La vita, i testi ed i pensieri di Tupac rivisitati a più di vent’anni dalla sua morte.
“Il crack si è preso una parte della mia famiglia, mia mamma è in quella merda, mio padre ci ha lasciati, mia madre mi biasima sempre, è colpa mia, solo perché sono un giovane maschio nero?” – Parto subito col dirvi che tutti i testi che citerò in questo stralcio sono estratti dal primo album di Tupac: 2Pacalypse Now. Un album molto introspettivo e rabbioso, che segna l’entrata sulla scena del giovane newyorkese. Ma facciamo un passo indietro, proprio partendo dalla città appena citata. MC New York vi dice qualcosa?
Probabilmente no e non avete tutti i torti. Questo era stato il primo pseudonimo artistico utilizzato dal ragazzo a Baltimora (Maryland), il quale a 6 anni era stato ribattezzato con il nome di Tupac Amaru Shakur, dopo essere stato iscritto all’anagrafe come Lesane Crooks.
Baltimora, MC New York, Lesane, Tupac… troppa confusione: cerchiamo di fare chiarezza. L’infanzia del predetto uomo non è stata delle più tranquille, basti pensare al fatto che buona parte della gravidanza di Afeni Shakur (sua madre) è stata passata in carcere. Le Pantere nere erano un gruppo rivoluzionario per i diritti degli afroamericani in America nato a metà degli anni sessanta e la stessa Afeni partecipò ad atti definiti terroristici per la quale fu incriminata. Suo marito invece non fu una presenza costante e venne sostituito nel ruolo di figura paterna da Mutulu Shakur. Questo fu arrestato nel 1988 dopo essere stato per diversi anni nella lista dei 10 uomini più ricercati dall’ FBI. Entrambi erano tossicodipendenti. Così, per darvi un’idea del clima familiare. L’importanza data al ruolo della famiglia e all’assenza di un equilibrio all’interno di essa si riscontra in numerosi testi ed in parte anche nella metrica incalzante caratterizzata dalla climax finale.
Tupac nasce a New York ma quando è solo un ragazzo è costretto a trasferirsi nel Maryland appunto, dove comincia a scrivere. Il rap non è niente di più che un interesse e spesso le esigenze (economiche piuttosto che personali) gli rubano tutto il tempo. Il trasferimento nella tanto amata West Coast arriva due anni più tardi. California: sole, mare e… droga. Proprio così, perchè l’inizio nelle strade non è stato con un microfono in mano, bensì con buste nelle tasche. Anche lo spaccio è un tema assai ricorrente e mette in risalto il suo desiderio di supremazia e di padroneggiamento sugli altri. Siamo franchi, per un ragazzino afroamericano non ancora ventenne, con un trascorso come il suo, la prospettiva di vita non è delle migliori e tantomeno lunga. Poi, stando ai suoi stessi racconti, non è nemmeno troppo portato per quel lifestyle. Singolare è il fatto che gli stessi “colleghi” gli avessero suggerito di cambiare vita perché quella non gli si addiceva. Per cui bisogna contestualizzare l’ossessiva ripetizione nei testi del lavoro svolto agli incroci più malfamati della città. Essa non ha solo una funzione di riempimento o di autoconsacrazione. Per un artista che mira a divenire capo di una vera fazione e leader di un gruppo etnico, l’identificazione è basilare. E la stragrande maggioranza degli adolescenti neri cresciuti in questi quartieri e in questo preciso periodo storico si immedesimano nell’autore di questi testi, si rispecchiano. Pensano: “Oh shit, this is exactly my fucking life!” e continuano ad ascoltarlo. Un meccanismo semplice all’apparenza, ma senza il quale gli ingranaggi non girerebbero. Tupac si accorge della situazione, ed è in questo momento infatti che il rap ritorna prepotentemente nei suoi pensieri. Inizia la collaborazione con un MC locale di nome Ray Luv e nascono gli Scrictly Dope. Il duo si esibisce in quartiere e riscuote successo, abbastanza almeno per far smuovere le acque.
