Il volume che abbiamo letto, il primo di due, esplora la storia dell’Hip-Hop sin dalle sue origini.
Andrea Di Quarto è un giornalista professionista che si occupa di musica e spettacolo da più di trent’anni, appassionato da tempo alla cultura Hip-Hop ed alla sua affascinante storia. La casa editrice che ne ha prodotto la ricerca è la Tsunami Edizioni alla quale va il grande merito di aver creduto in un progetto simile, mai scontato nel nostro Paese. L’obiettivo che autore e casa editrice si sono prefissati è quello di tracciare un profilo cronologico e razionale della storia dell’Hip-Hop, dalla sua nascita sino agli artisti che più l’hanno caratterizzato ed influenzato. Bisogna quindi premettere che il lavoro svolto in questo caso è di tipo saggistico/documentaristico, con un taglio nettamente descrittivo che poco spazio lascia alla critica seppur in presenza di alcune riflessioni mai fuori luogo. In particolar modo questo è il primo di due volumi e ne racconta la storia dal ’73 sino al ’97, che sappiamo bene essere gli anni più “caldi” per la definizione del genere.
La struttura del libro è suddivisa in molteplici paragrafi ad ognuno dei quali è attribuito una biografia d’artista, di un sotto-genere o di una contaminazione, molto frequente nell’Hip-Hop, che sappiamo bene prendere spunti di riflessione e di costruzione identitaria spaziando tra differenti ambienti musicali, in particolare quelli della black music. Prima di immergerci in questo ventennio fondamentale di storia però troviamo una gradita e fondamentale prefazione di Bassi Maestro, che è un po’ come una benedizione, un via libera che ti convince nel leggere il libro.
Andrea Di Quarto, come è giusto che sia, decide di non tralasciare nulla delle origini dell’Hip-Hop, dalle estreme condizioni di disagio dei quartieri ghetto di New York sino alle influenze musicali di artisti come Gil Scott-Heron o James Brown. La storia è impostata in modo molto ordinato e cerebrale e permette facilmente, anche ai neofiti, di seguir bene gli step fondamentali che hanno accompagnato un qualcosa che prima ancora d’essere un genere musicale, era ed è tuttora, uno stile di vita, una mentalità, una necessità.
Si viaggia così negli anni, dalle necessità di esprimersi sino alle prime costruzioni del testo e del suono, con intelligenti paragrafi dedicati ad artisti e personaggi minori ma altrettanto importanti nel percorso, come i Last Poets, i quali furono precursori di tecniche ed approcci che in seguito fecero le fortune di questa musica.
Giungiamo così ai primi cenni di identificazione del genere, con i primi MC, i primi DJ, la possibilità concreta di poter incidere qualcosa che non era nato per stare dentro un disco, bensì per stare in strada. A tal proposito è piacevole vedere come l’assenza di una massiccia critica da parte di Andrea Di Quarto permetta al lettore di compierla da sé, trovando, con un po’ di attenzione, spunti di riflessione molto importanti. Uno di questi mi è sorto ripercorrendo la storia dei primi anni, nei quali in America, seppur in un cerchio geografico ristretto, l’Hip-Hop stava divenendo un fenomeno mediatico. Negli anni ’80 infatti, come descritto nel libro, vi fu una vera e propria corsa al “nuovo oro”, a questi nuovi ibridi musicali – di questo al tempo si parlava – che avrebbero potuto fare la fortuna di manager squattrinati e di etichette senza pudore. Molti infatti non sapranno che la storia dell’Hip Hop è circolare, e tale affermazione è ancora più solida oggi. Questa saturazione a livello di mercato e di diffusione che viviamo oggi, con i suoi pro e i suoi contro, è avvenuta anche 30 anni fa quando ancora non si sapeva neanche quale strada questa musica volesse prendere.
È ottimo il modo in cui Andrea Di Quarto si destreggia tra i vari anni ed i vari artisti che li caratterizzano, presentando una sapiente scelta che porta anche qualche aneddoto interessante, aspetto che non va messo in secondo piano. Il tutto è corredato da una galleria di immagini redatta da Mika Vaisanen, fotografo ufficiale del libro che ha accompagnato Di Quarto in questo suo viaggio americano. Un altro merito che va riconosciuto al giornalista è infatti quello di aver lavorato sul posto, affidandosi a gente competente e strettamente del settore, respirando così le atmosfere e toccandole, metaforicamente, con mano.
Molto bene anche la descrizione della nascita della “West Coast” e della conseguente faida con l’East, raccontata in modo completo ed esaustivo con un soddisfacente ritratto dei personaggi principali e secondari che ne hanno fatto parte. Forse il quadro completo perde un po’ di mordente alla lunga, poiché l’intento, come anticipato, riesce molto bene e per farlo Di Quarto ci racconta la storia nel modo più oggettivo possibile, ossia statistiche e dati alla mano. Certificazioni e numeri saranno il vostro punto di riferimento, la vostra guida attraverso le pagine, aspetto fondamentale per cogliere una sfumatura importante dell’evoluzione del genere. Nel momento in cui la storia passa però per gli artisti che hanno reso tutto ciò leggendario ed attuale, ai più esigenti non basteranno soltanto i numeri e le fasi di crescita e di discesa dei vari Nas, Wu Tang, Mobb Depp. Chiariamo che questo non risulta però essere un difetto quanto una scelta coerente con l’intero progetto, ma che può far storcere il naso a chi magari si aspetta di trovarsi davanti a spiegazioni, riflessioni ed edulcorazioni varie su liriche, produzioni, processi creativi e quant’altro. Per quello esistono molti altri libri.
Se avete invece bisogno di farvi un’idea concreta della vera storia di un genere che oggi è diventato uno dei più importanti fenomeni planetari, senza distorsioni, censure o revisioni, queste pagine potranno facilmente soddisfare i vostri palati. Consigliato.