Con “Aquarius” i due rapper hanno voluto dire la loro contro le “particolari” politiche del Ministro dell’Interno, Salvini.
Molto si è parlato delle parole di Gemitaiz contro il Ministro dell’Interno e della sua netta chiusura verso qualsiasi tipo di immigrazione via mare. Nonostante quel botta e risposta abbastanza acceso, non sono stati molti i rapper che hanno deciso di esporsi a riguardo.
Sebbene l’artista romano sia stato appoggiato da una nutrita cerchia di rapper, quasi nessuno in queste settimane ha rinnovato la “solidarietà” ma soprattutto nessuno, tranne Drimer e i succitati Kappa-O & Virux (e forse qualcun altro di cui mi sto dimenticando), ha voluto realizzare un pezzo per dichiarare la propria opinione.
Non è questo il luogo per discutere di politica – seppur si stia parlando di vite umane – ma è sicuramente strano (almeno rispolverando la storia del rap italiano) che molti del settore stiano alimentando un assordante silenzio. Seppur l’hip-hop si sia evoluto, rimane una cultura che si nutre dell’attualità nella quale crediamo sia fondamentale esporsi, specialmente di fronte ad un popolo di ascoltatori tendenzialmente giovani, poco informati e confusi.
Non a caso un po’ di anni fa Barack Obama disse: «Il potenziale per i rapper di trasmettere un messaggio di straordinario potere e che faccia riflettere le persone, c’è. Oggi l’hip-hop è intelligente, è perspicace. Il modo in cui possono comunicare un messaggio complesso in uno spazio molto breve è notevole».
Come detto però, in questo scenario, per fortuna hanno rotto il silenzio Kappa-O & Virux, con un brano intitolato “Aquarius” (come il famoso barcone oggetto delle cronache recenti) pubblicato due settimane fa.
La traccia, giustamente, non fa sconti:
«ne fai un dramma quando muore un cantante/ poi muoiono dei poveracci in mare ma quello fa niente»
«non è più uno scherzo se il ministro dell’interno/ fa black humor sulla vita che vive all’inferno»
Il pezzo è girato abbastanza e ciò non ha potuto che alimentare il classico teatrino dei commentatori di YouTube, molti dei quali hanno frainteso, completamente, il messaggio della traccia o, peggio ancora, hanno cercato le parole giuste (?) per cercare di nascondere il loro razzismo dietro i più classici dei “non sono razzista ma“. Non a caso i due artisti, come se non fosse bastato il brano, hanno dovuto nuovamente esprimere il loro pensiero con un commento che vi invitiamo a leggere.
Ripeto che non è questo il luogo per parlare di politica, ma non possiamo che apprezzare tracce come “Aquarius”, che ci aiutano a ricordare che il rap non è solo party e codeina (e forse non lo è mai stato).