Il ruolo del rap nella musica italiana, partendo da una delle sue penne migliori: Claver Gold
Era il 21 settembre 2013 quando un ventisettenne Claver Gold vinse, con il brano “Cyborg”, la prima edizione del concorso per cantautori “Genova per Voi”. Di rapper in quella edizione ce n’erano, nonostante ciò avrei potuto scommettere che nessuno avrebbe puntato sulla vittoria finale di uno di loro, nemmeno gli stessi artisti. Il motivo? Beh, credo sia abbastanza palese che il rapporto tra rap e cantautorato non sia mai stato semplice e che spesso abbia penalizzato il genere più giovane, ritenuto da molti una modalità di scrittura “di serie B”.
Nel corso degli anni ognuna delle due fazioni ha sempre spinto acqua al proprio mulino, in uno scontro tuttavia impari: i cantautori hanno sempre goduto di rispetto e adorazione nel nostro Bel paese, al contrario i rapper si son dovuti da subito scontrare con la cultura italiana – che per l’appunto è figlia del cantautorato – rendendo spesso i propri adepti bersaglio di facili luoghi comuni, esattamente come un nuovo arrivato in una classe può diventare vittima di bullismo.
Ricordo di aver visto il video dell’esibizione del brano con cui Claver vinse quel concorso e pensai che un talento del genere nella scrittura mancava da tanto alla scena rap italiana. Da pessimista, però, credetti anche che sarebbe bastato qualche euro in più o la semplice paura di non farcela con questa musica per far passare l’artista ascolano a musica più “leggera” o quantomeno lontana dal rap. D’altronde prima della vetrina ligure il rapper aveva già dato vita a diversi brani e dischi, senza avere il riscontro di pubblico che avrebbe effettivamente meritato: di motivi per buttarsi nel pop o in qualsiasi altro mondo – anche semplicemente da ghostwriter – a maggior ragione dopo la vittoria del “Genova per Voi”, ce n’erano.
Io non posso sapere se effettivamente Daycol (questo il suo nome di battesimo) avesse pensato a tali dinamiche, però sono abbastanza sicuro che non avrebbe mai immaginato di essere chiamato da Fabri Fibra per un featuring, dopo meno di tre anni da quell’evento.
Questa collaborazione oltre a essere un bellissimo remix di quello che era già un capolavoro del rapper di Senigallia, ovvero “Idee Stupide”, credo sia la testimonianza che la costanza e il talento pagano, sempre.
Le strade del denaro, delle major o di qualsiasi altro genere, Claver Gold dopo quella vittoria scelse di non percorrerle, dando alla luce due dischi bellissimi, tra i migliori usciti nell’ultimo decennio: “Mr. Nessuno” e “Melograno”.
Kaos One scrisse: “Alzo gli occhi al cielo e vedo il buio, la mia strada adesso è un bivio, da una parte l’Hip Hop serio, dall’altra parte c’è il denaro, seguo il mio sentiero, pure se non porta in alto, forse hai già capito quale strada ho scelto: scelgo l’asfalto”.
I tempi son cambiati da quando il dottor K rappava queste barre in “Domani sarà peggio”, ma il mood è sempre attuale; parafrasando la traccia potremmo dire che l’artista della Glory Hole pur avendo “scelto l’asfalto” è riuscito comunque ad arrivare “in alto”.
Quello che intendo è che con la traccia insieme a Fibra, Claver Gold ha dimostrato – a chi non se ne fosse accorto – che si può avere successo (il riscontro dei suoi dischi e dei suoi live ne sono la testimonianza), arrivando a collaborare con uno dei rapper più importanti d’Italia, restando fedeli a sé stessi, alla propria musica, senza sfruttare le mode del momento, senza crearsi personaggi da copertina e senza firmare necessariamente per una major.
Inoltre, il percorso di Claver ci ha fatto vedere come le realtà indipendenti – nel suo caso l’etichetta Glory Hole Records – siano delle branche sempre più da tenere sott’occhio. È un discorso da molti sottovalutato, ma vi è un numero sempre crescente di artisti indipendenti che realizza sold out tutte le settimane e arriva a prendere anche riconoscimenti FIMI.
Se realtà che fatturano decisamente di meno dei nomi grossi dell’industria musicale italiana riescono a fare certi numeri vorrà dire, forse, che l’Italia ama il rap e che non è solo una moda passeggera? Personalmente direi di sì. Ma cosa centra esattamente Claver Gold in questo discorso? A differenza di altri artisti, comunque meritevoli, credo che lui sia probabilmente il rapper che meglio riesce a far coesistere il rap con la tradizione letteraria italiana. Non sto dicendo che è il miglior rapper italiano, bensì che è la figura di cui abbiamo bisogno per far capire agli amanti del cantautorato o semplicemente della buona musica, che questa branca dell’hip hop ha senso di esistere anche nella nostra terra, lontano da inutili stereotipi.
In questo discorso non dobbiamo dimenticarci che, oltre agli stereotipi negativi – come Ezio Greggio che parlando di rap scimmiotta il segno delle corna – esistono anche gli stereotipi “positivi”, come ad esempio i più classici paragoni tra rap e poesia e rap e cantautorato: entrambi fanno male alla musica. Essendo infatti quest’ultimi dei modi di utilizzare la parola, è evidente che ci possano essere similitudini tra loro, basti pensare all’immenso mondo delle figure retoriche.
Il nostro Stivale deve ancora comprendere – anche gli stessi amanti del rap – che la figura del rapper italiano esiste e va rispettata nella sua interezza, esattamente come i poeti e i cantautori.
Quando Willie Peyote paragonò se stesso e altri rapper al mondo dei cantautori, definendosi migliore di loro (specificatamente rispetto al mondo indie, i cui testi a volte lasciano a desiderare), non lo fece per definirsi realmente tale ma semplicemente perché stufo di esser considerato un autore di livello minore, voleva cercare di far capire alle persone che è possibile fare i rapper e scrivere bene allo stesso tempo.
Guccini, questa cosa l’ha compresa, e in un’intervista disse: «Apprezzo il rap, che in alcuni casi rappresenta il tentativo di dire cose importanti con la canzone, ma in maniera diversa».
Per fortuna, oltre al cantautore emiliano anche altre persone stanno assimilando il potenziale (ancora in parte inespresso) di questo genere in Italia, organizzando ad esempio reading ed eventi culturali chiamando personaggi come Murubutu o lo stesso Claver; il problema è che guardando la televisione o parlando con persone fuori da questo mondo, sembra ancora lontano il giorno in cui i rapper non si dovranno travestire da cantautori per avere la loro dignità e il loro posto nella letteratura italiana.
Per questo e per altri mille motivi abbiamo bisogno di altri cento Claver Gold, di artisti che come lui siano capaci di unire la cultura italiana alla potenza del rap, facendo vibrare le corde del cuore e del cervello, in un momento storico in cui faticano a esserci riferimenti su entrambi i fronti, per i più giovani ma non solo.
Artwork (in copertina) by Manuèl Di Pasquale