recensite su un ipotetico Bitch Advisor. In ultimo c’è anche spazio per dare la propria interpretazione del detto biblico “Dare è meglio che ricevere“, che viziato dall’opportunismo del mondo di oggi diventa valido solo quando bisogna rispondere ad una violenza subita.
“Saluto mio fratello in San Vittore
Dal vialone in Papiniano la domenica di Pasqua
E in quartiere gli aquiloni non ci volano
E non è mai nato un Einstein, però è pieno di bodyguard”
Solito breve verso nelle veci di ritornello del rapper di Calvairate, che dipinge in modo efficacissimo il quartiere dove ha vissuto, ricalcando perfettamente lo stereotipo della periferia di una grande città, in questo caso Milano: parenti e/o amici detenuti, pochi aquiloni a denotare un’aria non proprio giocosa, e per contro molto bodyguard. Ecco un classico luogo da dove è molto difficile che venga fuori un genio alla Einstein.
“Italian dream, dream, creme de la creme, C.R.E.A.M.
Big money, bad bih’ da Medellin-in
Il cell fa “drin-drin”, badman in Balmain
MVP-P, Paris Saint Germain
Lei vuole un G-G, il più caldo d’Italia
Con PSG-G stampato sulla maglia”
Che dire? Un colosso come lui che ancora oggi si mette in gioco, riuscendo a dare ancora così tanto e mantenendo al contempo il suo stile inconfondibilmente strafottente ed autoreferenziale. Anche qui parecchi anglicismi ed un wordplay che si estende addittura alle sillabe per far quadrare il verso nel tempo del beat. Senza contare la chicca della citazione alla Wu Tang. True Italian G.
“Ci sono persone che non vedo mai, ma che sento dentro
Ho i loro nomi scritti in una bottiglia di vetro
E in un mare di delusioni voglio essere un esempio”
Tra i tanti spunti profondi di questa personalissima canzone del rapper napoletano, che vi consigliamo caldamente se foste interessati ad approfondire la sua vita, spicca senza dubbio l’apertura del primo verso. Concetto spesso vinto da altri sentimenti, è invece una grande verità: la distanza, il tempo e tutto ciò che può mettersi fra due persone, non l’avranno mai vinta se il legame è sentito nel profondo. E Luca in un mare di delusioni, si porta dietro i nomi dei più cari in una bottiglia di vetro. Un mare da cui, tra l’altro, vuole emergere come un esempio.
“Metà febbraio
Le gocce scivolavano via dal mio bomber lucido
Ho imparato a stare dritto sull’asfalto ruvido
E chi c’ha tanti fratelli poi alla fine è figlio unico”
Perla indiscussa di Franchino in un affare tutto romano insieme a Ketama e SideBaby. Dopo una breve contestualizzazione, ecco la grande verità: passiamo le giornate a chiamare fratelli (o qualsiasi altra declinazione, nazionale o regionale che sia) persone che poi col tempo si rivelano invece tutt’altro. Da qui la triste ma simpatica affermazione, che chi considera fratelli tante, troppe persone, in fondo è come se fosse paradossalmente figlio unico.
“Solo un’ancora mi può salvare
Cerco in mare un fiore del deserto
Non mi fanno un marinaio esperto
Tutte le sirene di ‘sto mare”
Davvero delle belle metafore per il giovane talento romano naturalizzato milanese, che ambienta queste prime barre della sua strofa in mezzo al mare. Gli servirebbe un’ancora per non affondare mentre sta cercando qualcosa di introvabile in acqua, ovvero un fiore nel deserto. E citando le sirene di odisseica memoria, ci dice che nonostante ne abbia viste tante (sirene come macchine della polizia, ndr), non è ancora riuscito a trarne la giusta esperienza.
“È colpa della trap se tuo figlio si fa
Non perché sembra una trappola questa città
È l’Italia che ti guarda e dice: non ci siamo
Ma perché non segui il calcio e non vai allo stadio?”
Ecco che anche Fibra dice la sua opinione in merito ad una falsa credenza che, dopo la tragedia di Corinaldo dello scorso anno, è stato sulla bocca di tanti “opinionisti” e giornali della penisola. Un’Italia personificata infatti, prima incolpa senza motivo la trap del fatto che i giovani si droghino, e poi li distrae invitandoli invece a ricalcare un triste clichè: quello dell’italiano medio che non si cura di nulla a meno che non si parli di calcio e di andare allo stadio. Speriamo che con quest’ennesima presa di posizione si smetta di scaricare sulla musica un problema che non le appartiene. La musica non è propaganda ma espressione.
