La cancellazione di diverse date del “Daytona Tour” riporta alla mente un quesito:
fan del vero hip hop, dove siete?
Circa un mese e mezzo fa tutta la scena hip hop e non, stava celebrando i funerali di Drake, sconfitto nel beef con Pusha T dopo la pubblicazione di “The Story of Adidon“.
Quest’ultimo aveva lasciato il rapper canadese ricoperto di scandali, con un disco in uscita che poteva non rispettare le attese, e con la credibilità azzerata. Dall’altra parte Pusha T si godeva l’uscita di “Daytona” (incensato da critica e pubblico), l’apprezzamento generale del grande pubblico e uno status quo mai così forte. Pusha T aveva vinto su tutta la linea.
Nonostante tutto ciò, un mese e mezzo dopo le parti si sono invertite. “Scorpion” sta distruggendo qualsiasi record di vendite (ha battuto un record dei Beatles che durava da 54 anni e ha fatto un miliardo di streaming in una settimana), Drake continua ad aggiungere date al tour, e il pubblico globale si è già dimenticato del dissing. Dall’altra parte, è notizia di pochi giorni fa che Pusha T si è visto cancellare nove date su diciannove del suo “Daytona Tour” negli Stati Uniti.
Qualcuno potrebbe obbiettare che i numeri non contano, e che la qualità artistica non si misura in vendite. Verissimo, “Daytona” è superiore a “Scorpion” come qualità; verissimo, i numeri non dicono tutto; ma sono un dato oggettivo che va al di là delle opinioni personali.
Dal momento che non sono state rese note le cause di questi annullamenti, si può presumere che sia per scarsa vendita di biglietti. Per completezza di informazione, è anche giusto dire che ne sono state aggiunte 5 in Europa – confermata la presenza di Pusha T al Fabrique – ma ciò non cancella il fatto che il “Daytona Tour” in U.S.A. sia stato quasi dimezzato. Sorge quindi spontanea una domanda: tutti i fan che acclamavano dove sono finiti? A cosa servono gli elogi e gli apprezzamenti se poi i fan non spendono per la musica?
Tutto ciò permette di fare una piccola digressione riguardo un tema a noi caro: il riconoscimento del valore artistico.
Sostenere un artista non significa semplicemente mettere like alle foto o ai video su YouTube, al contrario significa andare ai live, comprare i CD e usare i servizi di streaming a pagamento. Non si può pensare di supportare l’arte scambiandosi le canzoni su Telegram prima che escano. Questo significa danneggiare gli artisti.
Questo tema è stato di recente messo in luce anche da Tormento, che ha risposto per le rime a chi lo accusava di essersi venduto per fare il vocalist in discoteca e di supportare artisti di scarso valore. Ha spiegato come, nonostante una credibilità inattaccabile acquisita in una carriera leggendaria, si sia ritrovato a pagare i debiti dei suoi ultimi dischi, uno su tutti “El Micro de Oro“. A cosa serve la credibilità e la stima se i fan non comprano la musica?
Penso che sia doveroso da parte del pubblico un cambio di passo, per riconoscere il lavoro artistico come lavoro vero e proprio, non come beneficenza.