“Then I said I had enough, there must be another route, way out to money and fame, I changed my name and played a different game”
“Poi ho detto basta, ci deve essere un’altra via, la mia via di fuga, verso la fama e il denaro, ho cambiato il mio nome e ho giocato un ruolo differente”
(Trapped)
E così avviene, proprio come nelle favole il protagonista riesce a fuggire da una realtà cupa, anche se non disprezzata a pieno, in favore di una che gli consente di esprimere il suo potenziale. La luce in fondo a quel piccolo e stretto tunnel ha un nome: Digital Underground. Collettivo cardine della West Coast, la Digital Underground dopo un colloquio tramite Shock G (membro originale del gruppo) assume Tupac: prima con un impiego come ballerino e poi al mic in This is an EP Release nel 1991. La strada è appena stata segnata, il sipario è in attesa di essere alzato.
Il 12 novembre 1991 fa il suo debutto nel mercato discografico Tupac Shakur con l’album 2Pacalypse Now. Una bomba, senza mezzi termini: se avete l’opportunità compratelo e barricatevi in camera ad ascoltarlo. Disco d’oro, naturalmente. Ma la differenza sostanziale è che vengono messi in rima quei temi di rilevanza sociale sopra citati, oltre a numerosi altri allo stesso modo pesanti come la vita delle giovani madre nere (Part time mutha e Brenda’s got a baby), il ghetto (If my homie calls) e l’uso della forza da parte delle autorità (Violent), con uno stile mai visto prima. Spieghiamo: non è stato il pioniere della lotta tra afroamericani e società. Lo stesso rap è nato per tali motivi e ci sono tantissime personalità rilevanti in questo tema che se potessi citarne solo la metà probabilmente resterei qui a scrivere per un altro mese. Però la forza, l’essere diretti e concreti, il toccare con mano le paure e i problemi quotidiani di un gruppo ben definito, beh in questo si, ci sono riusciti veramente in pochi.
“I’m fed up, we gotta start teaching children that they can be all that they wanna to be
there’s much more to life than just poverty this is defaintly ahhh words of wisdom”“Sono stanco, dobbiamo iniziare a insegnare ai ragazzi che loro possono essere tutto ciò che vogliono essere, c’è molto di più della povertà nella vita, queste sono sicuramente ahhh parole sagge”
(Wordz of wisdom)
La mancanza di una prospettiva differente è difficile da digerire e vedere un’intera generazione incagliarsi nello scoglio della criminalità è un peso che Tupac si sente sulla coscienza. “We gotta start teaching”. Non c’è altro da fare, siamo noi a doverci sporcare le mani per un futuro diverso, questo è il succo. Con pazienza, scavando nei testi, fra le centinaia di parolacce e imprecazioni varie, queste perle tornano alla luce. Anche perchè questo è il punto saliente, non fatevi ingannare dal mondo gangstar con bandana e pistola, let’s focusing here.
“When I say niggas it is not the nigga we are grown to fear, it is not the nigga we say as if it has no meaning, but to me it means Never Ignorant Getting Goals Accomplished, Niggas what are we going to do?”
“Quando dico neri non intendo il nero di cui abbiamo imparato ad avere paura, non intendo il nero che diciamo senza un significato, ma per me significa l’ Ignorante non Raggiunge Mai i Suoi Obiettivi, nigga Niggas cosa faremo?”
(Wordz of wisdom)
Never Ignorant Getting Goals Accomplished, N.I.G.G.A.. Se ancora non si fosse capito, non è più solo fumare e bere, in questo contesto n*gga diventa speranza, generosità ed in qualche modo responsabilità. Responsabilità verso se stessi, verso la propria vita e verso chi è nella stessa situazione di chi scrive.
È un concetto non rivoluzionario per l’epoca (1991), ma che nessuno era mai riuscito a esprimere con la street philosophy. Diventa ancora di più un simbolo di fratellanza e allo stesso tempo una richiesta d’aiuto per gli altri n*ggas, nel tentativo di mostrare la strada da percorrere. È il cercare di far trasferire dalle cuffiette al cervello un concetto chiaro e ben definito: imparate e ascoltate perchè se non lo fate voi, nessuno vi tirerà fuori di qui.
Perché, come anche il buon vecchio Ghemon ci ha ricordato qualche anno fa, non bisogna mai dimenticare che “la rivoluzione è nella mente”.
Grafica di Stefano Baldi.