“Scrivono un’altra canzone
Fatta con l’inchiostro e la carta carbone
Cambia il nome allo shampoo, ma è sempre Chardonnay
Cambia il nome guapo, ma è sempre cartone”
Come ci ha detto Skinny stesso, non appena Jake ha sentito il sample, ha voluto fare un pezzo da solo. Così nasce questa grossa invettiva contro il mondo di oggi dei likes e dell’apparenza, a cui purtroppo tanti artisti, Rap e non solo, si sono piegati. Artisti che si copiano tra di loro proprio come la carta carbone, e che utilizzano solo nomi diversi per proporre lo stesso prodotto. Il loro però è uno shampoo (spumante, ndr) scadente come lo Chardonnay, che qui viene addirittura paragonato al vino in cartone.
“non posso dirti certo con chi ero
Non parlo di tattoo, ma Sta tipa ha una serpe in seno
Se il marito mi scopre lo accoppo come Maniero
Bevo qualcosa di forte a Francoforte sul Meno
Parli di me, come osi? Se stai vicino a Cosi’
Puoi diventare ricco fra, solo per osmosi
Sti pagliacci di oggi mandano solo emoji
Sono tutti famosi, sono tutti mafiosi”
Incastri. Flow. Ci si potrebbe anche fermare qua ma vale la pena provare ad spiegare la rima della serpe. È infatti piuttosto diffuso il tatuaggio in mezzo al seno, che qui appunto ci ricorda il detto “allevare una serpe in seno“. In questo caso però Gue non parla di tattoo, e se anzi il tipo della ragazza che ha la sua “serpe” in seno li dovesse scoprire, finirebbe male come solo Maniero (mala del Brenta, ndr) saprebbe fare. C’è anche spazio per un ultima punzecchiata generica a certi non meglio identificati pagliacci, che sui social riempiono i propri post di parole ed emoji ridicole. Ridicole perchè alluderebbero a cose che sono del tutto fuori dalla portata di chi le scrive. Zero street credibility, insomma.
“Sfong semp e tu m uard aropp
O facc semp megl e po m mett acopp
Tu ca parl e parl veng loc basc e po
C vo na bust chin e daparox”
Come sopra, anche qui si tratta prevalentemente di flow, incastri e fiato. Il nuovo talento di Napoli regala un’ottima strofa in dialetto a questa posse track, e nonostante siano “solo” punchlines, abbiamo apprezzato molto l’attitudine. Geolier infatti ha preso molto seriamente la finestra concessagli in quest’album e ha fatto vedere che quando si hanno le rime e il fiato, dialetto o non dialetto, non si può non riconoscere la forza espressiva del Rap.
“Sei un bel flop
Zzala dà fastidio come un black block
Ho già la tua faccia nel mio Death Note
E una cassa dritta nella testa come Ben Klock
Yah yah, ho una bad b*tch nel letto, sembra Twister
Con il mio uccello sul petto come la maglia dei Dipset!”
Anno senza dubbio molto ispirato e prolifico per Lazza che si toglie anche lo sfizio di comparire qui in Mattoni. Questo dopo, appunto, un album, due deluxe edition e le tante strofe lasciate in giro, quelle nel Machete Mixtape 4 in primis. Rime molto internazionali e piene di riferimenti molto vari, dai fumetti giapponesi alla techno berlinese. Uno su tutti? Sicuramente quello, certamente poco edificante, alla stampa della bellissima maglia del merchandising dei Dipset.
“Non pronuncia la C bene questa vacca etrusca
Vuole integrare sì, sto c*zzo, integrale pure la crusca
Faccio un programma in tele, lo chiamo “La str*nza è giusta”
Erotomane ricco e milanese, sembro il Berlusca”
Qua ammetto candidamente di non aver colto il significato dell’attacco, perciò ringrazio Genius per la dritta. Cercando di riassumere evitando di dilungarsi: la vacca etrusca di cui parla Ernia è “semplicemente” una ragazza che, per via della marcata inflessione toscano/umbra, ha difficoltà a pronunciare la C (fenomeno chiamato gorgia toscana, ndr). Etrusca perché gli Etruschi sono il popolo che ha abitato parte del centro Italia, e dunque della Toscana e dell’Umbria, circa un millennio fa. Si prosegue poi normalizzando il ruolo della ragazza str*nza nella società odierna, citando e riadattando il vecchio programma televisivo anni ’80 “Ok il prezzo è giusto!”. Si finisce poi con quella che, per tutti i non-moralisti all’ascolto, potrebbe anche essere la barra dell’anno. Qui infatti il buon Matte’ si paragona al celebre Berlusconi nel suo essere erotomane (amante dell’amore o del sesso che di si voglia, ndr), ricco e milanese. Epic win.
Bene, queste le nostre scelte. Come vedete sono stati tanti gli spunti, dai più leggeri ai più impegnati che fossero, con buona pace per gli esclusi. Vi lasciamo come al solito il link Spotify del disco qui sotto e aspettiamo che in molti ci facciate sapere il vostro parere su queste barre, ma non solo. Se infatti avreste dei suggerimenti, delle correzioni o anche solo dei commenti, non esitate a farvi avanti!
Grafica di Matteo Da Fermo.