Abbiamo realizzato un’intervista a Dani Faiv, a qualche giorno dalla pubblicazione di “Fruit Joint”.
Eccoci qua, qualche giorno dopo l’uscita di “Fruit Joint“, con il rapper Dani Faiv. Classe ’93 ed originario di La Spezia, esordisce per il grande pubblico nel 2017 con l’acclamato e apprezzato “The Waiter“, uno dei migliori dischi rap usciti in quell’anno sotto la sapiente guida della crew Machete Empire. Non passano nemmeno dodici mesi ed ecco che in piena estate esce questo disco dal sapore molto estivo: otto tracce, di cui tre già uscite in precedenza come singoli, che non hanno fatto altro che puntare ancora di più i riflettori su Dani, grazie ai milioni di streams e di plays incassati da “Gameboy Color“, “La La La La La” e “Fortnite“.
Ma ora bando alle ciance e sentiamo cosa ci ha detto il diretto interessato a riguardo, negli studi milanesi del colosso Sony Music, un piovoso lunedì di luglio.
Allora Dani, la prima cosa che ti chiediamo è, data l’apparente differenza tra questo disco ed il precedente, qual è stato appunto il percorso che ha portato a “Fruit Joint” partendo da “The Waiter”, disco che abbiamo molto apprezzato.
«Guarda, proprio perchè mi fa piacere che ti sia piaciuto “The Waiter”, ti prendo in contropiede e ti dico che in realtà questo disco segna come un evoluzione, una maturazione di quello che volevo fare in “The Waiter”. Chi lo ha ben presente sa bene che già lì c’erano punchlines simpatiche e felicione, come poi è stato palese con “Gameboy Color”. Io le ho volute semplicemente riprendere con più gusto, perchè in fondo prima ero un cameriere e vivevo anche di quello, ora vivo di musica e sono contentissimo, per cui sto solamente esprimendo me stesso ora».
Si continua, anche indirettamente, a parlare di “Gameboy Color”, e dunque del giovane fuoriclasse Tha Supreme. Ci vuoi parlare un pò dell’alchimia incredibile che si è venuta a creare fra voi?
«Prima cosa in assoluto da dire è che io sono il suo primo fan. Lui davvero è uscito dai canoni del classico beatmaking e secondo me è andato anche oltre alla scena americana. Ci ho lavorato, ci lavoro e ci lavorerò senza dubbio perché ci troviamo benissimo assieme. Tra l’altro, onestamente, è stato anche grazie a lui che ho sfornato la mia più grande hit finora, raccogliendo davvero troppe views e plays rispetto ai miei precedenti standard. “Gameboy Color” è stato sicuramente un prodotto davvero molto diverso da tutto quello che avevo fatto uscire in precedenza sia io che tutti i miei colleghi rapper».
Giusto per non cambiare discorso, partiamo ancora da “Gameboy Color”: pensavate ad un disco sin dall’inizio oppure è stato un processo spontaneo e soprattutto successivo?
«Assolutamente no, è stato decisamente un processo spontaneo. Pensa che all’inizio l’idea era quella, in linea col trend degli ultimi anni, di far uscire singoli. Poi però il pubblico ha reagito bene e la cosa è continuata con “La La La La La”, fino a che non ho deciso di scrivere “Fortnite” e da poi ho quasi dovuto confermarmi su quel mood, soprattutto a livello melodico. Il resto poi è venuto da sé, sempre grazie alla guida di Low Kidd e di Tha Supreme, che si sono perfettamente immedesimati in quella linea d’onda».
Passando alle altre tracce del disco, come mai solo i due featuring con GBit e Lexotan? E’ stata una scelta voluta o anche questa è stata una cosa spontanea come tutto il disco?
«No è stata voluto così perchè su otto canzoni non volevo riempire il disco con troppe figure, volevo che fosse la mia musica a parlare. Il progetto come ci siamo già detti ha preso forma col passare dei mesi mesi e devo dire che lo sentivo molto personale. Lexotan perchè siamo amici da sempre e, come lo avevo tirato in causa in “The Waiter”, così ho fatto anche con questo disco. GBit invece è dentro perché recentemente ci siamo trovati, veniamo dalla stessa città, c’è stima reciproca e soprattutto perché siamo entrambi nel pieno di quest’onda feliciona che poi era anche l’anima del disco».
A proposito di good vibes, “Fruit Joint” ovviamente è sia un inno alla frutta sia un inno alla cannabis. Ci vuoi spiegare brevemente il rapporto che avete tu, lei e la scrittura? Ti aiuta davvero come è luogo comune nel rap?
«Ti sorprenderò ma ti devo dire di no. Io ora, davvero, vivo fumando per cui la cosa è assolutamente standard, però prima devo ammettere che, soprattutto quando ho iniziato a fumare, viaggiare con la mente mi aiutava molto nel processo creativo. Ora, invece, il gioco è più quello di ricreare delle situazioni che stimolino a scrivere di certe cose. Ad esempio se devo scrivere una cosa un po’ cupa mi chiudo in una stanza con le finestre basse e penso, se devo scrivere un pezzo più allegro posso essere anche al mare. Anzi ti confesso che “Gameboy Color” l’ho scritta proprio al mare con i miei genitori in venti minuti!»
Passando a cose un po’ più serie, sembri ancora essere nel pieno di quella che possiamo chiamare “Epoca Arcobaleno”, che è evidente anche solo dalla tua capigliatura. Ora che è uscito “Fruit Joint” pensi che finirà o deve ancora regalarci emozioni?
«Ti dico sinceramente che non lo so, perché in fondo quest’animo spiritoso e giocherellone è parte di me. Anzi nella scrittura dei testi non penso finirà mai e già si vedeva in “The Waiter” quando dicevo cose tipo scoparmi il latte..Perciò ti posso dire sì che l’immaginario arcobalenico potrebbe finire, ma quel lato di me ci sarà sempre. Si fonderà sicuramente con le tante cose che già ora mi passano per la testa e di cui presto avrete quantomeno un assaggio, senza però dirvi cosa nello specifico».
Bhe a questo punto non posso che chiederti cosa ci riserva il futuro sia prossimo che remoto. Magari un video estratto, magari un progetto per il 2019..
«Ti dico subito che già un video estratto da “Fruit Joint” è pronto, ma ovviamente non ti dico quale. Poi ti dico che a settembre e a ottobre succederà qualcosa, ma anche qui ovviamente non ti dico altro. Ti faccio notare, però, che il disco è uscito solo in formato digitale per cui chissà, più avanti potrebbe venire il momento per la copia fisica o per una Deluxe…»
Per concludere, ci piacerebbe sapere se hai qualche lettura che ti ha particolarmente ispirato o che, semplicemente, ti piacerebbe consigliare ai nostri lettori.
«Geronimo Stilton! (ride, ndr). No, a parte gli scherzi, so che è gravissimo ma devo ammettere che non sono mai stato un lettore appassionato, anzi non sono praticamente stato un lettore. Però a mia discolpa ti posso dire che, invece, adoro il cinema ed in generale la filmografia, e sono davvero un esperto. Anzi ti voglio svelare la mia serie preferita e il mio film preferito: la serie è senza dubbio “Black Mirror” per l’attualità dei temi trattati, il film invece è più difficile da scegliere perché ce ne sono tanti. Facciamo che te ne dico tre: “Pulp Fiction”, “American Beauty” e “The Big Kahuna” e, quest’ultimo, lo consiglio sempre a tutti perché non è famoso quanto meriterebbe. Come consiglio a tutti di non fare come me, perché leggere è più che importante, è fondamentale!»